Wien & Wein. Seconda parte

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Salendo sulla cima del torrione dello Stephansdom, la spettacolare cattedrale gotica cittadina dedicata al protomartire cristiano Santo Stefano, dopo aver ammirato il tetto maiolicato composto da ben 250.000 tegole smaltate a formare lo stemma policromo dell’aquila bicefala degli Asburgo, nonché il panorama della città dall’alto, si scorgono all’orizzonte delle colline vitate, scoprendo che Vienna è l’unica capitale europea che produce e imbottiglia vino, ospitando nel suo tessuto urbano diverse cantine.

Così, in pieno controcampo, mi reco sulla collina a nord della città per visitare i vigneti intravisti dalla cima della cattedrale. C’è un panorama perfetto della capitale, che si distende “wide” su un solo piano di ripresa o scatto. Vengo a sapere che su questa collina c’è uno dei più importanti “Grosse Lage”, o cru, del comprensorio, il Nussberg. I terreni, di origine sedimentaria, rimandano al flysch, una formazione di rocce detritiche che compongono un impasto di arenaria, calcare e marna. Tra chi produce vino nel Nussberg c’è la cantina più quotata e importante del territorio, Wieninger, che il caso vuole contenga nel proprio nome quello della città di appartenenza, Wien.

Fritz Wieninger è un affermato produttore con più di una trentina di vendemmie alle spalle (la prima è stata quella del 1987). Parla perfettamente l’inglese, è un affabulatore, ha un atteggiamento molto amichevole e rilassato, dà l’impressione di essere un professionista del vino molto equilibrato e consapevole, con una particolare propensione all’eclettismo: la gamma, dal consistente numero di etichette, spazia con sicurezza tra tipologie autoctone e internazionali, e tra stili “classici” e “biodinamici” senza conflitti o ideologie. Nella nuova cantina, operativa dal 2011 (quella vecchia era la casa colonica di un antico monastero), c’è legno grande e legno piccolo, vasche d’acciaio, anfore e ovetti in cemento. «Siamo biodinamici certificati, abbiamo cominciato con cinque ettari nel 2006 e due anni dopo abbiamo convertito tutto. Ma crediamo molto anche nella tecnologia. Le due cose non si escludono a vicenda. Non sono un dogmatico, voglio solo la qualità, e lavoro per questo. La cerco costantemente, incessantemente, indipendentemente dai principi e dalle scuole».

Fritz è inoltre uno dei fondatori, insieme alle cantine Christ, Edlmoser, Cobenzl, Mayer am Pfarrplatz e Fuhrgassl-Huber, dell’associazione WienWein per la diffusione del vino viennese di qualità e soprattutto è il presidente della Österreichische Traditionsweingüter (ÖTW) di Vienna, che nel 2017 ha portato al riconoscimento di dodici vigne viennesi classificate come “Erste Lage” (modello “premier cru”), tre delle quali gestite dallo stesso Wieninger sulla collina di Nussberg (Preussen, Rosengartel, Ulm), dopo che la Österreichische Traditionsweingüter, ovvero l’Associazione delle cantine tradizionali austriache fondata nel 1992, aveva classificato nel 2010, dopo un lungo lavoro di ricerca, 53 Erste Lage situati nelle regioni di Kamptal, Kremstal, Traisental e Wagram. Nella “Klassifikation 2019” si sono così aggiunti quelli di Vienna e Carnuntum per un totale di 81 Erste Lage. Procedendo da sud-ovest a nord-est, i 12 Erste Lage viennesi sono: Himmel e Sätzen sulla collina di Maurerberg; Schenkenberg, Seidenhaus e Steinberg sulla collina di Grinzing; Gollin, Langteufel, Preussen, Rosengartel e Ulm sulla collina di Nussberg; Falkenberg e Wiesthalen sulla collina di Bisamberg. Occupano 18,4 ettari, il 2,9% dell’intera estensione regionale (640 ettari).

La produzione di Wieninger conta su un bacino vitato di 80 ettari sulle due sponde del Danubio. La degustazione principia con il bianco austriaco per eccellenza, il Grüner Veltliner, vitigno robusto e tardivo che trova nel dipartimento di Vienna e in Wachau, nella Bassa Austria o Niederösterreich, le due zone elettive dell’intero stato. Il Grüner Veltliner Nussberg 2018, da vigne differenti all’interno dello stesso Grosse Lage, ha colore paglierino intenso, un naso marino-minerale-calcareo dalle desinenze floreali, un palato succoso, fresco, erbaceo, molto contrastato. «Il grüner veltliner patisce il caldo, perdendo facilmente l’acidità», dice Fritz Wieninger. Il Grüner Veltliner Bisamberg Ried Herrnholz 2018, da vigne di quarant’anni, ha colore leggero, una lieve, tipica nota affumicata-metallica, un ritmo tonico e incisivo, un buon allungo di sapore. Il Grüner Veltliner Sievering Ried Kaasgraben 2017, da vigneti in zona residenziale, ha un aspetto brillante, profumi di marca minerale-affumicata tipici del vitigno, un palato pieno, glicerico, un filo rustico, che sono i caratteri e i limiti di questa varietà. La parola “Ried” riportata in etichetta indica un singolo vigneto (che però non è sempre Erste Lage).

La specialità enologica viennese è il Gemischter Satz (letteralmente “piantagione mista”), ovvero un bianco prodotto con diversi vitigni piantati nello stesso vigneto e vendemmiati nello stesso periodo, metodo originariamente adottato per evitare di perdere il raccolto dell’uva. Nel Gemischter Satz possono concorrere fino a un massimo di 25 diversi vitigni, con quota massima del 50% e minima del 15% per ogni singola varietà. Le principali uve utilizzate sono il grüner veltliner, il riesling, il weissburgunder (pinot bianco), lo chardonnay, il welschriesling (riesling italico), il sauvignon. «Fino a una trentina di anni fa il Gemischter Satz non era visto molto bene», continua Fritz. «Era considerato un vino di bassa qualità, fatto con i “resti”, un vino da tavola. È invece una simbiosi tra diversi caratteri varietali, nessuno dei quali dominante. Le uve possono avere diversi gradi di maturazione, ma non vengono mai vendemmiate immature. Noi produciamo due tipologie: il “cru”, indicato sull’etichetta, con una percentuale maggiore di pinot bianco e minore di sauvignon, che tende a prevaricare, e un “classico” con più sauvignon e riesling italico, e un massimo di 12,5 alcoli svolti».

Il Wiener Gemischter Satz Bisamberg 2018, proveniente dalla collina più orientale di Vienna, al di là del Danubio, esprime note un po’ verdeggianti, ha buon succo e indubbia freschezza, mentre nel finale è più rigido e tagliente. Decisamente più espressivo il Wiener Gemischter Satz Nussberg Ried Ulm 2017, che non a caso è un Erste Lage. La parola Ulm, o Olm come viene citato in un antico documento del 1348, indica un toponimo che fin dal Medioevo era noto come un’area dai suoli calcarei. La vigna, che ricade nella parte bassa del Nussberg e quasi si affaccia sulla città, si estende per 3,6 ettari su una terrazza di origine marina composta da arenarie. L’altitudine è compresa tra i 204 e i 250 metri con esposizione sud/sud-ovest. Il vino ha una spiccata componente fresco-erbaceo al naso con dote sottocutanea di carattere minerale. Al palato ha buon succo, nerbo acido, sentori sapidi e un allungo quasi salato, che, unitamente ai toni speziato-affumicati, rimane una delle caratteristiche tipiche di questo bianco e del suo vitigno principe, il grüner veltliner. «L’Ulm è la vigna che mi ha aperto gli occhi per la produzione del Gemischter Satz».

Sempre sul Nussberg, Wieninger produce, accanto a un “base” di bella asciuttezza, due Erste Lage di Riesling: il Preussen e il Rosengartel. Il primo deve il nome al suo antico proprietario, Heinrich Preussel, che nel XIII secolo possedeva questo fondo già rinomato al tempo per il suo pregio. L’esposizione è a sud, la pendenza inclinata di 12 gradi, con conseguente altitudine che varia da 210 a 325 metri, il terreno un misto di roccia calcarea e arenarie con sedimenti marini e una buona presenza di quarzi. Dalla propria parcella, Wieninger trae un vino regale, il Riesling Nussberg Ried Preussen 2017: colore paglierino intenso e brillante, naso dagli accenni idrocarburici, palato succoso, teso, una bella lama di sapore, agrumato e piccante, molto minerale, quasi scaglioso, di notevole allungo. Il secondo cru, Rosengartel, non molto distante dal Preussen ma di minor estensione, conosciuto come “il filetto” del Nussberg e celebre già durante l’Impero austro-ungarico, è citato per la prima volta come cru in un documento del 21 ottobre 1365 con il nome di “Rosengertl”. Anche qui il terreno conosce stratificazioni calcareo-sabbiose prodotte da erosioni di sedimenti marini, con inclusioni di limo e quarzo. Proveniente da una vigna di 60 anni presa in affitto (la prima annata prodotta è stata il 2006), il Riesling Nussberg Ried Rosengartel 2017 sfoggia un colore paglierino intenso e brillante, una prima, sottile formazione idrocarburica al naso, un palato pieno di succo, teso, asciutto, secco, laminato, pieno di agrumi e metallo nobile, ancora embrionale ma con allungo prepotentemente sapido.

La produzione di Fritz Wieninger è nota anche per le sue etichette internazionali, interpretate in modo impeccabile. Lo Chardonnay Grand Select 2017, giocato su desinenze borgognone, è un bianco pieno, elegantemente burroso, modulato, lungo. Analogamente il Pinot Noir Select 2017 avvince per i toni di frutti di bosco, il legno fragrante e integrato, il succo dell’amarena in confettura, i toni speziati “quanto basta”. Di più, il Pinot Noir Grand Select 2016, il vino più costoso dell’azienda insieme al suo omologo Chardonnay, ha belle trasparenze cromatiche, un olfatto tra Borgogna e Ahr nel segno di un’espressione compiuta e varietale, bel tratto succoso, gran frutto di bosco (lampone, lampone, ancora lampone), legno perfetto, profilo tonico, pepato, persistente. «Il Pinot Nero è una grande sfida. Questa selezione arriva dalla vigna del nonno, che non ho mai conosciuto: è morto quando avevo un anno».

Un’altra squisitezza è il St. Laurent Grand Select 2015, dal vitigno saint laurent, assai diffuso in Bassa Austria, che vanta diverse affinità tipologiche e organolettiche con il pinot nero e forse anche un grado di parentela genetica. In ogni caso, questa varietà precoce che ben si sposa con il rovere e di cui Fritz Wieninger si è innamorato nell’ultimo decennio, si traduce qui in un rosso che sprizza succosità fruttata (amarena, frutti di bosco), toni sanguigni e speziati che lo avvicinano più a un syrah anziché a un pinot nero, legno impeccabile, finale pepato. Di qualità anche il Wiener Trilogie 2016, uvaggio semibordolese (60% zweigelt, 20% merlot, 20% cabernet sauvignon) che fa malolattica in acciaio e maturazione in legno, con un anno di bottiglia prima di uscire dalla cantina. Ha qualità fruttata, carattere bordolese, confezione impeccabile.

Con il marchio Hajszan Neumann, rilevato nel 2014 (la cantina è nella zona di Grinzing), Wieninger, su ispirazione di Stefan Hajszan, apre la sua produzione alle vinificazioni “bio” e “naturali”. Nascono così: il Natural Gemischter Satz 2017, con uve provenienti da due vigneti, Ried Ulm e Ried Weisleiten, e cinque mesi di macerazione, per un bianco dal colore paglierino velato che sprigiona un agrume arioso e brillante (freschezze di cedro e pompelmo), un palato polposo e maturo, ben delineato nello sviluppo, di bel sapore e acidità, appena tannico nel finale di bocca («Amo i tannini anche nei bianchi perché danno struttura»); il Natural Traminer 2017, taglio alla pari di gelber traminer e roter traminer con cinque mesi di macerazione sulle bucce: giallo acceso tendente all’arancio, un fiorire di bergamotti e scorze d’arancio, quasi una trasfigurazione del gewürztraminer, che per Wieninger è come «il pepe sull’insalata». Palato di grande polpa e maturità, fiori d’arancio e zagara a gogò, sviluppo tonico e tannico, fitto di scorze di agrume, lungo lungo, con persistenza di mandarino; e il Natural Muskateller 2018, vinificato per una piccola parte in anfora: colore paglierino leggero, profilo spontaneo dove spiccano i profumi degli agrumi e la freschezza dei fiori, invitante e contrastato al palato, dove senti il succo, le bucce, il tessuto, il sapore.

Dulcis in fundo (qui non manca proprio nulla), la Beerenauslese Bisamberg Gemischter Satz 2018, prodotto con uve botritizzate di pinot grigio, pinot bianco, chardonnay, e una concentrazione da Trockenbeerenauslese, dunque all’apice della densità botritica e zuccherina. Elargizioni di muffa nobile, infatti, al naso, tra camomilla e frutta esotica, con palato di squisita dolcezza in un divenire continuo di zafferano, camomilla e frutti esotici. Contrastato, invitante, con persistenza di mango, mango, mango…

Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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