Ultim’ora: il vino borgognone non si fa più in Borgogna

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Il vino di Borgogna si produce in Borgogna”. Cos’è, una variante delle sentenze di monsieur de La Palice o – in un contesto culturale più casareccio – del vecchio Catalano di arboriana memoria?
No, è una verità ovvia che rischia di essere demolita per via burocratica. L’INAO, Institut national de l’origine et de la qualité, ovvero l’istituto che si occupa delle denominazioni d’origine transalpine, sta progettando una vera rivoluzione nella nomenclatura del vignoble borgognone. Una rivoluzione che prevede l’annessione di parte del Beaujolais a sud e l’incredibile esclusione dell’area di Chablis a nord. Con la contestuale perdita al diritto delicatissimo di usare in etichetta la dizione “Bourgogne” per centinaia di vignaioli.

Un vero terremoto. Ora, personalmente ho sempre aborrito le kafkiane norme di legge nel vino. Fino a oggi pensavo che i disciplinari italioti fossero all’avanguardia mondiale quanto a bizzarria, autolesionismo, piccola criminalità di strada. Devo invece prendere atto che i francesi ci tengono a competere con noi anche su questo piano. D’altra parte, non sono forse i conterranei di Chauvin che dicono francese Leonardo, che spostano nottetempo la linea di confine sulla vetta del Monte Bianco, che chiedono ai turisti della nostra penisola: “ah, ma anche in Italia fate vino?

E dunque via libera anche in terra gallica al “tafazzismo”. Come afferma senza peli sulla lingua Bruno Verret – produttore e presidente del Syndicat des bourgognes – in un lungo articolo di Le Point:

La situation est aberrante, toute la zone du Châtillonnais est concernée (nord de la Côte-d’Or aux limites de l’Aube et de la région Champagne), tout le Chablisien et le vignoble de Dijon capitale de la Bourgogne. À Dyé, dans le Tonnerrois (Yonne), un jeune vigneron avait étudié pour reprendre à la suite de son grand-père, il avait replanté 1,30 hectare sur les terres familiales, un beau terroir en zone argilo-calcaire, et il voulait en replanter autant cette année… Il ne peut plus, il a payé des droits de succession, il était fier, son projet est foutu.”

“La situazione è aberrante, tutta la zona del Châtillonnais (nord della Côte d’Or, ai confini dell’Aube e della regione della Champagne) è interessata, tutta l’area di Chablis e tutto il vigneto di Digione, la capitale della Borgogna. A Dyé, nel Tonnerrois (Yonne), un giovane vignaiolo ha studiato per proseguire l’attività del nonno, ha ripiantato 1,3 ettari sui terreni di famiglia, un bel terroir su suolo argillo-calcareo, e ne voleva ripiantare altrettanto quest’anno… Non può più farlo; ha pagato dei diritti di successione, era fiero, ora il suo progetto è fottuto.”

La faccenda infatti non è ovviamente soltanto formale e nominale, ma tocca pesantemente i portafogli:

Sur 4 500 producteurs dans l’ensemble de la région, plus de la moitié (2 500) vit exclusivement du bourgogne régional. Si le marché s’effondre pour cause de surproduction, ce sera dramatique

Su 4.500 produttori nell’insieme della regione, più della metà (2.500) vivono esclusivamente con la vendita del Bourgogne régional. Se il mercato affonda a causa di una sovrapproduzione, sarà drammatico”.

Da anni tengo in modo particolare a tutelare la mia ignoranza in materia legislativa/normativa vinosa. Faccio un punto d’onore di non approfondire il labirinto di prescrizioni, cavilli, regole, divieti dei disciplinari nostrani. Mi sembra un mondo alieno, e non mi piace mettere una tuta da astronauta per esplorarne la superficie. Di tanto in tanto mi arrivano meteoriti da quel pianeta distante; nei casi più stupefacenti ne do – mio malgrado – notizia.

Fabio Rizzari

Giornalista professionista. Si è dedicato dalla fine degli anni Ottanta ad approfondire i temi della degustazione e della critica enologica professionale. Ha collaborato con Luigi Veronelli Editore, casa specializzata in critica enologica e gastronomica, e dal 1996 ha lavorato, come redattore ed editorialista, presso il Gambero Rosso Editore. È stato collaboratore e redattore per la Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso Editore e Slow Food. È stato per diversi anni curatore dell’Almanacco del Berebene del Gambero Rosso Editore. È stato titolare, in qualità di esperto di vino, di diverse rubriche televisive del canale tematico Gambero Rosso Channel. È stato relatore per l’AIS, Associazione Italiana Sommelier. È stato membro del Grand Jury Européen. Dal 2003 al 2015 è stato curatore, insieme a Ernesto Gentili, della Guida I Vini d’Italia pubblicata dal gruppo editoriale L’Espresso. Del 2015 è il suo libro “Le parole del vino”, pubblicato dalla Giunti, casa editrice per la quale ha firmato anche – insieme ad Armando Castagno e Giampaolo Gravina – “Vini da scoprire” (2017 e 2018). Con gli stessi due colleghi è autore del recente “Vini artigianali italiani”, per i tipi di Paolo Bartolomeo Buongiorno. Scrive per diverse testate specializzate, tra le quali Vitae, il periodico ufficiale dell’AIS.

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Giornalista professionista. Si è dedicato dalla fine degli anni Ottanta ad approfondire i temi della degustazione e della critica enologica professionale. Ha collaborato con Luigi Veronelli Editore, casa specializzata in critica enologica e gastronomica, e dal 1996 ha lavorato, come redattore ed editorialista, presso il Gambero Rosso Editore. È stato collaboratore e redattore per la Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso Editore e Slow Food. È stato per diversi anni curatore dell’Almanacco del Berebene del Gambero Rosso Editore. È stato titolare, in qualità di esperto di vino, di diverse rubriche televisive del canale tematico Gambero Rosso Channel. È stato relatore per l’AIS, Associazione Italiana Sommelier. È stato membro del Grand Jury Européen. Dal 2003 al 2015 è stato curatore, insieme a Ernesto Gentili, della Guida I Vini d’Italia pubblicata dal gruppo editoriale L’Espresso. Del 2015 è il suo libro “Le parole del vino”, pubblicato dalla Giunti, casa editrice per la quale ha firmato anche – insieme ad Armando Castagno e Giampaolo Gravina – “Vini da scoprire” (2017 e 2018). Con gli stessi due colleghi è autore del recente “Vini artigianali italiani”, per i tipi di Paolo Bartolomeo Buongiorno. Scrive per diverse testate specializzate, tra le quali Vitae, il periodico ufficiale dell’AIS.

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