Champagne – R. Pouillon & Fils, Francis Orban e il mito Jacquesson

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Spesso importanti scoperte avvengono per caso. Anche la nascita di diversi prodotti enogastronomici si perde tra le spire del fato. A questa combinazione di condizioni o circostanze impreviste è legata la selezione di etichette di Champagne che ho potuto apprezzare di recente, complici le festività di fine e inizio anno che tanto si prestano al consumo di bollicine e a qualche listino “compiacente”.

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Sulla storia di questi vini simbolo dell’enologia francese sono già stati scritti fiumi di parole, così, senza scomodare la figura dell’abate Pierre Pérignon, il monaco benedettino che si dedicò alla cura delle cantine dell’Abbazia di Hautvillers e al “problema” delle bollicine, al cui nome è legata la “leggenda” dello champagne, faremo solo una piccola introduzione.

logo-civc-copyOltre 300 milioni di bottiglie vendute per un controvalore di quasi 5 miliardi di euro, di cui circa la metà solo dall’export, questi i numeri da capogiro dell’economia mossa da questa piccola regione d’oltralpe. Oltre 300 Maison de Champagne e quasi 16.000 vigneron per un’impressionante quantità di etichette di altissima qualità. Ne consegue che scegliere qualche bottiglia da degustare diventa difficile, fra i molteplici cru, vitigni, annate e dosage che esprimono la diversità delle varie elaborazioni di cuvée dalle mille sfaccettature e che rappresentano le declinazioni possibili di stili, caratteristiche, interpretazioni e gusti dei vari marchi.

Se è vero che la produzione viticola dei tre vitigni utilizzati (Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay) si equivale in termini di quantità, altrettanto equilibrio non si riscontra nel consumo delle varie tipologie di Champagne possibili. Infatti riscontriamo che la versione Brut (e i suoi sotto-insiemi) assorbe ben il 67% delle vendite, seguito dalle Cuvée de prestige con il 14% e dai Rosé al 12%; il consumo dei Demi-sec copre il 3% delle vendite, mentre quello dei Brut millesime appena il 2%, così come l’insieme delle versioni Blanc de Blancs o Blanc de Noirs.

Da queste cifre si evince come la versione più universale, fresca e leggera, meno complessa e di facile beva, sia ovviamente la più diffusa e quindi privilegiata nelle produzioni. Altresì le produzioni ottenute dalle migliori selezioni dei vitigni più esclusivi rappresenta la prima alternativa, denotando una ambivalenza del mercato che, seppure aperta in una forbice molto ampia, dimostra come l’esclusività del prodotto sia la prima scelta dopo quella più commerciale. Tra le versioni più complesse o particolari si distingue il Rosé, che spacca un po’ le opinioni, tra chi lo ama e chi lo odia, con quel suo colore molto femminile e quel gusto muscolare; per tutte le altre versioni si configura un mercato di nicchia che è ristretto a particolari occasioni o abbinamenti.

Nella mia piccola degustazione ho strizzato l’occhio a qualcosa di teoricamente facile, ma anche a qualche etichetta più intrigante, indugiando con qualche attenzione particolare al mondo Rosé e deragliando nel dégorgement tardif.

CHAMPAGNE FRANCIS ORBAN (Leuvrigny)

1_orbane_reserve_img_3405Francis Orban è un giovane e preparato récoltant manipulant che nel 2007 decide di produrre il suo Champagne, forte di studi approfonditi e di un background arricchito dall’esperienza di quattro generazioni. Il bisnonno Léopold Orban fu infatti pioniere della spumantizzazione nel villaggio di Leuvrigny e ne avviò per primo la produzione; le successive generazioni si concentrarono invece sulla vendita dell’uva e solo Francis, un decennio fa, riprende l’ispirazione del bisnonno Léopold.

Per la produzione di circa 60.000 bottiglie annue, di cui l’80 per cento destinate al mercato interno e il restante dedicato all’export , vengono coltivati 7,5 ettari di vigneti nel comune di Leuvrigny, situati sulla riva destra della Marna dove l’ideale esposizione a sud, un prezioso terreno arigillo-calcareo e un perfetto microclima conferiscono al Meunier Noir, vitigno emblema del marchio, le condizioni per esprimersi al massimo del suo potenziale. Per questo ben quattro delle sei versioni di Champagne prodotte sono monovarietali (Pinot Meunier 100%), in particolare le declinazioni di Brut (la Réserve Vieilles Vignes, l’Extra Brut, il Rosé e la particolare Cuvée Parcellaire L’ORBANƎ). Invece le Cuvée Prestige sono realizzate assemblando un 60% di Meunier Noir e il 40% di Chardonnay, mentre le Millésime si compongono di un 80% di Chardonnay e un 20% di Meunier Noir. L’affinamento sui lieviti in bottiglia è minimo di 24 mesi e arriva a 36 mesi per la Cuvée Prestige, mentre le bottiglie del Millésime e della Cuvée L’Orbanɘ rimangono in cantina sui lieviti per almeno 72 mesi.

2_champagne-francis-orban-rose-brut-629-1Brut Réserve Vieilles Vignes – Premesso che questo blanc des noirs, come gli altri Brut (ma anche la Cuvée Prestige), viene realizzato con il contributo di un 50% di “vins de réserve”, si presenta di un elegante giallo paglierino leggermente dorato, e bollicine finissime, per un naso ricco di note fruttate di albicocca e pesca bianca. In bocca è equilibrato, tra le note fruttate e quelle più tipiche della fermentazione, con un sorso rotondo e fresco che esprime tanta finezza. Docile.

Rosé Brut – Nel calice il suo colore “pétale de rose” e il sottile perlage evocano fascino e leggerezza e un primo approccio olfattivo regala note di frutti rossi come il ribes o la fragolina di bosco. Al palato emerge il carattere del Pinot Meunier con una piacevole cremosità che accompagna un ingresso fresco e sapido, poi, con la deglutizione, emerge un aspetto leggermente più rugoso, con note minerali arricchite da un retrogusto di pompelmo che pulisce e al tempo stesso rinforza il carattere della beva. Intrigante.

CHAMPAGNE R. POUILLON & FILS (Mareuil sur Aÿ)

3_pouillon_reserve_capsulaPremesso che le generazioni della famiglia Pouillon vivono in Champagne da secoli, nel 1947 Roger Pouillon fondò la sua Maison de Champagne a Mareuil sur Aÿ; nel 1965 gli subentrò il figlio James e, dal 1998 il nipote Fabrice, che lavora oggi accanto al padre dopo aver studiato enologia e aver consolidato diverse esperienze in Bordeaux e Borgogna. Le vigne di proprietà dei diversi Cru sono posizionate nei vari comuni della regione: Mesnil sur Oger e Aÿ per i Grand Cru; Mareuil sur Aÿ, Tauxières, Mutigny e Avenay Val d’Or per i Premier Cru; infine Epernay e Festigny. Tutti questi vigneti, circa 15 ettari suddivisi in 68 parcelle, hanno un’età media di 30/35 anni e i vini sono prodotti rispecchiano fedelmente il terroir di ogni parcella, dove Fabrice Pouillon e la moglie Elodie applicano quella che in famiglia viene definita una “coltura artigianale ragionata”, ispirata all’agricoltura biologica e biodinamica.

La raccolta delle uve avviene solo manualmente e la R. Pouillon è una delle poche maison che tiene ancora viva la tradizione locale di ospitare i vendemmiatori; poi le uve vengono “trattate” dolcemente dall’antica pressa verticale e avviate alla vinificazione. Gli Champagne invecchiano sui lieviti almeno 36 mesi per le cuvée tradizionali e fino a 8 anni per i millesimati, dove una parte invecchia in barili di rovere; si tratta di una vinificazione speciale e tradizionale per “Nature de Mareuil”, garanzia di qualità e autenticità. I vari prodotti elaborati dalla maison spaziano dai monovitigni (Chardonnay per i Blanc de Blancs, Les Valnons e millesimati, oppure Pinot Noir per i Rosé e per il rosso Mareuil Rouge) ai vari assemblaggi (Réserve, Solera Le Brut Vigneron, Les Blanchiens o il particolare Chemin Du Bois realizzato con “Méthode imaginée par Fabrice Pouillon”), assemblaggi che includono solo nel Réserve una piccola dose di Meunier Noir.

3_pouillon_reserve_backlabelBrut Réserve – Composta da 70% di Pinot Noir, 15% di Chardonnay e 15% di Meunier Noir provenienti da cinque comuni differenti, ognuno con il suo terroir e il suo microclima, si presenta di un bel colore giallo dorato, con aromi floreali di acacia e biancospino avvolti in un sospiro di confettura di mela cotogna e intrecciati a sentori di panetteria e tostatura. In bocca ha un buon equilibrio, sostenuto da bollicine sottili e persistenti, con fragranze vagamente agrumate e note di crosta di pane e mandorla fresca dal finale mielato. Il sorso è corposo, fresco, vellutato, complesso e profondo. Purosangue.

Rosé de Maceration Brut Premier Cru – Solo Pinot Noir dal Premier Cru di Mareuil sur Aÿ lavorato col metodo “de saignée”, con una lenta macerazione delle bucce (fino a 12 ore) prima della vinificazione, per ottenere un colore profondo e aromi intensi. Si presenta di un fascinoso rosa cipria con riflessi ramati e con un bouquet olfattivo composto da aromi di frutta rossa con note di liquirizia e sentori speziati avvolti in un alito floreale di violetta. Al palato persiste il fruttato di ribes, ciliegia e fragola in confettura; alla deglutizione restituisce un piacevole respiro aromatico dove il contributo dei lieviti non domina, ma sostiene, dove l’acidità si lega a una cremosità vellutata e dove l’allungo è composito e sapido. Delizioso.

5_champagne-brut-blanc-de-blancs-premier-cru-roger-pouillon_labelBlanc de Blancs Brut Premier Cru: volevo proprio confrontare il mio palate e il mio gusto con un Blanc de Blancs, e questa cuvée brut di uve Chardonnay in purezza dalle vigne di Mareuil sur Aÿ, Tauxieres e Aÿ tutte classificate Premier Cru, che Fabrice Pouillon lavora magistralmente, con fermentazione ripartita fra acciaio e barrique e affinamento sui lieviti di almeno 30 mesi, mi sembrava proprio l’ideale. Colore giallo paglierino, chiaro e luminoso, con riflessi verdolini e un fine perlage , si presenta al naso con spiccata freschezza e un ottimo connubio floreal-fruttato, tra note leggere di biancospino e pesca. Al palato offre ancora fragranze di frutta croccante, mela verde e un tocco di agrumi, mentre il sorso regala vivacità, leggerezza e finezza, sentori di pane tostato e un allungo vanigliato con strascichi soffusamente iodati. Forse un po’ corto, ma vivace e fresco. Stuzzicante.

CHAMPAGNE JACQUESSON (Dizy)

jacquessonE qui saliamo di livello, anzi, forse facciamo un triplo salto fra i miti. Tra i grandi nomi della Champagne, Jacquesson è senza dubbio uno dei più stimati, a cui si devono anche alcune ‘invenzioni’ nel mondo dello spumante in generale. Si deve infatti ad Adolphe Jacquesson (figlio dei fondatori) la vigna a filari, studiata nel 1835 insieme al dottor Jules Guyot; poi, nel 1844 inventa e brevetta il “muselet”, la gabbietta di metallo che blocca il tappo e più tardi, con l’aiuto del farmacista Jean-Baptiste François, ricava la formula per calcolare l’esatta quantità di zucchero utile alla seconda fermentazione. Dal 1798 a Châlons-en-Champagne, data e luogo di fondazione, la Maison ha conosciuto fasti epici, apprezzata e decorata anche da Napoleone, che nel 1810 la insignì della medaglia d’oro per “la Beauté et la Richesse de ses Caves”, nel 1925 viene rilevata dalla famiglia de Tassigny che la sposta da Châlons a Reims. Nel 1974 Jean Chiquet acquisisce l’azienda e la trasferisce a Dizy e nel 1988 la lascia nelle mani dei figli Jean-Hervé e Laurent, gli attuali conduttori dei 35 ettari vitati che, unitamente agli ulteriori 8 conferiti, forniscono le uve di Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Meunier con cui vengono prodotte “solo” 280.000 bottiglie di uno Champagne che primeggia per qualità ed eleganza. La maison segue metodi produttivi mirati: “meno uve, ma ben mature!” è il mantra della casa, con una gestione organica delle colture, di fatto “bio” ma senza l’incubo dell’etichetta, pensando al concreto di potature a cordone permanente, inerbimento e trattamenti limitati a due sole fasi l’anno.

6_jacquesson_734-dtIn cantina si parte da classiche presse champenoise (torchi verticali), fedeli alla tradizione, per passare ai tini di decantazione in acciaio separando le fecce per gravità e utilizzando rigorosamente la prima spremitura, senza solforosa aggiunta (bensì gas carbonico), bassissimi dosaggi, nessun travaso e nessuna filtrazione o collaggio, la chiarifica avviene in modo naturale. Infine si giunge alle botti, rigorosamente di rovere, per la vinificazione separata per parcella e il lungo affinamento sui lieviti. Curioso come nel 1898 la Maison, per celebrare il suo primo secolo di vita, diede vita alla Cuvée N.1 e da allora il cliché della numerazione è divenuto un must; dal 2000 sono nate le Cuvée serie 7xx, secondo la nuova filosofia dei fratelli Chiquet, e oggi siamo giunti alla N. 740 in commercio. Ma la peculiarità, frutto dell’estro di Jean-Hervé e Laurent, è il nuovo concetto di Dégorgement Tardif che, in passato rigorosamente millesimato, dal 2014 e quindi dalla Cuvée 733 DT, diventa il primo e unico champagne non millesimato al mondo ad essere prodotto una seconda volta in versione “sboccatura tardiva” di quattro anni, cioè raddoppiando la sosta sui lieviti rispetto alla versione Extra Brut classica.

Anche in questo episodio … il caso torna prepotente: i due fratelli avevano appena finito di assemblare la Cuvée 733 quando si accorsero di avere troppo vino assemblato, così decisero di metterlo via e provare a utilizzarlo l’anno seguente nella Cuvée 734; l’esperimento funzionò e da allora i vins de réserve sono sempre assemblaggi precedenti estendendo il concetto di dégorgement tardif.  Ecco, proprio questo Champagne ho voluto provare per concludere questa piccola dissertazione sul mondo della “bolla francese” e provare un’esperienza sensoriale di grandissima qualità e impatto.

6_734dt_capsulaCuvée n° 734 DT – Cuvée basata sulla vendemmia 2006 con attenta selezione delle uve: 54% Chardonnay, 20% Pinot Noir e 26% di Meunier Noir, con un contributo di vins de réserve del 27% nel complesso. La sboccatura tardiva ha tirato fino al 2014 la sosta sui lieviti, una permanenza significativa, considerando che la Cuvée  734 fu lanciata originariamente nel 2010 in versione tradizionale Extra Brut (come sono tutte le Cuvée della casa). Che dire, sensazioni indimenticabili.

La vista è forse l’unico fattore a presentare qualche segno del tempo, con un colore decisamente virato al giallo dorato, riflessi quasi aranciati e un perlage davvero sottilissimo. Al naso è compatto e profondo, neanche troppo aperto, e mostra le unghie con una traccia agrumata, dando segnali di una freschezza ancora in grado di reggere anni; poi escono componenti di lievito, con sentori di pasticceria (crostata ai frutti rossi), note speziate di tabacco e pepe bianco e un allungo minerale che sgombra il campo da ogni ipotesi ossidativa. Al palato sorprende per fedeltà, mostrando tutto lo spessore della materia, l’aristocrazia dell’età e lo stile della maison: armonioso fra le fragranze fruttate ancora percepibili di mousse di pera, quelle di panetteria forti del lungo riposo sui lieviti e quelle più minerali e speziate di radice di liquirizia e tostatura acquisite col tempo. Il sorso è felpato, sapido, lungo, propositivo, e lascia aperto il palato alla curiosità di un futuro non ancora scritto. Coinvolgente.

Le prime due immagini sono tratte dal sito ufficiale del Comité Champagne

Riccardo Brandi

Riccardo Brandi (brandi@acquabuona.it), romano, laureato in Scienze della Comunicazione, affronta con rigore un lavoro votato ai calcoli ed alla tecnologia avanzata nel mondo della comunicazione. Valvola di sfogo a tanta austerità sono le emozioni che trae dalla passione per il vino di qualità e da ogni aspetto del mondo enogastronomico. Ha frequentato corsi di degustazione (AIS), di abbinamento (vino/cibo), di approfondimento (sigari e distillati) e gastronomia (Gambero Rosso). Enoturista e gourmet a tutto campo, oggi ha un credo profondo: degustare, scrivere e condividere esperienze sensoriali.

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