

Entiana Osmenzeza lascia Gurdulù. Non è uno strambo gioco di parole. Entiana, 40 anni, è (era) la cuoca di questo ristorante fiorentino al centro della movida ed anche apprezzato cocktail bar. Non hanno fatto in tempo, Espresso e Gambero Rosso, ad esaltarne la cucina che Entiana, albanese che ha fatto fortuna in Italia, già lascia il locale. Lo annuncia il Corriere Fiorentino: “Non vado in un altro locale ma voglio riprendermi la mia vita”. Intanto, chi ha investito sulla brava cuoca deve andare alla ricerca di un nuovo chef, e magari anche di una nuova impostazione. E poi, ripartire da zero per promuovere il nuovo chef.
Una fatica immane, ma del resto ormai il “calciomercato” degli chef sembra ormai una consuetudine, con i titolari dei locali che si lamentano ma che non riescono a trovare una soluzione. Pensate a questo gioco dell’oca: Entiana arriva al Gurdulù dal Se.Sesto, il ristorante gourmet del Grand Hotel Westin Excelsior di Firenze. Al suo posto si installa un globetrotter -l’ennesimo- della cucina toscana; è senese Matteo Lorenzini, che cresce alla corte di Alain Ducasse. Poi apre con fidanzata e socio il Ristorante Le Tre Lune a Calenzano, in provincia di Firenze, il quale diverrà famoso, più che per la cucina (peraltro ottima), per un episodio clamoroso: chiude il giorno dopo avere ottenuto la stella Michelin. Matteo parte, se ne va. Per rimanere sei mesi al Mandarin Oriental di Milano e poi tornare a Firenze. E con chi era al Seta, il ristorante gourmet del lussuoso hotel milanese? A guidare la brigata c’era Antonio Guida, talentuoso chef di origini meridionali che aveva lasciato il Pellicano di Porto Ercole per salire in Lombardia nei giorni caldi ed esaltanti dell’Expo.
Può bastare? Ma figuriamoci! Giusto nel gennaio di due anni fa Andrea Mattei lasciava la cucina del Ristorante Magnolia dell’Hotel Byron di Forte dei Marmi per accasarsi a Chiusdino, al Relais & Chateaux San Pietro, dove rinconquistava la stella Michelin con il ristorante Meo Modo. Tutto bello per Mattei, un po’ meno per il suo ex-patron Salvatore Madonna, che dovette correre ai ripari e individuare un nuovo bravo chef, imbattendosi – con estro e fortuna – in Cristoforo Trapani che gli ha conservò la stella, e che per venire in Toscana lasciò il posto di lavoro in Campania.
Nel 2006 mi presentai al Povero Diavolo di Torriana, sopra Rimini, per assaggiare la grande cucina di Riccardo Agostini. Mangiai mediocremente e solo dopo capii. Nel giro di pochi mesi lo chef se ne era andato ed il patron con cui poi conversai era arrabbiatissimo. Parlo di undici anni fa. ma il suo ragionamento era questo: “Prendere uno chef bravo, giovane, interessante significa poi investirci. Poi dopo poco ti lascia e tu intanto hai speso per cucina, cantina, sala, materia prima, promozione e comunicazione. Tutti soldi sprecati”. La soluzione? Per il patron del Povero Diavolo era molto semplice: “stipulare con lo chef un contratto che prevedesse penali in caso di abbandono anticipato”. Può essere una soluzione, ma poi è complicato e spesso controproducente avere in cucina un cuoco che cucini controvoglia.
Certo è difficile immaginare un sodalizio lungo e proficuo come quello fra Lorenzo Viani (titolare) e Gioacchino Pontrelli (chef) al Ristorante Da Lorenzo di Forte dei Marmi. Eppure non è facile seguire la filosofia della famiglia Viani, che ogni tanto avvicenda la brigata di cucina, prima che prenda vizi o che tenda a prevaricare la proprietà del locale. Insomma, la figura dello chef è esaltata, ma giusto pochi giorni fa al Sigep di Rimini il grande Iginio Massari, pasticcere sommo, sottolineava che “il successo di un’attività lo fa sempre il negozio e non il laboratorio”. Ovvero è la sala che fa vendere e spesso una venditrice non brava -pensava lui ad una pasticceria- declassa anche la qualità che esce dal laboratorio.
Certamente un bravo chef aiuta, ma il successo di un locale lo fa sempre il patron. E infatti qualcuno di loro ribadisce: “Questi chef che paghiamo oltre cinquemila euro al mese, ed appena gli abbassiamo un minimo la qualità della materia prima se ne vanno, mi piacerebbe vederli all’opera in un locale tutto loro!”. Eh sì, tanti grandi hanno paura a lasciare gli hotel e i mecenati che li finanziano. Almeno, in Francia, molti grandi chef dei palaces si sono dati alla bistronomie. In Italia non assistiamo neppure a questo fenomeno. Che abbia ragione il gastronauta Davide Paolini che ha intitolato il suo ultimo libro “Il crepuscolo degli chef” ?
La foto di Entiana Osmenzeza è tratta dal sito witaly.it; nella seconda immagine, lo chef Andrea Mattei; nella terza, da sinistra: Gioacchino Pontrelli, Chiara e Lorenzo Viani; foto tratta dal sito lesoste.it