L’osservazione ha una sua disciplina. Corte Pavone e i cru “dinamici” di Brunello

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Il progetto ha avuto la sua “brava” gestazione ed è partito da lontano, prendendo a fondamento uno dei princìpi cardine della agricoltura biodinamica: l’osservazione. Parlare di Loacker, infatti, non significa qui parlare di biscotti, ma di una delle esperienze-pilota della viticoltura biodinamica in Italia, una storia iniziata 40 anni fa nella tenuta Schwarhof di Bolzano e proseguita poi nelle cantine fondate in Toscana: a Montalcino (Corte Pavone) e in Maremma (Valdifalco), oggi enologicamente dirette da Hayo Loacker.

E proprio a Corte Pavone, splendido avamposto d’alta collina situato nel versante occidentale dello scacchiere vitato ilcinese, da una decina d’anni a questa parte ha preso piede un’osservazione del tutto particolare. L’idea fondante è stata quella di definire microzone potenzialmente distintive alla maniera della Borgogna, ma con un dettaglio in più, e per quel dettaglio in più, oltre alle idealità e alla natura, è venuta in soccorso la tecnologia.

Per decretare una selezione di vigna non ci si è basati soltanto sulla individuazione della parcella in ragione della esposizione, della giacitura e dei suoli (situazioni pedo e microclimatiche che qui a Corte Pavone presentano peraltro diverse specificità), quanto sulla vigoria delle piante.

Lo studio si è avvalso di sofisticati sensori a infrarossi i quali, attraverso il rilievo dello spessore fogliare effettuato in diverse fasi dell’attività vegetativa, sono in grado di ricavare parametri attinenti la vigoria della pianta e quindi il suo grado di sviluppo vegeto-produttivo. E questo pianta per pianta all’interno di un singolo vigneto!

Cosicché da un lato, grazie all’ausilio di applicativi software per palmari e smartphone, gli addetti possono e potranno vendemmiare procedendo per classi di vigoria, andando cioè a raccogliere -per ogni cru- le uve maggiormente “in equilibrio”, rientranti cioè nella medesima classe di vigoria, e direzionando ad altro uso le uve con minore o maggiore vigoria rispetto al normale.

Ma non solo, questo approccio offre la stura per effettuare interventi mirati di natura preventiva per quanto riguarda i trattamenti e gli interventi di potatura (a verde o a secco) tesi a riequilibrare lo sviluppo delle piante, andando a costituire così un supporto metodologico per concretizzare una viticoltura di precisione basata sull’osservazione.

Siccome poi, in dipendenza degli andamenti stagionali, la mappatura dei vigneti potrà condurre a risultati più o meno differenti anno dopo anno, ecco che i cru di Brunello diventano dei cru “dinamici”, provenienti cioé da una stessa parcella ma non sempre dalle stesse piante.

Tutto questo ambaradan ha portato a definire 7 aree all’interno del parco vigneti di Corte Pavone, per corrispondenti 7 cru di Brunello “dinamici” da affiancarsi al Brunello “base”. Troppi? Chissà: il tempo, l’evoluzione e la capacità di ben differenziarsi l’uno dall’altro ci forniranno la risposta definitiva.

Nel frattempo siamo stati resi partecipi dei risultati ottenuti fin qui. A partire dall’annata 2013 (un solo cru), un numero crescente di selezioni ha preso vita nelle vendemmie a venire. Tre i cru prodotti nel 2015, cinque nel 2016 e via così. I nomi sono stati ispirati dai luoghi o dai fiori:  ecco quindi Terra di Ginestra, Anemone al Sole, Poggio Molino al Vento, Fior di Meliloto, Fiore del Vento, Campo Marzio, Terra Nuova.

Il racconto dei vini è partito dalla cantina, con l’assaggio delle annate attualmente in fase di maturazione ed affinamento. E se i diversi metodi di affinamento impiegati, anche per quanto riguarda lo stesso cru -si va dalla terracotta al cemento, dalla botte piccola alla grande, dai legni usati a quelli nuovi-, rendono più difficile inquadrare il timbro dominante per ciascuno di essi, aspetto sul quale poi fa leva l’annata in gioco ( la ‘19 e la ‘18 sono apparse decisamente più complete della 2017, tanto per dire), possiamo ben sostenere che qui si parla di sostanza, e non di sovrastrutture.

E la sostanza poggia su un territorio speciale e a suo modo selettivo, disposto in alto, in molti casi sopra i 500 metri di altitudine su terreni prevalentemente calcarei, a volte prepotentemente calcarei. E quindi su una presumibile fisionomia di Brunello “a lenta carburazione”, che abbisognano di tempo per esprimersi con compiutezza, perché il portato di eleganza connaturato a quei luoghi trova il contrappunto di una trama acido-tannica a maglie fitte, ciò che può rendere ai vini una certa austerità e una certa rigidezza nelle prime fasi della parabola evolutiva, a fronte di strutture più profilate che ampie dove la freschezza e la matrice salina sono le doti salienti, aldilà delle singole accentature.

Certamente, se nel pregresso di Corte Pavone la traiettoria stilistica assunta aveva abbracciato un imprinting moderno, in cui l’incidenza del rovere non è stata mai una componente secondaria, oggi questi intendimenti paiono felicemente rimodularsi nel verso di una maggiore attenzione alla voce “spogliata” del territorio (dei territori), più che allo stile di vinificazione.

Ed ecco che il respiro dei vini si distende, e con il respiro la naturalezza espressiva, ciò che si addice a un’enologia che ambisca all’essenzialità del “non interventismo”, in piena coerenza con ciò che nel vigneto Hayo Loacker persegue da sempre, ossia la nudità.

Note conclusive

2019

Terra di Ginestra proviene da una vigna “di terza foglia”. Per lui la prima vendemmia. E’ fragrante, sensuale, l’acidità lo rende elettrico. Semmai più frutto che non profondità.

Anemone al Sole discende da un vigneto esposto a solatìo e da un suolo di matrice calcarea molto sassoso; il suo portamento è nobile, lo sviluppo complesso, il tannino ben stratificato.

Campo Marzio deriva da suoli che vedono l’alternanza di massiccio di Santa Fiora e galestro, con un saldo di argilla. E’ carnoso, masticabile, ricco, di spessore. Sta affinando in anfora di terracotta.

Poggio Molino al Vento sta maturando in cemento ovoidale e sconta profumi introversi, quasi remissivi, a fronte di uno sviluppo gustativo asciutto, teso, salino.

2018

Fior di Meliloto , da giaciture più fresche e suoli a galestro, rilascia un’impronta fruttata dolce e matura. Di contro c’è un tannino incisivo che tende ad asciugarne il tratto, connotandolo su sentori di liquirizia. Sta affinando in botte grande di rovere di Slavonia.

Fiore del Vento è un vino di classe: fresco, minerale, salino, di grande pulizia e saldezza. Alla fine del salmo, per qualsivoglia annata assaggiata, il cru dall’eleganza più sopraffina.

Poggio Molino al Vento (ora in legno grande) è vino corposo di buona scorta fruttata; semmai poco decifrabile in questa fase, con il legno che incide, e pure il tannino.

Anemone al Sole ( in botte nuova da 700 litri) ricorda il fratello minore: droiture, compostezza, sapidità. Bel viatico!

2017

Fiore del Vento è ricco, vbrante e possiede un bel carattere salato. Acidità un po’ smussata ma è figlia legittima del millesimo.

Poggio Molino al Vento sente un po’ l’evoluzione, la materia non manca, forse un po’ di tono e di vivacità in più non guasterebbero.

2016

Fior di Meliloto ha un’indole aromatica elegante e un grip tannico incisivo.

Campo Marzio è indubbiamente più completo e armonioso: floreale, ampio, salato, contrastato, fresco, con tannini fini ben integrati.

2015

Campo Marzio è ancora ombroso. Materico, di sostanza, ma forse un po’ in debito di articolazione e flessuosità.

Fiore del Vento è disteso e composto, di buon equilibrio e garbo espositivo. Bella la dolcezza del frutto e bello il registro balsamico dei suoi profumi.

2014

Poggio Molino al Vento presenta una piega aromatica leggermente terrosa su un commento di erbe. Non è finissimo ma è espressivo, affilato, reattivo, non troppo espansivo semmai. Certo l’annata si sente.

2013

Fiore del Vento è intenso e mentolato, succoso e fresco. Solo la maglia tannica appare un po’ rigida, tanto da frenarne l’allungo donando al carattere un pizzico di alterigia.

La foto di copertina è di Friedericke Hegner

 

 

 

FERNANDO PARDINI

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