Metti una sera a cena. Barbacarlo, Andrea Picchioni e Denis Montanar: il vino artigiano va al potere

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20160929_091435Di fronte a me tre vini parlanti, grande la capacità di racconto, grande la forza comunicativa. Tre vini che, fra le altre cose, presentano alcuni tratti in comune, vuoi per questioni di territorio, vuoi per questioni di “intendimenti”. Di certo, a proposito di comunanze, tutti e tre dei vini esaltanti, propulsivi e dinamici, colti in uno stato di forma eccellente. Il primo è il Barbacarlo 2011 del siur Maga Lino, da Broni, un vino e un vignaiolo che non hanno certo bisogno di presentazioni ma di cui non ci si stancherebbe mai di parlare (leggi qui). In loro nome si è fatta la storia del vino d’autore, una storia decisamente anti establishment, di rara potenza evocativa. Il secondo è il Buttafuoco Bricco Riva Bianca 2008 di Andrea Picchioni, da Canneto Pavese: stessa provenienza del primo, ossia il cuore dell’Oltrepò Pavese, stessa composizione varietale o quasi (primeggia la croatina, con ughetta e uva rara a contorno), ma soprattutto stessa corrispondenza “di amorosi sensi”, ciò che virtualmente va a saldare la vecchia generazione dei vignaioli consapevoli a quella nuova, cui appartiene di diritto il “discepolo” per eccellenza di Lino Maga, Andrea Picchioni, per l’appunto (leggi qui).

Altri territori, altre storie ed altri vitigni ispirano invece il terzo protagonista, lo splendente Refosco dal Peduncolo Rosso 2001 di Borc Dodòn. Proviene dalle piane argillo-sabbiose di Aquileia, in Friuli, e dall’estro contadino di Denis Montanar, viticoltore curioso e antagonista. Ma anche in questo caso il sentimento di fondo che muove le gesta del giovane friulano fa il paio con la filosofia produttiva dei due alfieri pavesi, per ricondurci alla primigenia purezza del gesto agricolo; verso la riscoperta, cioè, di valori organolettici che siano al tempo stesso identitari e ad alta dignità territoriale. Un tutt’uno con il sottotraccia ideale, direi “politico”, di un mestiere vissuto nel segno del rispetto, della trasparenza e della autenticità.

Barbacarlo 2011 è un monumento fatto vino. Ti urla in silenzio la sua presenza. E’ razza antica e istantanea fascinazione, profilo scolpito dai tratti forti: sono succo di mora e di mirtillo, erbe aromatiche, menta, spezie e sale. La trazione sapido-minerale è enorme, la carbonica integratissima, l’acidità ficcante e la beva corroborante, contrastata e amica. In equilibrio perfetto fra tentazioni più dolci e una selvatichezza dai rimandi silvestri, è un rosso goloso, invitante, nient’affatto tagliente o spigoloso. E’ una struggente testimonianza d’affetto alla (sua) terra e alla bellezza della diversità. E’ il vino come riscossa, come messaggio, come esigenza di identità. C’è chi lo chiama “selettivo”: per una volta, ben venga la selettività!

Il Buttafuoco Bricco Riva Bianca 2008 di Andrea Picchioni lo cogliamo in una delle versioni più sinuose, composte ed eleganti mai prodotte fin qui. L’esordio aromatico ci riconduce immediatamente al rosso precedente, soprattutto per l’imprinting fruttato e profondamente balsamico. Quello che colpisce, oltre la piena corrispondenza gusto-olfattiva, è la sensazione tattile cremosa e levigata, a sottintendere una grande cura del particolare. Seducente e pervasivo, con il rovere perfettamente integrato nelle maglie di una trama sostenuta e ben accordata, ha abbandonato la scalpitante irruenza della prima gioventù per presentarsi più disinvolto, scorrevole e comunicativo, aprendosi in tal veste alle sfumature di sapore, e con le sfumature all’eleganza. Ti lascia malvolentieri per via di quella coda lunga, intensa, ammaliante, da cui poter respirare un’idea di purezza, quella da sempre agognata, ma fin troppo spesso offesa, per la splendida terra d’Oltrepò. C’entra niente la terra, beninteso; sono gli uomini, e la cieca incoerenza di certe idee, a giocare brutti scherzi alle sorti vitivinicole di un intero comprensorio. Ecco, questo vino vuole bene alla terra.

Al Refosco dal Peduncolo Rosso 2001 di Denis Montanar (a quei tempi l’azienda si chiamava ancora Borc Dodòn) non fa dispetti il tempo. E’ come se si fosse stancato di lavorarne i fianchi, lasciandone mirabilmente intatta la giovanile vitalità. Sanguigno (ematico proprio), profondamente ed elegantemente fruttato, con quel titillante corredo speziato a conforto, ti regala un sorso generoso, tipico, espressivo, pieno e propulsivo, d’una schiettezza commovente. Un esempio quanto mai calzante di come, spesso, i gesti epurati dagli artifici e dalla chimica riescano ad esaltare una fisionomia elevandola ad archetipo. Lì dove il concetto di riconoscibilità se ne esce rafforzato, finanche nobilitato; nelle fattezze di un vino artigiano, libero e affrancato dai cliché, finalmente nobilitato.

FERNANDO PARDINI

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