La Leopolda dell’enogastronomia. Ecco le nuove guide de L’Espresso

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guide-espresso-1FIRENZE – La stazione Leopolda trabocca di una folla oceanica. I posti a sedere, più di mille, sono presto esauriti, e si sono formate due lunghissime ali laterali. Ormai da qualche anno è così, ma stavolta fra operatori, premiati, giornalisti, siamo alla sfida all’impenetrabilità dei corpi. Il programma è il solito: saluti di rito, introduzione del direttore del settore guide del gruppo editoriale L’Espresso Enzo Vizzari, presentazione della guida dei vini d’Italia, poi di quella dei ristoranti, chiamata dei migliori chef sul palco per la foto di gruppo, degustazione dei migliori vini, asta a cura di Pandolfini.

Il programma è il solito ma l’atmosfera sembra diversa, sul palco, mentre si annunciano i tanti cambiamenti. Meno trionfalistica, più sobria, fors’anche vagamente dimessa o forse preoccupata. E’ vero che c’è Tommaso Cerno, direttore relativamente recente del settimanale, ad alzare l’adrenalina della sala: la testata è orgogliosa delle sue guide, e se fino a qualche anno fa poteva sembrare strano che un gruppo editoriale “generalista” riservasse un settore apposito all’enogastronomia, oggi la storia si è incaricata di dargli ragione, con cibo e vino che interessano, fanno tendenza, trainano la crescita economica e producono una cospicua fetta di Pil. Ed fungere ormai da 40 anni uno stimolo per miglioramento del settore, visto che essere nelle guide significa stare in un club di 2000 locali recensiti sui 200mila esistenti in Italia, è comunque cosa lodevole.

guide-espresso-5“Non ha più senso riscrivere la Bibbia dei vini italiani ogni anno”. Con queste parole Enzo Vizzari riassume la principale motivazione del radicale cambio che ha riguardato la guida I Vini d’Italia. Cambio di curatori (Antonio Paolini e Andrea Grignaffini al posto di Ernesto Gentili e Fabio Rizzari) e di tutto lo staff dei degustatori per realizzare una guida meno tecnica e più giornalistica, ossia che divulghi il vino italiano ad una platea più vasta possibile di consumatori. Il ringraziamento da parte di Paolini ai predecessori per aver portato “I Vini dl’Italia” ad un livello di autorevolezza indiscusso è stato pieno e sentito ma, a fronte degli enoappassionati che attendevano ogni anno punteggi ed eccellenze, il compito assegnato alla nuova guardia è stato quello di “recuperare un pubblico che il vino lo vuole comprare, e che stiamo perdendo per strada”.

Per questo, sono stati preparati tre “listoni” pronti per l’uso: i cento migliori vini maturi e pronti da bere subito, i cento migliori con un buon rapporto qualità prezzo, i cento migliori da mettere in cantina. Tre listoni con cui girare nelle enoteche senza doversi disturbare troppo a saltare fra denominazioni, regioni, territori: i vini sono brevemente descritti, ne viene riportato il prezzo indicativo e illustrate le cantine di provenienza. Poi, per ogni regione, a completare il quadro, le etichette ritenute più rappresentative delle principali denominazioni di origine.

guide-espresso-8I vini pronti da bere subito non provengono solo da tipologie “leggere” come, per dire, Trebbiano o Cerasuolo d’Abruzzo o la siciliana Grillo, ma sono anche quelli tradizionalmente considerati inavvicinabili nei primi anni di vita come il Barolo (un Bricco Pernice 2011 di Elvio Cogno), il Brunello di Montalcino (il 2012 di Ventolaio), o come proprio il primo in classifica, il Barbaresco Crichët Pajé 2007 de I Paglieri-Roagna che con le sue note di rosa, sottobosco e leggera liquirizia delicate e persistenti si allarga prepotente ma gentile e smussato negli angoli, fino ad un grande finale. Effettivamente l’altro vino di Roagna, il Barbaresco Pajé Vecchie Viti 2011, terzo nella lista dei vini da conservare (dietro al Taurasi Poliphemo 2012 di Luigi Tecce e al Barolo Monprivato in Castiglione Falletto 2011 di Mascarello Giuseppe e Figli), caratterizzato da un naso potentissimo, indomabile nella sua espressione di frutta rossa, è spesso, compatto, stenta ancora a distendersi e se ne indovinano grandi longevità e sviluppo. Da mettere in cantina, appunto. Infine, fra i vini da comprare per il loro rapporto qualità prezzo naturalmente non solo etichette economiche ma anche belle bottiglie a prezzi tuttoguide-espresso-7 sommato accessibili (Barolo, Barbaresco, Brunello di Montalcino supertuscan vari per una trentina di euro).

Forse non così rivoluzionata, ma profondamente cambiata, è stata anche la guida dei ristoranti che alla soglia delle prime 40 edizioni ha abbandonato definitivamente i punteggi in ventesimi per affidarsi all’evocativa simbologia dei cappelli: da zero (locale consigliato) a 5 (i migliori), per un totale di circa 500 luoghi che hanno meritato almeno un  cappello, un numero paragonabile agli stellati Michelin. Un passaggio che ha comportato un “ripensamento dei punteggi di ogni locale”, si legge nell’introduzione. E che ha significato l’addio alla passerella finale sul palco, dove fino all’anno scorso salivano gli chef con punteggi da 18,5/20 iguide-espresso-4n su e quest’anno dai quattro cappelli in su, di gente come Pinchiorri (3 cappelli all’Enoteca fiorentina, che è poi il massimo voto per la Toscana), come la famiglia Santini del Pescatore, come Davide Scabin del Combal.zero, come Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore. Con inevitabili strascichi polemici.

E anche la chiamata finale sul palco, che era sempre assomigliata ad una apoteosi, ad uno show di superstar, quest’anno ha avuto uno svolgimento più rapido ed essenziale. Forse i tempi stanno cambiando, e L’Espresso cerca ancora una volta in qualche modo di intepretarli.

video: Enzo Vizzari e la nuova guida I Vini d’Italia

video: Antonio Paolini sulla nuova guida I Vini d’Italia

Riccardo Farchioni

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