Il Riesling delle Alpi Apuane, o del coraggio di un’idea

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Siamo tornati a far visita ai ragazzi della Maestà della Formica. A maggio del 2017 ci eravamo fatti incantare dall’ospitalità e dal calore dell’accoglienza del Rifugio Alpi Apuane  gestito da loro; ora torniamo a Careggine con la voglia di scoprire a che punto è arrivato il loro progetto di portare il riesling ad esprimersi respirando l’aria fina delle Apuane. La loro audacia, infatti, ha raccolto quest’anno i primi frutti, ma andiamo per gradi.

Andrea Elmi, Gian Luca Guidi e Marco Raffaelli hanno iniziato la loro avventura a Careggine nel 2013, impiantando circa tremilacinquecento piante di riesling dopo aver individuato un terreno in località la Foce. Le competenze enologiche sono alte per tutti e tre i ragazzi, e fin da subito scelgono di affrontare questa sfida abbracciando la tecnica agronomica biodinamica, puntando sulla capacità delle piante di adattarsi all’ambiente preparato per ospitarle. Fin dalla prima annata di impianto del vigneto è stato scelto di non predisporre un sistema di irrigazione, per spronare e stimolare la singola pianta alla ricerca dell’acqua necessaria alla sopravvivenza e alla futura produzione e maturazione delle uve.

A seconda della costituzione del sottosuolo, le piante hanno via via risposto in maniera differente: in circa un terzo del vigneto -la porzione che presenta maggiore componente terrosa- l’adattamento al nuovo ambiente non ha incontrato alcuna difficoltà. Nella restante parte, nella quale l’elemento sassoso cresce percentualmente, le piante hanno dovuto sforzarsi in termini assoluti di più, ma questo non ne ha precluso l’adattamento a 1050 metri sul livello del mare. Questa scelta faceva già intendere fin dalle prime battute la chiara missione dei ragazzi della maestà: prediligere la qualità delle uve a discapito delle alte produzioni.

Uno degli ostacoli che hanno dovuto affrontare fin dagli albori del progetto è stata la protezione della vigna dalla fauna selvatica, presente in maniera massiccia all’interno del territorio del parco delle Alpi Apuane; per contrastare eventuali invasioni di ungulati di varie specie, dai cinghiali ai caprioli, ad oggi è stato più che sufficiente una semplice recinzione elettrificata, a dimostrazione che la convivenza tra agricoltura e animali selvatici può essere possibile anche in un territorio selvaggio e poco antropizzato come questo, se prese le dovute precauzioni.

Avendo piantato il vigneto nel 2013, la prima vera vendemmia era attesa per il 2017. A maggio di quell’anno però si sono dovuti scontrare con un aspetto della loro attività contro il quale nessuna recinzione ha potuto nulla: il gelo fuori stagione. Per tre notti consecutive sono stati accesi fuochi tra i filari per tentare di combattere un’ondata di gelo anomalo che rischiava di minare i frutti di anni di lavoro; per tre notti consecutive hanno combattuto con tutte le loro forze per andare in soccorso delle stesse piante che erano state spronate a cercare la sopravvivenza idrica, ma che certamente non avrebbero avuto la possibilità di portare a maturazione i propri frutti in quelle condizioni eccezionali. I danni, grazie alla dedizione e alla cura dei vignaioli e di amici, sono stati limitati, ma il raccolto ne ha pesantemente risentito, facendo slittare di un anno la festa per il primo raccolto.

Come spesso accade a chi vive il mondo dell’agricoltura, la reazione provocata da un inciampo del genere è stata ostinata e contraria; nel 2018 infatti due eventi in particolare hanno scritto la storia di questa giovane e coraggiosa attività: l’acquisto di nuovi terreni e la prima vendemmia. Capitata un’occasione per rilevare dei terreni a Gallicano, non lontano da Castelnuovo Garfagnana, l’energia si è subito riversata in un nuovo capitolo della avventura. Si è trattato infatti di una ristrutturazione aziendale in piena regola: nelle nuove terre, accanto a una vigna storica di circa duemila piante e seicento piante di olivo, verrà spostata la produzione di frutta di antiche varietà e di piccoli frutti. Nel podere de La Foce, con lo spazio ricavato dal trasferimento di questa parte del progetto, i nostri hanno deciso di puntare ancora più forte sul loro progetto-riesling, andando ad ampliare il vigneto di altre 1000 piante. In questo modo sfrutteranno a pieno la composizione sub-acida dei nuovi terreni per coltivare la frutta, che continuerà a dare vita a tutte le loro preparazioni, mentre al contempo infoltiranno il loro primo vero amore.

Ma veniamo al vero must to write riguardo al 2018: la vendemmia. La festa c’è stata il 17 di ottobre, giorno in cui i frutti di quattro anni di lavoro hanno preso forma, riempiendo 38 cassette. La parte terrosa su cui dimora la vigna ha portato la fetta più copiosa del raccolto, arrivando a far maturare oltre un chilogrammo di uva per pianta. L’uva era sana e matura come si aspettavano Andrea, Gianluca e Marco, grazie ad un lavoro attento svolto in vigna nei mesi precedenti. Le piante, spinte all’adattamento, hanno germogliato molto tardi, intorno ai primi giorni di maggio, per non incappare nei possibili ultimi freddi primaverili, esplodendo poi con la vegetazione ad inizio giugno.

Tutti i grappoli sono stati diraspati a mano, con lavoro premuroso e paziente di comunità. I cinque quintali di uve hanno riposato poi una notte in vasca prima di essere passati in pressa il giorno successivo. Queste operazioni sono state svolte nelle cantine della Fattoria Sardi Giustiniani, dove ora riposano i vini, in attesa di essere imbottigliati e di essere poi destinati al consumo, sia al rifugio di Careggine sia alla vendita, per tutti coloro che sappiano leggere in queste bottiglie non solo un prodotto curato, ma anche un progetto coraggioso di riqualifica di un territorio meraviglioso, naturale e selvaggio.

 

 

 

Marco Rossetti

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