

Nell’estremo lembo meridionale del Chianti Classico che prelude a Montalcino, all’Orcia e alle Crete Senesi, è nata da poco una realtà che sta crescendo rapidamente, si chiama Vallepicciola e ha la fortuna “preliminare” di abitare un territorio come quello di Castelnuovo Berardenga, in grado di produrre vini caldi e solari, e che non a caso ha espresso intepreti straordinari del vino toscano, quali ad esempio Castell’in Villa o Fèlsina.
Le spalle su cui poggia sono quelle di Bruno Bolfo (aiutato dalla sorella Giuseppina), una di quelle persone che non amano particolarmente la ribalta anche perché, essendo passate con lo stesso successo dall’industria alla ricettività a cinque stelle e alla viticoltura di qualità, più che stare sul palcoscenico preferiscono concentrarsi sull’impresa successiva facendosi, nel suo caso, migliaia di chilometri per andare in Puglia a curare una imponente coltivazione di melograni per bevande detox.
Tutto iniziò con pochi ettari, ai quali se ne aggiunsero 87 nel 2008, frutto di una provvidenziale vendita da parte di un confinante canadese, sui due terzi dei quali erano coltivati vitigni internazionali. Così, ad oggi siamo a 95 ettari con altri 10-15 ancora da piantare per arrivare a 110 circa, per un totale di bottiglie che dalle attuali 350mila potranno arrivare potenzialmente alle 600mila.
Se a tutto questo aggiungiamo una cantina ancora in fase di completamento di 6000 metri quadrati ispirata all’architettura di Frank Lloyd Wright, ci rendiamo conto che abbiamo di fronte una realtà importante per tutto il Chianti Classico e che vuole anche diventare un polo di attrazione per il territorio, grazie anche ad eventi che ne coinvolgano la gente come “Vallepicciola in Festa”.
La grande varietà delle uve coltivate (oltre al sangiovese vi sono cabernet sauvignon e franc, merlot, petit verdot, pinot nero) e dei terreni che vanno dalle argille alle marne fino al tufo e alle arenarie, richiedono un lavoro complesso in cantina, e questo spiega le 22 vinificazioni diverse che in genere vengono effettuate. Il giro fra le vigne rivela paesaggi ampii e aperti, dove talvolta si intravedono lontane le chiese di Siena. Chi ci guida è Francesco Beni, che è arrivato dalla vicina Poggio Bonelli e conosce quindi molto bene il territorio. È lui che ha portato avanti il programma dei nuovi impianti a “botte” di dieci ettari all’anno, scegliendo per il sangiovese vecchi cloni selezionati nella zona di Castell’in villa, e che proprio quest’autunno ha visto abbattersi una grandinata che ha danneggiato il legno delle barbatelle. Risultato? Tutto da spiantare e da rifare. Qui non è bandita la meccanizzazione, e si sfrutta il GPS per raccogliere a seconda della maturazione in modo quasi puntuale.
I risultati in bottiglia sono meticolosamente curati da quel grande enologo/confezionatore che è Riccardo Cotarella. Si sa: guai a parlargli di difetti che intrigano, di imprecisioni che arricchiscono, di sgrammaticature che infondono carattere. L’impeccabilità in un vino, unita ad una immediata leggibilità, sono per lui innanzitutto una forma di rispetto per chi lo compra, e il vino va venduto.
E così, tutta la sua filosofia si squaderna immediatamente parlando del Lugherino come di un rosato dalla concezione moderna, non fatto “a occhio” ma “frutto di un progetto” che parte da una raccolta anticipata delle uve e che in cantina segue pratiche volte a raggiungere, ad esempio, il “punto di colore” desiderato come indice di una precisa scelta stilistica. Semmai è l’uva a sorprendere, visto che si tratta del pinot nero, ma comprensibile visto il fascino che questa uva riesce a trasmettere. E così, nel bicchiere troviamo un colore porpora scarico, e avvertiamo al naso una frutta rossa levigata che va dal ribes al lampone, ribadita in una beva fresca che si distende chiudendo ampia.
Parlando di pinot nero, il Boscobruno 2016 ha colore tenue e bouquet giocato su note floreali e lieve ciliegia, ma soprattutto ha dalla sua una grande ampiezza fin dall’ingresso in bocca. Il Chianti Classico 2016 (fermentazione malolattica in barrique, poi legno grande e bottiglia), ad un olfatto caratterizzato da un frutto pieno ed esplicito dominato dall’amarena matura, fa da contraltare una beva vibrante ed energica che lo connota come un vino piuttosto caratteriale, di buona freschezza, ancora in cerca di equilibrio e che chiude nervoso.
Il Chianti Classico Riserva 2016, sangiovese in purezza, ha un colore più carico e un bouquet spostato sulla prugna, con sfumati riflessi del rovere in una bocca giocata fra morbidezza e discreta spinta acida. Più disteso il finale. Il Chianti Classico Gran Selezione Lapina 2016, ancora sangiovese, ha colore ancor più carico e note olfattive di nuovo spostate sulla frutta nera; è compatto ma sa essere fresco, con un piacevole rilancio aromatico nel finale
Passando alle vinificazioni in purezza di vitigni internazionali, Pievasciata 2016, blend di cabernet sauvignon, franc, merlot e sangiovese, possiede un naso ricco di sensazioni balsamiche e tanto frutto esplicito in una beva vellutata e godibile. E se manca un po’ di dinamica, arriva in aiuto una bella energia nel finale.
Più profondo all’olfatto il Quercegrosse Merlot 2016, che al palato sconta ancora il protagonismo del rovere, sfoggia vibrazioni finissime che spingono a un finale privo di ridondanze dolci. Infine Mordese 2016, un Cabernet franc dalle sensazioni olfattive di frutta rossa e toffee alla menta, che si allarga leggero e spedito in bocca.
Vallepicciola
SP 9 di Pievasciata 21, Loc. Pievasciata, – Castelnuovo Berardenga (SI)
Tel. 0577 169 8718
www.vallepicciola.com
Nella prima immagine, Bruno Bolfo e Riccardo Cotarella; nell’ultima, un momento di “Vallepicciola in Festa”