Si è da poco celebrata la terza edizione di Vinoè, evento-vetrina organizzato nell’ambito del congresso nazionale (il 46^) della Federazione Italiana dei Sommelier, Albergatori e Ristoratori, insomma la Fisar. A questa associazione non si può non dare atto del suo grande dinamismo e della energia, per come sanno seguire e spesso sostenere tante iniziative del sempre più ricco panorama enogastronomico italiano. E Vinoè si sta rapidamente configurando come un appuntamento solido grazie all’incrociarsi di diversi fattori positivi. È un evento in cui arrivano quasi sempre personalmente produttori da tutta Italia, consentendo quindi incontri ed assaggi che coprono una cospicua parte del panorama enoico nazionale; è ben strutturato grazie anche ai seminari di degustazione e alla scoppiettante sezione gastronomica moderata dal giornalista Leonardo Romanelli, nella quale -con leggerezza e senza ampollosità- si può apprezzare il meglio delle idee e delle creazioni per il palato, proposte per esempio da due personaggi diversi come Alberto Saracino, cuoco di talento e di “scuole alte” nello stellato Cum Quibus di San Gimignano, e il sanguigno ed intelligente Michelangelo Masoni, macellaio cult in terra di Versilia e animatore di un interessante bistrot a Viareggio. Risultato: un gran bel successo di pubblico e interesse per tutti gli stand dei produttori.
Attraversando il lungo corridoio della Stazione Leopolda di Firenze, location ormai consueta per questo genere di manifestazioni, è bello farsi guidare dall’istinto e fermarsi subito da Marisa Cuomo, vignaiola di riferimento della Campania (e non solo) nella zona “eroica” di Furore. Anche perché il suo Furore Bianco Fiorduva 2015 investe il naso con la consueta esplosione di profumi, ampi e diretti, ribaditi in una beva dalla pienezza scolpita, che va in progressione allargandosi dinamica e terminando su note “acute” di lime.
Bruno Verdi è un produttore di spicco dell’Oltrepo Pavese, ed eccelle nel campo del Metodo Classico: in particolare si segnala il Vergonberra (millesimato) 2013, un dosaggio zero con pinot nero al 70% e un saldo di chardonnay che sta 50 mesi sui lieviti. Sboccato a giugno 2018, sfoggia un naso largo, persistente e maturo ribadito in una beva dalla bolla fine e piacevole, di grande struttura, e con una chiusura di grande persistenza. Buone nuove anche dai vini “fermi”: il Riesling Vignacosta 2017 esprime con intensità le tipiche note di idrocarburo, ha medio spessore e buon dinamismo in un finale lungo ed energico; comprensibilmente più equilibrata la versione 2015, con un naso decisamente più aperto ed espressivo.
Fra le tappe più interessanti di questa edizione di Vinoè si segnala quella da Thomas Niedermayr, altoatesino da San Michele Appiano, che ci sorprende con il suo ventaglio ampio e interessante di etichette ottenute da vitigni autoctoni che, oltre ad avere il vantaggio agronomico di un ottimo acclimatamento e di una spiccata resistenza alle malattie, regalano sensazioni spesso inconsuete. A partire dal Sauvignon Gris 2017, prodotto con un’uva che (ci assicurano) ha poco a che vedere con il “Blanc”. Il suo carattere è improntato su un agrume maturo che spinge bene la beva. Il Solaris 2017 invece assomiglia proprio ad un “classico” Sauvignon, è cremoso e potente e termina con un finale bello e assai lungo. Il Bronner 2016 è floreale, seducente, più sottile in bocca ma ancora di bella persistenza. Il Sonnrain 2016 regala sensazioni vegetali, erbose, e di scorza di limone. È leggero, quasi impalpabile al palato, vellutato ma forte nel finale. Il Weissburgunder 2014 infine è ampio, succoso e delicato.
Imprescindibile la sosta in terra di Langa, come è immancabile una sosta da Sobrero, fra i punti di riferimento del territorio di Castiglione Falletto, con l’assaggio di pressoché l’intero suo “repertorio”: dalla Barbera d’Alba Selectio 2016, scorrevole nella sua pur evidente spina acida, alla Barbera d’Alba Superiore La Pichetera 2016, improntata sul frutto dolce tendente al candito in una beva ancora ben innervata. Il Nebbiolo d’Alba 2016 accoglie al naso con una spruzzata di erbe aromatiche e in bocca non sfigurerebbe, per impatto e fascino aromatico, davanti a più di un più blasonato “cugino” Barolo. Ma a proposito di blasone, eccoci al Barolo Ciabot Tanasio 2014 , che sfoggia un gran bel panorama olfattivo all’insegna dell’ampiezza e di seducenti rimandi floreali; e poi, finalmente, il “nuovo” Barolo Parussi 2014, ottenuto da vigneti in affitto, 2300 bottiglie numerate: floreale anch’esso in un naso carezzevole, mostra grande spinta e progressione per chiudere succoso e fragrante. Più potente e assai profondo il vino-simbolo dell’azienda, il Barolo Riserva Pernanno 2012, due mesi di macerazione e tre anni in botte grande. Intenso e seducente, è compatto e termina con forza esemplare, tannino poderoso ma ben addomesticato.
Interessanti i vini di Tommaso Stellino da Alcamo, a capo della sua “Biologica Stellino“. In assaggio due annate di Nero d’Avola Crita: la 2017 mostra un naso ampio, sentitamente fruttato, le cui giovanili intemperanze in bocca vengono gestite grazie a piacevoli spunti mentolati e a una spina acida in grado di contrastare. Più elegante, e con un frutto ancor meglio imbrigliato, la versione 2016.
In chiusura, un tocco di Toscana con i sempre più affidabili vini di Fattoi, a partire da un Rosso di Montalcino 2016 di grande impatto, persistente al naso e maturo in bocca. Impeccabile invece la tessitura del Brunello di Montalcino 2013, succoso e amplissimo.