I vini del mese e le libere parole. Marzo 2019 (ma anche un po’ febbraio)

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Dopo una pausa forzatamente prolungata dovuta agli impegni di Terre di Toscana, proviamo a riprendere il bandolo del discorso e delle libere parole. Soprattutto, riprendiamo il discorso con le liquide libagioni, che qualche suggestione nel merito la regalano sempre.

Non so spiegarvi bene il perché, ma il filo rosso che unisce tutti questi vini voglio illudermi sia la purezza, che insieme alla autorialità è in grado di fargli assumere oggi la dimensione di qualcosa che non scordi, e che altri non è se non la felice circostanza di sapere di se stessi, semplicemente sapere di se stessi.


Trebbiano VD 2016 – Monteraponi

Inutile girarci attorno, tanta l’evidenza. E tanto il coraggio, oserei dire. Quello di cui si è fatto carico Michele Braganti, produttore purista in quel di Radda in Chianti, nello scommettere su un bianco che di nome faccia, semplicemente, Trebbiano. E di scommetterci con la determinazione (l’illusione?) di ottenerne un vino “contemporaneo”, distintivo e ambizioso al tempo stesso.

Di questo 2016 ne ho apprezzato la profondità, l’espansione, la lunghezza, lo spessore tattile, il sapore non omologato che si intride e non ti lascia, e quel muoversi disinvolto fra reminiscenze bucciose e pieghe fintamente ossidative senza disperdere affatto la direzione, soprattutto in termini di chiarezza espositiva.

Assaggiato alla cieca, l’ho apparentato ad un grande vino di Calce, Roussillon, pensa te! Un vino di bocca, autorevole & autorale, che lascia stupiti per la qualità dei rimandi e per il sottotraccia sapido-minerale che ne allunga la trama nella persistenza; un vino come una elegia, o un tributo affettuoso, che porta in sé e con sé il barlume dell’originalità.

E se non è “contemporaneità” questa, ditemi voi cos’è!

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Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent 2016 – Cantine Garrone

Se esistesse un archetipo di Nebbiolo dell’Alto Piemonte (ma esiste, poi?) io me lo immaginerei così, come il piccolo grande Prünent 2016 di Matteo e Marco Garrone, giovani vignaioli della Val d’Ossola.

Perché mi parla di leggerezza, di equilibri sottili, di candore, di freschezza viva, lì dove tutto è trasparenza cristallina, a cominciare dal colore, più affine ad un rosato che ad un rosso. Un vino che si alza sulle punte fluttuando in sospensione, attore finalmente protagonista di un mondo ideale in cui le pause arrivano a contare di più delle asserzioni.

Si veste di una fragilità apparente e di una speciale nudità, questo fa, e la sua forza è solo interiore: vibratile, sottesa, sussurrata. E se la parola purezza potesse assumere un senso aldilà degli abusati cliché, qui troverebbe casa e giustificazioni.

 

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Barolo Vigna Rionda Ester Canale Rosso 2014 – Giovanni Rosso

Quando un mesetto fa mi è apparsa alla vista la nuova, bellissima cantina di Davide Rosso nella magia “contundente” dell’Ornato di Serralunga, ho realizzato con assoluta certezza che era passato un po’ di tempo dall’ultima volta. L’ultima volta infatti tutto aveva un altro aspetto, anche perché quel tutto non era lì, ma nella vecchia casa-cantina in “regione” Baudana. L’ultima volta, alla Baudana, rigai la macchina grazie ad una buca malefica sul terreno e ad un varco d’entrata fattosi di colpo troppo stretto anche per una semplice Punto color vinaccia. Sono certo che il pilastro in cemento di casa Rosso porti ancora i segni del mio passaggio.

Con Davide Rosso, vignaiolo pensante dal fare gigionesco e apparentemente sornione (in realtà grande affabulatore nonché amante della bella vita), ci conosciamo da anni.  Le cose cambiano, questo è certo, e pure la compagine dei suoi vini presenta delle novità. E non mi riferisco soltanto ai vini etnei (sì, avete letto bene, vini etnei!) quanto alla assordante discesa in campo di un Vigna Rionda ricavato dalla mitica parcella 251 P del foglio mappale 8 appartenuta ad Ester Canale, la cui nomea nel frattempo ha assunto le fattezze di una reliquia religiosa portata in ostensione in mezzo a una folla di fedeli adoranti.

Ora, a Davide piace parlare, discutere, analizzare. A Davide piacciono le parole. Ecco, in compagnia del suo Barolo Vigna Rionda Ester Canale Rosso 2014 non occorrono parole, casomai silenzi. Potrei raccontarvi della sua bellezza aurea, dello spessore gustativo profondissimo ed elegantissimo, della razza innata e della carnosità del tratto, eppure resto convinto che il silenzio, di fronte alla solennità di un vino così, scavi più a fondo di ogni possibile parola.

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Brunello di Montalcino Riserva 2012 – Sassetti Livio Pertimali

Sono dovuto tornare nella conca dei Pertimali, da una cantina fra le più riservate dell’ormai imponente contesto produttivo montalcinese, per scoprire l’enorme valenza che è in grado di assumere un Brunello quando trasudi letteralmente autenticità.

Qui lo fa con garbo e savoir-faire, conservando una integrità di frutto prevegole e una altrettanto pregevole naturalezza espressiva. In lui una filigrana tattile di eleganza sopraffina, da apparentarsi soltanto ai vini che non scordi. Ed è così che questo Riserva 2012 si staglia perentoriamente nell’ambito dei migliori di sempre. La sua purezza, la sua disinvoltura e quel finale irradiante e soffice come una nuvola mi ricordano certi grandi Brunello di Gianfranco Soldera.

Di questo vino l’artefice è Lorenzo Sassetti, figlio di Livio, quel Livio che oltre ad essere stato uno dei produttori che hanno fondato il Consorzio oltre 50 anni fa, è stato un valente “innestino” e un poeta-contadino, pratica quest’ultima nella quale ancora eccelle e si diletta. Dall’alto delle sue ottantasette primavere, ha voluto omaggiarmi con una poesia in rima dedicata all’anno nuovo, dattiloscritta con perizia e firmata a mano (non prima di avermela sciorinata tutta a memoria!).

Fra le altre cose, il poemetto recita : “2019 a te noi ci affidiamo, tiraci fuori da questa brutta situazione, dacci un anno normale che ognuno di noi si possa accontentare”. Nel suo afflato umile e speranzoso però, l’autore non ha forse tenuto conto che nel 2019 avrebbe visto la luce il suo Brunello Riserva 2012: dimentichiamoci, quindi, che sarà un anno normale!

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Chianti Classico Riserva 1979 – Riecine

Sia pur figlio di un’era geologica fa, dell’ingenuità e delle botti incerte, a quarant’anni suonati te la conta lui la Storia!

E io sono ancora là, assieme a mio padre, in una delle nostre innumerevoli domeniche chiantigiane, trainati a forza da una 127 rossa nella ripidezza polverosa di Riecine.

Era già tutto previsto.

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Nella prima immagine: ” Autoritratto a Weimar” ( o “autoritratto con bottiglia di vino”) –  Edvard Munch

FERNANDO PARDINI

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