Un viaggio in Wachau. Territorio, interpreti e vini sulle sponde del Danubio/3

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Con le sue antiche mura; con le fascinose rovine romantiche, che la dominano dall’alto, del Burg Dürnstein (XII secolo), il castello dove il duca Leopoldo VI d’Austria tenne prigioniero il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone; con l’ex abbazia agostiniana Stifskirche Mariae Himmelfahrt, fondata nel 1410 e convertita al barocco nel secondo decennio del Settecento (d’impatto è la svettante torre azzurra della chiesa abbaziale), poi secolarizzata nel 1788; con le sue case d’epoca dai tipici sporti della Hauptstrasse, Dürnstein, villaggio di origine medievale sulla riva sinistra del Danubio, è di una bellezza non inferiore a quella di Krems, che pure è Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Dopo aver assorbito nel 1971 il comune di Loiben, ora diviso in Oberloiben e Unterloiben, Dürnstein annovera anche alcuni dei più importanti e celebri Ried di tutta la Wachau, quali Kaiserberg, Kellerberg, Schütt o Loibenberg.

Al numero 57 di Oberloiben giace, seminascosta alla vista e perfettamente inscritta nell’ambiente circostante, l’architettura contemporanea e aerodinamica – tra linee rette e curve, pietre, graniti, cemento e vetrate sulle vigne intorno – della nuova cantina F.X. PICHLER, inaugurata nel 2009 nel Ried Klostersatz (quella vecchia era troppo piccola e troppo vicina al fiume, ogni tanto si allagava). Lucas Pichler, insieme alla moglie Johanna, prosegue con consapevolezza e dedizione l’opera del padre Franz Xaver, che in epoca moderna ha impresso una linea stilistica riconoscibile a un’azienda che vanta una storia secolare: fondata nel 1898 in Oberloiben 27, ha visto il suo primo protagonista trent’anni dopo in Franz Pichler, classe 1906, che ha cominciato a selezionare i propri cloni di grüner veltliner, mentre nel 1971 Franz Xaver (F.X.), nato nel 1941, ha preso in mano le redini della proprietà, conseguendo le prime importanti affermazioni negli anni Ottanta. Lucas, nato nel 1973, affianca il padre nel 1996, guidando direttamente la produzione dal 1999.

Attualmente la proprietà si estende su venti ettari, equamente divisi tra grüner veltliner e riesling, metà dei quali sul piano, 20% ai piedi dei terrazzamenti e il restante 30% sulle terrazze più alte e ripide. La proprietà vitata parte dal Liebenberg di Dürnstein, a est, fino allo Steinertal a ovest, passando per gli epicentri viticoli del Loiben: Kellerberg e Loibenberg. Ogni vino (65% Smaragd, imbottigliato con tappo di sughero, e 35% Federspiel, tappato con lo Stelvin) è la traduzione dell’identità di un terroir in rapporto al vigneto (terreno + microclima) e all’annata.

Il Grüner Veltliner Federspiel Ried Klostersatz 2018, dal suolo alluvionale-ghiaioso e da vigne, originariamente piantate dai monaci (da cui il nome del cru, letteralmente “piantagione del monastero”) che vanno dai venticinque ai sessant’anni d’età, ha colore paglierino leggero, una bella freschezza agrumata, le erbe tipiche del vitigno e un palato ancora in riduzione minerale, molto tonico, adeguatamente incisivo, con note di mela nel finale.

Nel Grüner Veltliner Smaragd Dürnsteiner 2018 confluiscono invece le uve selezionate dalle terrazze più giovani, dai dodici ai quindici anni, che non vengono utilizzate per i cru, e da una parte dei vigneti più pianeggianti. Paglierino verdognolo definito, con brillante quota di freschezza olfattiva (erbe, agrumi freschi) e un palato succoso, glicerico quanto tonico, di buona dinamica gustativa, con note erbacee e zeste di agrumi che tornano in un finale ben delineato.

Il Grüner Veltliner Smaragd Steinertal 2017 proviene dal Ried più orientale della Wachau, tra Loibenberg e Pfaffenberg. Primo vigneto ripido della Wachau provenendo da est, e primo scorcio sulla zona che si apre allo sguardo lungo la disposizione ad anfiteatro del cru, tradisce nell’antico nome di Steingraben (“fosso di pietra”) la propria conformazione di “fossato”, connettendosi, come un ideale pendant, con lo Spitzer Graben all’estremo ovest della regione. La frescura garantita dai boschi che lo delimitano e l’aria fredda che arriva dal Danubio assicurano escursione termica e la lenta maturazione delle uve di queste ampie terrazze.

Il terreno è sabbioso, magro e povero di humus con un substrato geologico composto da Gföhler Gneis, privo di carbonati o elementi calcarei per la progressiva erosione del loess di origine glaciale. Il vino è prodotto con breve macerazione a freddo, fermentazione in acciaio e sei mesi sui propri lieviti. Ha colore paglierino brillante, sentori di erbe, ricordi di nocciola e di pepe, palato polposo, e maturo, di buona modulazione.

Poi arriva il Loibenberg, uno dei Ried più ampi, importanti e celebrati della Wachau, e Lucas Pichler apre la memoria ai ricordi. «Mio nonno Franz è partito con le prime selezioni massali di veltliner nel 1928 e le vigne di proprietà erano meno di due ettari. Mio padre Franz Xaver le ha portate a sette, io a dodici, ora ne abbiamo venti. In famiglia ci chiamiamo tutti Franz, compreso mio figlio. È anche il mio secondo nome: mi chiamo Lucas solo perché sono stato concepito in Italia, forse in Piemonte».

Paglierino brillante alla vista, il Grüner Veltliner Smaragd Ried Loibenberg 2017 ha fragranze di erbe e agrume, e un palato pieno, decisamente ricco, tondeggiante e modulato.

Ancora più corposo e strutturato, fin dalla M (Monumental) del suo nome, è il Grüner Veltliner Smaragd M 2017. Prodotto per la prima volta nel 1991, proviene da uve vendemmiate tardivamente durante l’ultima settimana di ottobre (talvolta anche ai primi di novembre nelle annate più fredde, oggi sempre più rare) dalle terrazze più vecchie del Loibenberg, e da quelle più basse del Liebenberg e del Kollmütz di Wösendorf. Fermentato in botte grande con un anno e mezzo di bâtonnage in tonneau, l’M è un’esaltazione delle caratteristiche più tipiche del Grüner Veltliner sul fronte dell’intensità, sia cromatica (giallo paglierino intenso e brillante), sia olfattiva (erbe, zeste di agrume), sia gustativa (palato di polposa maturità, con sfumature speziate).

Il Burgstall è un piccolo Ried parzialmente terrazzato, rialzato di una trentina di metri rispetto ai vigneti pianeggianti che lo circondano, non lontano dal Danubio nella parte est di Unterloiben. Il nome deriva da una piccola fortificazione costruita nel Medioevo per proteggere il bestiame (Burg, “castello”, e Stall, “stalla”) ed è citato in un documento del 1248. Si presume che il primo insediamento di Loiben, chiamato “Liupna” (da “lieblich”, amabile), si trovasse qui. Il vigneto ha suoli di gneiss e granito con leggero strato sabbioso superficiale.

Il Riesling Federspiel Ried Burgstall 2018 (da uve non diraspate, vinificato in acciaio e imbottigliato a metà febbraio) ha colore paglierino leggero leggero, quasi verdeggiante, una sfiziosa freschezza d’agrume e un palato tonico e piacevole, di acidità agrumata, dritto e lineare, molto continuo. «Non è facile scegliere il periodo giusto per la vendemmia del Federspiel, perché deve avere un minimo di alcol previsto dal disciplinare senza però essere verde».

Più espressivo il Riesling Smaragd Ried Steinertal 2017: paglierino verdognolo brillante, olfatto fresco e ancora embrionale con accenni di menta, palato succoso, tonico, delineato, luminoso, che accelera nel finale con toni acidi incisivi, elemento minerali-agrumati (lime) e un finale sassoso in crescendo di sapore.

Torniamo al Loibenberg. È uno dei vigneti storici (l’antico nome di “lueb_n perig” è rintracciabile in alcuni documenti del 1381) e più ampi (35 ettari) di tutta la Wachau. Le differenze delle altitudini dei terrazzamenti hanno portato alla distinzione di quattro diverse sottozone: Lange Zung, Süssenberg, Rauheneck, Rothenberg. La geologia del suolo è dominata dal Gföhler Gneis, ma non mancano diverse superfici di loess. Il terreno sabbioso e pietroso favorisce il drenaggio dell’acqua e facilita la crescita delle radici. Il terreno si riscalda velocemente, permettendo il germogliamento precoce delle viti in primavera. «È una vigna più calda, più ferrosa, dove esce un carattere più maturo ed esotico. Questo è il tipico Riesling della Wachau, mentre lo Steinertal ha un carattere più tedesco».

Il Riesling Smaragd Ried Loibenberg 2017, da uve raccolte a fine settembre, ha tono cromatico paglierino brillante, un bel naso varietale, sottile, penetrante, con freschezza di agrumi e una prima formazione minerale-metallica che fa capolino. Il palato è succoso di agrumi (mandarino, zesta di pompelmo, e limone a gogò, anzi Zitrone, perché il suono della parola tedesca è ancora più acuto e tagliente), tonico, dritto come un fuso, limpido, lunghissimo, irresistibile.

«Cerco l’eleganza e la purezza, non il grasso o la compiacenza. Non amo i vini secchi botritizzati, il riesling botritico come quello che produceva mio padre, io raccolgo prima. Amo l’acidità. Mio padre ha settantotto anni e lavora ancora in vigna. Ha un carattere diverso dal mio, è più introverso, ama stare per conto suo e basa il suo lavoro su metodi più tradizionali».

Il Ried Kellerberg, uno dei più nobili e apprezzati, prende il nome dal Kellerschlössl di Dürnstein, architettura barocca progettata e costruita da Jacob Prandtauer tra il 1714 e il 1719, uno dei simboli della cittadina. È un nome relativamente recente (risale al 1787), almeno secondo gli standard locali, e comprendeva anche vigneti piccoli, ancora oggi esistenti come Subrieden (letteralmente “sottovigneti”): Wunderburg e Küss den Pfenning. Esposte a est e posizionate sopra il grüner veltliner, sulle terrazze più alte, le vigne di Pichler prendono il sole del mattino, dopodiché vanno in ombra e verso sera godono delle freddi brezze che salgono dal fiume e che favoriscono positive escursioni termiche. Il suolo è composto da Gföhler Gneis e da depositi glaciali ricchi di loess. Sullo strato più superficiale del terreno si trovano sabbie, scisti che facilmente si sbriciolano, anfiboliti.

«Mio padre comprò i due ettari e mezzo del Kellerberg negli anni Sessanta quasi in stato di abbandono: costavano poco perché nessuno li voleva, e con pazienza e fatica ha piantato una terrazza dopo l’altra». Il Riesling Smaragd Ried Kellerberg 2017 ha colore paglierino brillante con riflessi verdognoli e un olfatto di bella purezza: varietale, fresco, longilineo, con fragranze di pesca, agrume e riflessi di frutta esotica. Palato ricco di succo, dove ritornano le sensazioni olfattive (agrume, pesca, toni esotici, soprattutto mango) ma come in levare, di forma trasparente, dall’incedere insinuante e sottile, con un finale così roccioso, e di marcata sapidità, che sembra quasi disegnare una parete di granito. Un Riesling di montagna, più che di collina.

Più potente, anche se meno verticale, il Riesling Smaragd Unendlich 2017. Prodotto per la prima volta nel 1998 («era un mostro di botrite») e solo nelle annate che lo consentono (il 2018, ad esempio, non uscirà per l’esigua quantità raccolta), segue la stessa filosofia del Grüner Veltliner M. «Non è figlio del terroir, ma risponde all’esigenza di misurarsi con la massima qualità possibile dell’uva più matura, cercando di rispondere alla domanda: fin dove possiamo spingerci con la varietà?» (Unendlich significa “infinito”). È un assemblaggio di Riede (50% Kellerberg, 25% Loibenberg, 25% Höhereck, il vigneto che ruota attorno al monumento ai caduti che si vede di fronte all’azienda; talvolta anche lo Steinertal per l’acidità) con una giornata sulle bucce, metà della massa vinificata in acciaio e l’altra metà in legno. Colore paglierino brillante, profumi sottili, eleganti, in fraseggio continuo di sottigliezze e sfumature. Percezione di purezza. Palato molto succoso, di grande ricchezza, e lignaggio: profondo, lungo e articolato, dall’alcol importante, forse un po’ in debito di agilità nel finale.

Chiudiamo con un paio di delizie.

L’ouverture è un Gelber Muskateller Auslese 2018, prodotto da due piccole parcelle nel Loibenberg, 3000 metri di vecchie vigne di sessant’anni. Il moscato giallo, dice Lucas, è una delle varietà più antiche della Wachau. Paglierino brillante, naso di ariosa freschezza varietale, balsamico, invitante. Palato tenero, succoso, morbido, che elargisce note di zenzero e agrumi canditi, con un alcol perfettamente integrato al tessuto esotico-balsamico.

Il primo acuto lo mette a segno il Riesling Loibenberg Beerenauslese 2015 (11 gradi alcolici svolti, 130 grammi di zucchero residuo, 9 grammi di acidità). Nasce aspettando che le uve della parte del Loibenberg riservate all’Unendlich (vigna alta circondata dai boschi) arrivino a un perfetto grado di maturazione. Siamo alla fine di ottobre, ma una settimana di vento caldo fa appassire le uve in pianta senza formazione di botrite. Nasce così questa Beerenauslese dal colore dorato brillante, dal naso di metallo fondente, agrume candito, frutta esotica e lieve zafferano. Palato denso, viscoso, invitante per l’equilibrio tra la dolcezza degli zuccheri e un’acidità elettrica che sferza la frutta esotica (mango, papaya), tonica e turgida, alimentando il contrasto e rilanciando un finale in crescendo aromatico di erbe e trionfo di albicocche, anzi Marillen.

Il fratello maggiore, il Riesling Loibenberg Trockenbeerenauslese 2015, è il trionfo del Süsswein, l’apogeo del grande Riesling in versione dolce, e non solo per i dati analitici: 9,5% di alcol, 300 grammi di zucchero, 11 grammi di acidità. Colore dorato brillante e straordinaria concentrazione olfattiva, di tale purezza che si fa quasi fatica a credere che non ci sia stata formazione di muffa nobile: albicocca ed esplosione tropicali. Bocca di sontuosa, elegiaca densità, una purea di frutta esotica (mango, papaya), invitante e cristallina, attraversata da un’acidità vibrante dal carattere agrumato-citrino che genera brillanti, ferventi contrasti. Il finale è la quintessenza dell’albicocca: matura, candita, in confettura. Un nettare.

Contributi fotografici di Massimo Zanichelli e Britta Nord

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Wachau Seconda parte

Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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