Non facciamo di tutto il Groppello un fascio: la storia del Groppello di Revò

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1.El Zeremia, il papà del Groppello di Revò

wp_20140822_006La storia del Groppello di Revò è una storia realmente affascinante, e nel raccontarvela vorremmo che trasparisse la stessa emozione che abbiamo apprezzato nelle parole di Lorenzo Zadra, il nostro narratore. Lorenzo Zadra è il titolare dell’azienda El Zeremia, erede di una famiglia a cui si deve la riscoperta del quarto vitigno autoctono del Trentino.

“Un tempo la Val di Non era una valle totalmente dedita alla viticoltura e nella zona di Revò, nel 1893, sorse la prima cantina del Trentino” -inizia a raccontare Lorenzo- “Due eventi tragici condussero però alla graduale scomparsa della viticoltura in Valle: l’avvento della fillossera, parassita pericolosissimo per la vite, e la Prima Guerra Mondiale, che portò la forza lavoro maschile al fronte. Inoltre, negli anni Cinquanta un altro duro colpo venne assestato alla produzione vinicola nonesa: il torrente Noce, che attraversa la Val di Non e intorno al quale si concentravano le superfici vitate grazie alla fertilità del suolo, fu oggetto di interesse da parte della società Edison per la produzione di energia. Un ambizioso progetto, con la costruzione di una diga (la più alta d’Europa all’epoca ) e la creazione del bacino artificiale di Santa Giustina, vide la luce nel 1951. Edison indennizzò i viticoltori espropriati delle proprie terre assegnandogli dei terreni che però non erano ben esposti ed avevano pendenze inidonee alla coltivazione della vite.  Negli anni ’70, grazie alle nascenti cooperative, l’economia della zona tornò a crescere nel nome e nel segno della melicoltura, e negli anni ’90 la nascita del Consorzio Melinda decretò la fine della viticoltura nonesa.”

sdc14617In effetti, quando si pensa alla Val di Non, l’immagine che corre subito alla mente è proprio quella della mela. Inoltre la presenza di un Consorzio così importante come Melinda è garanzia di reddito sicuro per gli agricoltori della zona. Pochi impavidi imprenditori agricoli, però, hanno deciso con impegno, tenacia e coraggio di restituire dignità ad un vitigno davvero straordinario e dalle immense potenzialità:  Zadra El Zeremia, Cantina LasteRosse, Cantina Maso Sperdossi, l’Agritur Al Canyon e Valerio Rizzi.

Lorenzo ci dà un’idea dell’estensione dell’area coltivata a groppello di Revò: “ le viti si concentrano sulla cosiddetta terza sponda (con le spalle alla sorgente del Noce, seguendo il corso del fiume possiamo notare la sponda destra, la sinistra e la terza spondam che comprende l’area fra Cagnò, Revò, Cloz, Brez fino a Romallo). Si tratta di 8 ettari totali, compresi i piccoli appezzamenti dei viticoltori amatoriali che producono solo per il consumo di amici e parenti. Stiamo parlando di una produzione di 40/50 quintali d’uva per ettaro e di 11000 bottiglie all’anno, di cui 6000 escono dalla nostra cantina”.

Ma come è iniziata l’avventura per il recupero dello speciale vitigno? “Tutto ebbe inizio con la morte di nonno Tullio, nel 1991″, ci racconta il giovane viticoltore.  “Nonno aveva lasciato il vigneto in eredità a mio padre Augusto, a condizione che lo mantenesse e lo coltivasse per almeno dieci anni. Mio padre, cuoco di professione, fece di questo lascito la sua battaglia. Il vigneto ultracentenario che ricevette in eredità costituiva un importante patrimonio genetico, si trattava infatti di 1900 metri di terra con viti di 120 anni, alcune delle poche rimaste di groppello di Revò”.

Augusto Zadra intraprese, quindi, una serie di azioni volte a restituire un ruolo al rosso autoctono nel panorama vitivinicolo trentino ma non solo: grazie alla collaborazione con un vivaio altoatesino, dal 2000 vennero prodotte delle barbatelle a partire dagli antichi ceppi di nonno Tullio. Augusto poi si battè per vedere riconosciuta l’IGT per il Groppello di Revò ed essere annoverato -oltre al Teroldego, al Marzemino e alla Nosiola- fra i vini autoctoni del Trentino.

el-zeremia-revo-41Gli Zadra si sono dimostrati molto generosi ed hanno creduto talmente tanto nella causa Groppello da mettere a disposizione il “dna” del groppello senza registrarne alcun brevetto. Se posso permettermi un parallelismo, spero non troppo ardito, come un creatore di software Open Source lascia libero e aperto il codice sorgente, così Zadra ha permesso la diffusione del groppello.

Ma fra coltivare l’uva groppello in un piccolo appezzamento e il vinificarla ed imbottigliarla c’è una bella differenza! Anche in questo caso il fato o una semplice coincidenza fece la sua parte. Ci spiega Lorenzo:  “Un giorno mio padre stava rientrando con il trattore carico di uva appena vendemmiata, quando si imbatté nel noto giornalista Rai Nereo Pederzolli, che aveva l’auto in panne. Papà accostò il trattore e soccorse Nereo, grande appassionato di enogastronomia. Una parola tira l’altra e il reporter, originario di Stravino, incuriosito dalla nuova (anche se antichissima) varietà, propose a mio padre di portare direttamente il raccolto alla cantina Pravis, per essere vinificato. Ecco fatto! Quel giorno nacque una grande amicizia ed iniziò la produzione del rosso di Revò.”

Il successo ha premiato l’impresa della famiglia Zadra: dal 2009 non imbottiglia più da Pravis ma ha costruito una cantina con annessa sala degustazione. Prossimamente sarà edificato anche l’agriturismo El Zeremia. Il Groppello viene ora diffuso commercialmente in ogni regione d’Italia: “Sebbene mio padre Augusto ci abbia lasciato prematuramente nel 2013, ha potuto vedere realizzato il sogno di una vita”.

lorenzo-in-barricaiaAttualmente El Zeremia produce due linee di Groppello: il Groppello di Revò Selezione El Zeremia, affinato in barrique nuove di rovere, e il Groppello di Revò che matura in acciaio e si affina in bottiglia. Lorenzo Zadra ci spiega il motivo della scelta: “Mentre negli anni ’90 era in voga l’utilizzo della barrique per conferire aromi intensi con note vanigliate e di legno, oggi sono molto apprezzati vini più beverini e l’acciaio incontra precisamente questa richiesta.” Ma non è finita, con l’uva groppello l’imprenditore noneso produce anche una particolare grappa. La peculiarità del distillato sta proprio nelle vinacce utilizzate, che non vengono torchiate e quindi non essendo vinacce esauste conferiscono tutto l’aroma dell’uva. Inoltre la grappa di Groppello, unica al mondo e già pluripremiata, può essere definita a metri zero: viene infatti distillata con alambicchi tradizionali dalla Distilleria Dallavalle Rossi d’Anaunia, vicina di casa di El Zeremia.

2. Il Groppello LasteRosse e il Metodo Classico

calici-e-stelle-lasterosse-0-agosto-2017Fra le cantine eroiche del Groppello va senza dubbio annoverata la Cantina LasteRosse della famiglia Pancheri, formata da Pietro (vignaiolo) e Silvia (Donna del Vino), da anni impegnata nella conservazione e valorizzazione di questo vino-vitigno. Anche in questo caso non parliamo di grandi numeri ma di ottima qualità, lì dove ogni bottiglia viene curata e cullata nella piccola cantina di montagna. Silvia Pancheri ci illustra i vini: “ Noi produciamo la linea Groppello classico vinificata in inox ed affinata in botti di legno come da tradizione, che si caratterizza per il profumo di sottobosco e di terra, per l’acidità importante e per le evidenti note di pepe; la selezione Privato, con maturazione di 12 mesi in barrique di rovere nuove e affinamento in bottiglia di 4 mesi, che si distingue dal Classico per le sfumature di tabacco e vaniglia conferitegli dalla permanenza nei legni, e infine un esclusivo Spumante Metodo Classico, da uve groppello in purezza.”

“Per il nostro Metodo Classico Extra Brut utilizziamo un vino base da uve groppello a cui vengono tolte le bucce. Ecco spiegato un color giallo brillante. Il vino base viene fatto rifermentare in bottiglia per maturare sui lieviti almeno 36-40 mesi (attualmente è in commercio la terza annata di sempre, la 2014); viene poi affinato ancora qualche mese in bottiglia. E’ una esplosione di profumi, la Val di Non in bottiglia!”

cantina-lasterosseLasteRosse vende direttamente al pubblico e conquista avventori e villeggianti non soltanto grazie a vini di alta qualità ma anche grazie ad attraenti proposte enoturistiche, come un percorso detox, o come un wine-trekking di 3317 passi di benessere nel Paese di Romallo, tra strade di campagna, per scoprire il territorio e i suoi sapori e per conoscere il viaggio dell’uva a partire dai filari di groppello fino alla cantina. Per comprendere cioè le particolarità di un delizioso vino di montagna e le difficoltà di una produzione ad alta quota.

3.Coltivazione e particolarità del Groppello di Revò

L’uva groppello è caratterizzata da un grappolo particolarmente compatto, con acini serrati. La pianta è bassa e viene allevata a guyot .  “E’ una varietà rustica, non necessita di particolari trattamenti”- afferma Lorenzo Zadra -“ noi effettuiamo solo quattro trattamenti all’anno, un numero nemmeno paragonabile a quello dei trattamenti effettuati, ad esempio, su un pinot. A queste altitudini e con l’esposizione a sud-ovest l’unico pericolo per le piante sono gli uccelli, perchè vanno ghiotti del buon nettare, trovando solo meli in zona!” Aggiunge Silvia Pancheri: “Vengono allora messe manualmente delle reti per proteggere i grappoli” .

groppello-bottigliaAltra operazione indispensabile per garantire un’ottima qualità di base consiste in una prima selezione, con diradamenti da effettuarsi ad agosto e pre-vendemmia: “Questa scrematura va effettuata perchè essendo il grappolo così compatto è predisposto a trattenere l’umidità delle piogge o della rugiada mattutina e pertanto potrebbe sviluppare muffe. Vanno subito eliminate le parti colpite dalla botrite“ spiega il titolare di El Zeremia.  “Se la pianta non richiede particolare cura, le pendenze e la struttura dei vigneti impongono invero l’assenza totale di meccanizzazione, sia nelle operazioni di diserbo sia in fase vendemmiale”. Silvia Pancheri : “ ci troviamo a 730 m di altitudine, pertanto tra i filari occorre svolgere un gran lavoro di decespugliatura manuale e naturalmente la vendemmia, che avviene a fine ottobre, è svolta come una volta, senza l’ausilio di strumenti meccanici”.

Le caratteristiche sensoriali del vino sono descritte da Silvia Pancheri: “Molto decisa la speziatura di pepe, e molto selettivo questo vino coltivato sulla roccia. Gli aromi di terra bagnata e sottobosco incontrano la mineralità e l’acidità tipiche del nostro Groppello”

4.Abbinamenti

Silvia Pancheri, titolare di LasteRosse: “ L’abbinamento tipico è con il tortel di patate, specialità nonesa, ma è ottimo anche con le minestre di legumi, con i formaggi di malga, con polenta e spezzatino e con tutti quei piatti della cucina di montagna in quanto l’acidità permette di sgrassare e pulire il palato.”

“Ideale anche con piatti strutturati come i brasati, la selvaggina, la lucanica trentina e -restando nel territorio- la mortandela”, aggiunge Lorenzo Zadra.

5.Il ruolo della fondazione Edmund Mach

logo-edmund-machLa Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, realtà molto attiva nel territorio trentino (e anche più in là), non solo opera a sostegno dell’agricoltura dei luoghi ma è un apprezzato centro di formazione e ricerca avanzata. In questa ottica è stato affiancato agli agricoltori un consulente vinicolo, il dott. Francesco Fellin, che ha assistito i nostri eroi del Groppello sia in vigna che in cantina.

La Fondazione, inoltre, ha contribuito allo studio e alla identificazione del genoma del groppello di Revò.  Grazie alla ricercatrice Stella Grando e al team della Fondazione, è stata fatta chiarezza su ciò che andiamo a nominare groppello di Revò. C’era molta confusione, infatti, su questo vitigno, se pensiamo che nel Cinquecento rientravano nella famiglia dei groppello anche uve a bacca bianca. Le caratteristiche salienti per fregiarsi della denominazione parevano essere la compattezza del grappolo  (letteralmente gropo-nodo) e l’assenza di ali. Prima degli studi della Fondazione, per individuare il groppello ci si basava sull’ampelografia, ovvero su quella disciplina che descrive e classifica i vitigni sul piano della morfologia esterna (germoglio, foglie, grappolo, acini). La Fondazione ha invece compiuto un’operazione diversa: l’analisi molecolare. Marcatori molecolari microsatelliti. In parole povere, l’analisi del DNA sul groppello di Revò, risultato peraltro assai diverso da quello del Garda o da quello bresciano.

Elena Pravato

Se fossi un vino fermo sarei un Moscato giallo Castel Beseno. perché adoro i dolci (prepararli e mangiarli ) e resto fedele alla regola non scritta dei sommelier “dolce con dolce” . Inoltre è trentino come la terra che mi ha adottato. Se fossi uno spumante sceglierei un Oltrepò Pavese perché ricorda la mia Lombardia, dove sono nata e cresciuta. Se fossi un bicchiere sarei un bicchierino da shot o cicchetto, data la mia statura tutt’altro che imponente.

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