Corrispondenze

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C’è il fascino misterioso e vagamente liturgico insito in un nome, Monastero dei Frati Bianchi, ciò che a istinto non assoceresti ad una azienda agricola; c’è l’assoluto disallineamento dalle traiettorie geografiche classiche del vino d’autore toscano, che non hanno toccato mai Equi Terme, nella profondissima e appartata Lunigiana di sponda massese, quella che guarda alle montagne invece che al mare.
E c’è la scommessa forte di puntare su qualcosa di nostrale e via dalla pazza folla come la pòllera, vitigno lunigianese di cui mi sovvengono, quando elaborato in purezza, solo alcune sorprendenti -ma discontinue- versioni di Francesco Ruschi Noceti a Pontremoli o quelle più ruspanti – ma non meno autentiche – di Orazio Benelli a Oppìlo, oltre a un onesto gregariato nei rossi dei Colli di Luni più sensibili al dettato della tradizione.

Tutte queste anomalie rispetto alla normalità, tutto questo spingersi al confine delle geografie e delle possibilità, hanno sortito qui l’effetto sperato: la corrispondenza euritmica.
Perché da quei luoghi non ti aspetti altro che vini così, splendidamente disadorni ed evocativi, di suadente ma decisa impronta floreale, ariosi e poco estrattivi, di acidità più che di tannino.

Vini “in levare”, la cui apparente fragilità altri non è se non un canto intonato che si leva dal didentro, da una interiorità che non si priva del nitore e del cesello formale così come della dote dell’equilibrio: un equilibrio che corre sul filo.

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FERNANDO PARDINI

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