Checchino dal 1887 a Roma: quando la storia si reinventa

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Per i romani è uno dei punti fermi della ristorazione storica capitolina. D’altronde se nel cuore del quartiere Testaccio, uno dei luoghi della romanità più genuina, resiste dal 1887 un motivo ci sarà! Ecco perché Checchino è un nome che, per chi “bazzica” la capitale, non ha bisogno di tante presentazioni. Da un posto così ti aspetteresti piatti della tradizione, una cucina verace e senza fronzoli, che bada al sodo rispettando in maniera rigorosa gli ingredienti e le preparazioni. E infatti tutto questo c’è. Poi, un paio d’anni fa, l’apertura di un cocktail bar, che mi ha fatto pensare:”Pure da Checchino ‘sta moda?

Ecco allora che ho accolto l’invito del buon Carlo Dutto, frontman delle relazioni pubbliche di molti dei più interessanti e qualitativi appuntamenti “alcolici” della capitale, con molta curiosità…

Cocktail abbinati alla cucina romana? andiamo un po’ a vedere… Scopro così che il cocktail bar CH 1887 non ha snaturato per nulla il fascino un po’ retrò del luogo: i tavoli e gli arredi sono sempre quelli, i gesti antichi di un servizio attento e cortese pure; il bancone aggiunto è pensato per completare l’offerta del ristorante al piano di sotto, ma anche per funzionare in maniera indipendente, per chi vuole gustarsi solo un aperitivo.

A miscelare – sia la creatività delle proposte culturali che i liquidi veri e propri – c’è Simone, “oste” di sesta generazione, che con questo progetto ha voluto aggiungere il proprio tassello ad una bella storia familiare. Personaggio singolare, anche nel look: artista vero (è un fumettista assai quotato), ha portato una ventata creativa ma anche molto pratica.

L’idea di base è quella di un “museo liquido”. La carta dei cocktail è una piantina divisa in tre sezioni. La stabile, con i classici, eseguiti secondo le ricette originali o con intelligenti rivisitazioni, e alcuni signature cocktail; la semipermanente, dedicata al mito e alla storia del dry martini (james Bond, Umberto Eco, etc “martiniani” famosi e poi declinazioni varie con tutti i white spirits); la terza è una temporanea che dura un anno, per il 2019 dedicata al Negroni, di cui ricorre il centenario dalla creazione, con 21 varianti di quello che è probabilmente il cocktail-aperitivo per eccellenza.

Passando al racconto della serata, il gioco era quello di provare ad abbinare cocktail ispirati alla cucina romana a piatti che fanno parte del repertorio classico della cucina di Checchino. Alcune combinazioni mi hanno sorpreso, altre erano un po’ più “forzate”, ma nel complesso è stata un’esperienza molto piacevole, soprattutto perché arricchita dalla passione trasudante di Simone e di suo zio Francesco Mariani, che tra spiegazioni, racconti e aneddoti storici, mi hanno trasferito la storia e la filosofia di un luogo che ha saputo rimanere autentico.

Questi i piatti e i cocktail (mi scuserà Simone se posso aver trascurato qualche ingrediente…).

Aperitivo dei cocci (che vuole ambire al ruolo di cocktail di Roma): è a base vinosa, da una macerazione di radici ed erbe mediterranee, spezie e un po’ di zucchero, prendendo ispirazione dal gin Mare ed estremizzandolo verso la parte amaricante; poi si aggiunge un po’ di tonica e il cocktail è fatto. Abbinamento con Testina di vitello in Cassetta.

Il Cardinale, il “Negroni Romano”, rivisitato: base gin, Martini bitter riserva speciale al posto del Campari classico, una macerazione di mela, angelica e passiflora a posto del vermuth…e spruzzata di incenso che ci sta tutta. Abbinato al Carciofo alla Romana.

Angel Face stravolto all’italiana con base grappa 50%, distillato di pere williams e, per riprendere la parte aromatica del gin, l’amaro Quintessenza (tutti di Nonino). Abbinato alla classica Pasta alla Gricia.

Bloody Vaccinara, un Bloody Mary con sugo di coda alla vaccinara! qui c’è tutta l’essenza di Checchino 1887, visto che a uno loro antenata, la Sora Ferminia, si deve l’invenzione di questo storico piatto romano. Vodka, salsa di pomodoro alla vaccinara (il sugo viene filtrato per eliminare i residui di carne, ciò che resta viene steso ed essiccato per fare delle coppiette, usate per la parte crisp), lime e bitter. Abbinato al piatto omonimo che ovviamente è stato …magistrale! (impossibile non fare la scarpetta col pane!)

Tiramisù Negroni: liquore al caffè fatto in casa a fare da fondo al bicchiere, poi uno strato centrale di Negroni fatto con rum Botran 15 anni del Guatemala, infine un top di spuma con chiara d’uovo, sciroppo di nocciole tostate e liquore al cacao. Sul bicchiere polvere di cacao e sale. Due drink in uno perché parte dolce e finisce amaro col caffè. Abbinato a ciambelline al vino spettacolari!

(Credits: l’immagine in evidenza è tratta dal sito repubblica.it)

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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