Focus Chianti Rufina. Alla ricerca di un nuovo Rinascimento. Interpreti e vini. Prima parte

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rufina_barroccio-a-firenzeC’è stato un tempo in cui, enologicamente parlando, la Rùfina era la Rùfina. In Toscana, e anche più in là, non ce n’era per nessuno. O quasi. Da questo struggente avamposto prepotentemente verde e collinare situato a nord-est di Firenze, già in odor di Appennino, hanno preso vita rossi carismatici in grado di conquistare traguardi importanti grazie ad alcune comprovate virtù che erano solite distinguerli rispetto al main stream chiantigiano, come la capacità di resistere agli spostamenti e al trasporto (una volta non proprio una bazzecola), e quindi al tempo. Queste doti, diretta discendenza del microclima e della saldezza strutturale sancita da una solida “maglia” acido-tannica, ne hanno forgiato il carattere, un carattere inossidabile, austero e compassato, magari ombroso se “còlto” in prima gioventù, ma oltremodo nobile ed elegante se lasciato respirare.

rufina-vecchi-fiaschiC’è stato poi un (altro) tempo, non così lontano, in cui la Rùfina aveva come dismesso i panni della Rùfina. La perdità di identità e di credibilità era dietro l’angolo, e dopo le pagine chiare arrivarono le pagine scure, scritte nella spregiudicata (in)consapevolezza di qualcuno che si era preso la liceità di perseguire un improbabile affrancamento da “concetti” ritenuti erroneamente anacronistici come la coerenza, la tipicità e l’identità territoriale, sacrificando una solida nomea conquistata nei secoli per obiettivi di bassa lega, quando non furbescamente truffaldini.

Quelle pagine sono state scritte, e fortunatamente anche superate. Finalmente sono comparsi i capitoli nuovi, che ci parlano oggi di buon senso e di un ritrovato acume, di una imprenditoria agricola sana e soprattutto cosciente delle intime potenzialità del proprio territorio. Sono i capitoli che stanno traghettando la Rùfina nel futuro, verso un auspicabile nuovo Rinascimento.

rufina-vigneti-1La ricostruzione, intendiamoci, è stata faticosa e ha lasciato strascichi. La sostanziale impossibilità a spuntare prezzi che, agli occhi dei più, sembrerebbero ragionevolissimi e coerenti con il rango acquisito dai vini, è solo uno dei pegni che si è dovuto pagare. Il tessuto produttivo della Rùfina nel frattempo si è arricchito di nuovi protagonisti, ad affiancare le storiche casate: si respira un’aria propositiva, capace di muovere stimoli. L’attuale compagine, con a disposizione un parco vitato di circa 750 ettari complessivi, è oggi in grado di leggere con accenti diversi ma con aggiornata sensibilità interpretativa le peculiarità dei vari ambiti territoriali, e di realizzare vini più a fuoco e meno confusi sul piano stilistico rispetto a un tempo. Al punto che sembra ormai maturo il momento di tentare una caratterizzazione ulteriore che vada ad incidere sul disciplinare di produzione e che sia vòlta alla esaltazione vocazionale dei singoli cru, prospettiva alla quale il Consorzio di tutela sta già lavorando.

Così, per manifestare affetto al tempo nuovo, ci è sembrato stimolante fare il punto della situazione, valutando le proposte e le identità stilistiche in campo. Il locale Consorzio ci è venuto incontro con grande spirito collaborativo, chiedendo su nostro suggerimento ai produttori interessati di mettere a disposizione tre annate a scelta di una stessa etichetta di Chianti Rufina, quella che avrebbero ritenuto la più significativa, e organizzando di fatto la degustazione.

Ne è emerso un quadro sfaccettato in cui non si muore di noia, e dove gli intendimenti stilistici vanno accogliendo traiettorie espressive magari non sempre congruenti fra loro –  si va dai “fedeli alla linea” ai “modernisti” –  ma da cui emerge con sempre maggiore evidenza il temperamento del sangiovese dei luoghi.

rufina-logoAll’interno di un panorama molto interessante, il rilievo più “futuribile” da prendere e portare a casa è il seguente: maggiore precisione esecutiva, migliore definizione stilistica da parte delle varie “firme” e, grazieaddeo, ricerca sempre più motivata per affermare il timbro di ogni singolo terroir. E tutto questo tenendo a debita distanza gli stereotipi ed evitando scorciatoie furbe, per riappropriarsi di una personalità che possa ritenersi orgogliosamente riconoscibile -magari non per tutti i gusti ma a forte vocazione identitaria- nel sano tentativo di intercettare un mercato nel frattempo divenuto più adulto e consapevole, che ai vini provenienti dai territori più importanti del nostro Paese va chiedendo, semplicemente, di sapere di se stessi. Nulla di più, nulla di meglio.

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FRASCOLE

20170930_100235Quando ci troviamo al cospetto dei vini di Fràscole, gli aspetti peculiari che saltano agli occhi riguardano la coerenza interpretativa e la capacità di dar voce al territorio in modo chiaro e inequivocabile. Ricavati da uve provenienti dall’areale settentrionale e pre-appenninico di Dicomano, traducono l’anima più fresca e sfumata del sangiovese “d’altura”. Qui la timbrica varietale si accompagna a trame di buon contrasto e di struttura equilibrata, delle quali non ti stufi e non ti scordi.

L’approfondimento ha riguardato il Chianti Rufina Riserva: tre annate differenti fra loro per andamenti stagionali ma che hanno invariabilmente partorito vini convincenti per rigore tipologico, riconoscibilità e naturalezza espressiva, doti invidiabili da tener buone per il futuro.

Chianti Rufina Riserva 2011

Austero & compassato, l’anima del sangiovese emerge a tutto tondo, alimentata dagli umori di spezie e sottobosco e nobilitata da una dotazione tannica che si scioglie in sale. Serioso e signorile, di buona dinamica gustativa, colpisce per portamento e per come ha saputo rispondere alle insidie dell’annata con un bilanciamento prezioso fra le parti: calore alcolico e dolcezza di frutto da un lato, struttura tannica e acidità dall’altro. Sì, è un vino saldo e compiuto.

Chianti Rufina Riserva 2010

Elegante, sfumato, di bella freschezza aromatica adornata da un frutto maturo al punto giusto, si avvantaggia degli influssi di un millesimo propizio offrendosi secondo una trama scorrevole e succosa, espressa nel nome della tipicità e del territorio. Ottimo conseguimento.

Chianti Rufina Riserva 2006

Tutto sommato adeguato quanto a stato evolutivo, si fa garante di un giusto grado di dettaglio e di una trama fresca ed affusolata, solo un po’ contratta nel finale, ancorché sapida. Vitale e gradevole, le insidie future assumono semmai accenti di frutta secca e una lieve ma (ancora) sopportabile cadenza amaricante.

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COLOGNOLE

20170930_101226La celebre tenuta dei Conti Spalletti Trivelli, guidata oggi da Cesare Coda Nunziante, è arrivata alla quinta generazione di famiglia: un bel traguardo, non c’è che dire! Nel frattempo, alla produzione vitivinicola, che può contare su circa 25 ettari disposti in una zona fresca, luminosa e suggestiva situata fra i paesi di Rùfina e Dicomano, lungo il corso del fiume Sieve, è stato affiancato un ambizioso Relais di alto livello.

Dalla disamina della etichetta più rappresentativa, il Riserva del Don, emerge una fisionomia rigorosa e sicuramente riconducibile agli stilemi classici dei vini della Rùfina, lì dove una nitida impronta varietale direziona trame di buon contrasto e di altrettanta introspezione, che in corrispondenza delle annate più generose (in questo caso ben “assorbite” dai vini) sembrano in grado di sdilinquirsi in un eloquio più garbato e colloquiale. Di certo non manca il carattere, a cui contribuisce un distintivo marchio sapido, spesso in grado di innestare gli allunghi.

Chianti Rufina Riserva del Don 2009

Sensuale e progressiva apertura aromatica sui frutti rossi del bosco e sulla menta, buon amalgama e buona idea di dolcezza, ciò che si traduce in una bocca rilassata, sinuosa, senza irrigidimenti tannici, accompagnata da stimoli erbacei. A fargli le pulci, c’è una linfa vegetale a restringere la trama nella persistenza, ma la freschezza di fondo ti invita alla riprova.

Chianti Rufina Riserva del Don 2006

Qui il tempo sta tramando per offuscare nitore e scorrevolezza e per propiziarne un tratto gustativo pastoso, robusto ma poco sfaccettato. Chiaroscuro aromatici, annunciati da sentori di sottobosco e funghi secchi, donano un’aura old fashioned al vino, che ha i suoi lati intriganti ma non ti distoglie dal fatto che sia un po’ “avanti” come stato evolutivo. Avvolgente, materico, altero, solo la sapidità non molla e chiede attenzioni nuove.

Chianti Rufina Riserva del Don 2004

Cromatismi e profumi più tonici rispetto al 2006. E se al naso appare un po’ restìo a concedersi, dimostrando saldezza ma poca propensione alla diffusione, per suadenza gustativa può ricordare da vicino il 2009, perché sicuramente non presenta il tratto rigido e severo di un 2006. Buona infatti la grana del tannino, e poi il finale rilancia e tiene, ancora fremente di acidità e di sale. Interessante, dialettico, da ascolto attento.

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PODERE IL POZZO

20170930_102332Vocazione, pregresso e storia non mancano davvero, a questo ex convento di Gesuiti poi riconvertito a vigna e a uliveto. Disposto nel quadrante “ponentino” della denominazione, ad altitudini comprese fra i 300 e i 400 metri, il Pozzo è stato acquisito nel 1998 dalla famiglia Bellini, noti imbottigliatori della zona, con l’obiettivo dichiarato di ricreare proprio lì  l’avamposto qualitativo e qualificante della loro produzione.

In assaggio il Riserva Vigna Vecchia, derivato da una vigna ultra cinquantenne piantata con vecchi cloni di sangiovese ed altre uve tipiche come colorino e canaiolo nero. Delle annate proposte, in deciso spolvero la 2013. E non solo perché probabilmente favorita dall’andamento stagionale, ma perché lascia lampeggiare un significativo progresso in termini di chiarezza espositiva e focalizzazione stilistica, rispetto ad alcune incertezze emerse dalle precedenti versioni. Per questa ragione, un bel viatico.

Chianti Rufina Riserva Vigna Vecchia 2013

Fresco, fragrante, di puntuale definizione aromatica, assume un buon respiro e un certo garbo dai risvolti finanche floreali. Buon equilibrio al palato, dove l’attitudine alle sfumature, la trama affusolata e i tannini “soffiati” gli consentono di acquisire bevibilità e scioltezza. E se ancora la complessità non è al massimo, di lui mi piacciono il senso della misura e il sentimento di fondo.

Chianti Rufina Riserva Vigna Vecchia 2011

Consistente ma un po’ appesantito nella dinamica, robusto ma poco sfumato: in una parola, tutto d’un pezzo. Dalla sua un frutto rigoglioso ma, di contro, faticosa articolazione. Un sottofondo “corteccioso” ne screzia la beva, mentre la latenza in tonicità è il comprensibile lascito di una annata calda e insidiosa.

Chianti Rufina Riserva Vigna Vecchia 2009

Toni evoluti, note di incenso e un forte timbro balsamico, quasi eucaliptico, annunciano un vino avvolgente, di discreta espansione, ravvivato da un brillio di freschezza acida ma un po’ rugoso e asciutto nel finale a causa della forza dei tannini e del “giogo” temporale.

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MARCHESI GONDI  – TENUTA BOSSI

20170930_103510Storicissima azienda con magnifica villa annessa, la tenuta Bossi appartiene alla famiglia Gondi da “appena” 500 anni, tanto per dire. Grande spazio alla olivicoltura qui e, ovviamente, alla viticoltura, che nei 18 ettari di proprietà ha dato agio di esprimersi a sangiovese e a colorino così come ad alcune varietà internazionali. Disposta nel versante sud-occidentale della denominazione, gode di suoli misti di argille e scisti galestrosi, e di un microclima che a fronte di una intensa esposizione solare risente degli influssi dell’aria appenninica, portatrice sana di salutari  escursioni termiche giorno-notte.

Le tre annate del Riserva più ambizioso e longevo, il Villa Bossi, nella cui palette entra anche una quota di cabernet sauvignon, ci hanno fornito due certezze: da un lato una fisionomia concepita perseguendo uno stile calibratamente “moderno”, da cui non emerge a piena voce una caratterizzazione spinta nel verso della classicità (basti pensare all’anima “bordolese” di un 2000 e, sia pur in modo meno evidente, di un 2005), dall’altro però la sicura attitudine a ben vecchieggiare, come tante annate ancora disponibili in cantina hanno saputo dimostrare a più riprese. Ecco, in tal senso la produzione della famiglia Gondi si ricollega efficacemente alla grande vocazione del territorio: quella della longevità.

Chianti Rufina Riserva Villa Bossi 2010

Mora, ciliegia, menta e spezie: coté “moderno” ma senza ostentazioni per un profilo aromatico fresco e propulsivo, solo screziato da qualche sfocatura. Attacco di bocca soffice, sul frutto, sviluppo piacevole, di media profondità, un po’ asciutto nel finale per via delle reminiscenze del rovere.

Chianti Rufina Riserva Villa Bossi 2005

Bella nota balsamica in un corpo ben tornito, dove morbidezza, freschezza e bevibilità sono doti acclarate. Porta bene l’età che ha, i terziari non bussano ancora alla porta e sebbene la personalità non sia eclatante e gli sbuffi erbacei ci ricordino influenze “foreste”, è compatto, vitale, gradevolmente concessivo.

Chianti Rufina Riserva Villa Bossi 2000

La desinenza “bordolese” che ne permea le trame, di intrigante suggestione fruttata e profonda scia balsamica, contribuisce a rendere il quadro dei profumi molto elegante anche se non propriamente riconducibile al classico stilema di un Chianti Rufina. Però annuncia integrità, freschezza, sensualità, ed è ciò che coerentemente accade al gusto, a cui non fan difetto nitidezza ed accordature. Insomma, quanto a tonicità e a potenziale di longevità nulla da eccepire, anzi, va alla grande; casomai è un po’ eterodosso, quello sì.

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I VERONI

20170930_104823Approdiamo nel quadrante meridionale della denominazione, non lontano da Pontassieve, per incontrare I Veroni della famiglia Mariani, cantina che si è distinta per la particolare “visione” stilistica con cui ha inteso reinterpretare i vini del territorio, la quale non fa mistero della pratica della surmaturazione, o comunque di una maturazione spinta degli acini in pianta, e dell’impiego dei legni piccoli, ciò che nei vini va a connotarsi in una piena evidenza fruttata e in una concentrazione di materia e di sapori che non sempre si accorda con l’agilità ma che di contro non alimenta nemmeno stereotipi.

Sono vini sicuramente curati, per alcuni versi “da meditazione” per come sono declinati, la cui solare generosità, se tende ad erodere le sfumature più sottili, non gli preclude affatto la possibilità di una evoluzione ad alto tasso di dignità, come ha dimostrato la piccola verticale di oggi.

Nota a margine, Quona discende dal toponimo del luogo in cui sono piantati i vigneti della proprietà, fra i 250 e i 280 metri sul livello del mare. Dalla annata 2014, è il nuovo nome affidato al Rufina Riserva.

Chianti Rufina Riserva Quona 2014

Stimoli di frutta esotica, erbe aromatiche e petalo di rosa rendono eloquente il quadro dei profumi, anche se non del tutto capace di “muoversi” all’aria con disinvoltura. Emerge poi una sensazione generalizzata di dolcezza che incide ed indirizza il sorso. Certo si tratta di un “diversamente Rùfina”, un po’ a modo suo, eppure mi sta simpatico, perché tutto sommato, in questo formato generosamente “tondeggiante”, non manca di quadratura e gradevolezza.

Chianti Rufina Riserva 2010

Colore accentuato per la tipologia, impatto fruttato che vira sulle confetture, poi erbe selvatiche, ad annunciare un rosso robusto, potente, concentrato, la cui esuberanza trova un provvidenziale contraltare nella sapidità e nella freschezza di fondo. Un po’ ingombrante ma non sguaiato.

Chianti Rufina Riserva 2006

Concentrazione di colore e materia, rigoglìo di amarene mature, prugne, erbe macerate ed officinali; in bocca emerge una sapidità interessante, è ancora vivo, dinamico, meno ridondante di quanto ti aspetteresti. Certo faccio un po’ fatica ad associarlo a un Rùfina, ma non faccio nessuna fatica ad associarlo a uno stile: è sicuramente Veroni!

LEGGI QUI LA SECONDA PARTE

Degustazione effettuata alla Villa Poggio Reale (Rufina) nel mese di ottobre 2017, in compagnia di Ernesto Gentili e Paolo Valdastri.

Nella prima foto: il mitico “carro matto” della Rùfina a Firenze, nel corso della commemorazione storica “Bacco Artigiano”

FERNANDO PARDINI

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