Locanda Mariella: un posto libero dalle parti del cuore

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Scena numero 1. Ecco spuntare una vecchia carta dei vini scritta minuziosamente a mano, su di un quaderno di “bella” come alle elementari. Risale ai tempi in cui ci siamo conosciuti, io e la Mariella. Lì dentro c’era già il suo mondo.

Scena numero 2. Ecco che mi immergo nuovamente, dopo tanto tempo, nelle stanze segrete della sua mastodontica cantina, per me LA cantina. Una rara concessione, un gesto in amicizia. Lì mi ubriaco senza bere, la testa in bambola, i pensieri che corrono all’impazzata e non li fermo più.

Sì, oggi che alla Locanda Mariella tutto cambia, oggi che Guido Cerioni e Mariella Gennari stanno ridisegnando per lei un futuro diverso, un futuro liberato, dove al centro torneranno ad essere il convivio, la condivisione e i rapporti umani, io, di fronte alla testimonianza silente di una smisurata passione, di fronte alla sensibilità illuminata dei protagonisti e alla loro capacità di guardare più in là, anche attraverso i sogni, di fronte alla storia di questo piccolo luogo che sento dentro come se fosse mio, mi sono commosso.

Il fatto è che la Locanda l’ho vissuta in ogni sua fase, da vent’anni a questa parte, ed è un posto di cui faccio sempre fatica a scriverne, succube come sono di coinvolgimento.  Quasi che silenziarne i passaggi porti con sé l’illusione di farmelo sentire più mio, come una cosa cara da serbare per i ricordi migliori, quelli che tuttalpiù puoi condividere con lo zoccolo duro della complicità esistenziale.

Il fatto è che il nuovo corso della Locanda mi ha creato un turbinio di stati d’animo. Sentite qua: da oggi in avanti non più di 10/12 coperti a sera, percorsi gastronomici obbligati da scegliersi preferibilmente al momento della prenotazione e per tutto il tavolo, i soli Guido e Mariella in sala, niente più carte dei vini (immense) da spulciare. Gli ospiti, calati in una dimensione quasi personalizzata, potranno così riscoprire l’intimità di una esperienza conviviale grazie ai valori portanti che dovrebbero alimentarla, senza le derive elitarie e insidiosamente snob consistenti nella deificazione dei cibi e dei vini, i quali restano e resteranno sempre contraltari importanti a sollecitare curiosità e ritorni, ma da ricondursi semmai a supporto di qualcosa di più profondo che abbia a che vedere con la qualità dei rapporti umani, con le relazioni, gli affetti.

Quindi, una presa di distanza dalla formula canonica dell’ospitalità gastronomica, concepita da Guido e Mariella come una esigenza etica, dove il commensale torni ad essere parte attiva e l’oste un contrappunto dialettico, una fonte di riflessioni e di esperienze da condividere, un complice. Sperabilmente, un compagno e un amico.

 

Detto questo, non pensavo proprio che la cucina attuale potesse raggiungere tali livelli di emozionalità. E la sorpresa dei sensi, si sa, i sensi te li scombussola.

Guido, Kuni e la cagnetta Lilly, memoria storica della Locanda

La cucina del giovane Kuni, nippo-parmigiano ormai adottato da Guido e Mariella, è una cucina affettuosa che tradisce un amore incondizionato per l’Italia, un rispetto solenne verso la materia prima e un ascendente certo nella cultura di origine del suo artefice. Te ne accorgi grazie alla sapienza dei tagli – in grado di decidere le sorti di un piatto -, alla millimetrica precisione delle cotture e al sentimento di fondo in cui tutto si rinsalda nell’incantesimo di dettagli sottili.

Il menù, che in calce riporta le fonti da cui provengono le principali materie prime impiegate, si muove su tre proposte di degustazione (mare oltreconfine, terra e tradizione) che intendono ripercorrere le varie vite vissute dalla Locanda: dalla cucina tipica dei luoghi, profondamente terragna, fino agli approdi più autoriali avvenuti con il passaggio degli chef Paco Zanobini prima, Jacopo Malpeli poi.

La sintesi è sorprendente, perché contaminazione ed estetica, se da un lato praticano una cesura rispetto alla ferrea tradizione “ducale-rurale” delle origini, dall’altro vanno ammantandosi di significati nuovi senza stravolgere regole od oltraggiare territori.
E’ una cucina “aperta”, quello sì, sentimentalmente multiculturale, che ispira curiosità, empatia, coinvolgimento.

Sui monti sparsi della Cisa, in un luogo libero conficcatosi dalle parti del cuore, un giapponese mi ha fatto emozionare. Con una melanzana, una seppia, un gambero e un agnello.

Locanda Mariella – loc. Fragnolo di Calestano (PR) – tel. 0525 52102

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FERNANDO PARDINI

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