

Conobbi Matteo Sbaraglia qualche tempo fa in un freddo sabato mattina al “Mercatino della terra”. Mi aggiravo fra i pochi banchi un po’ per calmare la mia irrequietezza e un po’ per cercare qualche cosa di buono. Non so perché ma le contrattazioni hanno il potere di rasserenarmi, il mio cervello iperattivo viene di colpo disconnesso e si quieta. Se un attimo prima la psiche rovistava fra i cassetti dell’animo cercando un pezzetto del puzzle che non riusciva più a trovare, l’attimo dopo viene catturata dalla vendita all’incanto e dai gesti degli avventori.
A differenza degli altri il banco di Matteo era essenziale: due piccole scaffalature a gradini ma zeppe di leguminose. Sono certo che colse nei miei occhi curiosità perché, senza che io chiedessi niente, cominciò a raccontarmi il suo progetto. Quel giorno non comprai nulla, troppo impegnato a rintracciare minuzzoli di vita che non si incastravano fra loro. La singolarità degli esseri umani – e le loro storie – mi hanno sempre trasmesso commozione e curiosità. Alcuni di questi racconti passano e vanno, altri mi restano impigliati dentro e allora ho bisogno di condividerli.
Decisi quindi che un giorno sarei tornato all’emporio ambulante a chiedere scampoli del tempo di Matteo per un’intervista. Ah, azienda e podere si trovano a Secchiano di Novafeltria, una volta appartenente al “contado” di Pesaro e Urbino e oggi ultimo baluardo del profondo sud-est della provincia di Rimini.
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Matteo: “ L’agricoltura non è solo un mestiere. La campagna mi aiuta ad avere fiducia in me, ad avere coraggio e a rendere il mio animo sereno.“
La storia di Matteo è differente da tutte quelle che fino ad adesso hanno arricchito la mia umanità. E’ un’anima diversa, la sua, un’anima “speciale”; fin dalle prime nostre battute me ne sono reso conto. L’energia e l’entusiasmo tutto giovanile che sprigiona il suo conversare lo aiutano ad armonizzare un qualcosa che in passato doveva avergli arrecato non poche difficoltà.
Matteo: “ Ora che ho trentun anni, e che la gente sa chi è Matteo, vorrei raccontare da dove sono partito e chi mi ha aiutato. In prima elementare mi riscontrarono la DSA (difficoltà di socio apprendimento); trovarono insomma che mi risultava enormemente difficile imparare. Soffrivo di dislessia, disgrafia e discalculia, difficoltà con cui a volte convivo tutt’ora. Ho condiviso il mio banco con una insegnante di sostegno, dall’infanzia all’adolescenza. E ti dico che la situazione non ti fa sentire uguale agli altri. Fu un periodo molto duro. A supporto di tutto questo disagio c’era l’amore dei miei genitori e di mio nonno materno. La sua figura è stata fondamentale. Mi volle bene e mi diede tanta fiducia. Fu lui che capì quello che sarebbe divenuta la mia dote principale. Purtroppo è mancato lo scorso anno e ci ha lasciato un grande vuoto “.
Il suono della voce si interrompe, gli occhi si fanno lucidi e si commuove. Idia e Lucio, i genitori, mi raccontano quanto sia stato forte il legame fra i due e quanto il nonno manchi a Matteo.
“ Nonno Oreste aveva un’azienda agricola ”, riprende Matteo, “allevava e commerciava bestiame. Mi portava ai mercati a comprare e caricare i vitelli. Mi ha trasmesso la passione. Appresi da lui tutto quello che oggi mi serve in questo mestiere, soprattutto a voler bene alla terra e all’animale. La fiducia che mi diede si trasformò in coraggio. Involontariamente imparai a non arrendermi, malgrado il mio essere “ dissonante “.
–Vedendo le posizioni dei tuoi terreni direi che sono molto differenti fra loro.
Matteo: “ L’azienda è subordinata a uno stretto regime biologico. A forza di viverli ogni giorno e vedendo il raccolto dell’anno, ho interpretato questi fondi così come fanno i vignaioli con i loro cru. I prodotti della terra possono avere più o meno sapore, oltre alle caratteristiche alimentari già determinate dalla loro genetica. Ho delimitato quattro parcelle: il campo Manenti, a 600-700 mt. di altitudine, la cui composizione è mista di argille e sabbie rosse; il resto è vicino al fiume: il campo delle Case, il campo Baldinini e il campo di Betti. Più in basso si ha un terreno sabbioso da fiume, molto buono per le colture da seme come cece, lenticchia e fagiolo, perché hanno bisogno di acqua.”
-Vedo che, a parte un paio di trattori, non usi tanta tecnologia.
Matteo: “ Il lavoro migliore per queste colture lo fai se non usi quasi mai la meccanica. La sarchiatura (la pulizia degli infestanti ) per la maggior parte è fatta a mano, così come la selezione dei legumi. Poi, per quello che riguarda i periodi della semina, cerco di rispettare le tradizioni antiche e i cicli lunari, sia per piantare che per raccogliere. Il vantaggio della semina in luna calante o in luna crescente serve per lo sviluppo della pianta e del baccello. I prodotti vengono meglio, sono più belli e più grossi. Ad esempio, la lenticchia la raccogliamo da tradizione il 22 di luglio. Deve essere tagliata di notte dall’una fino alle nove del mattino, altrimenti il baccello è asciutto e il seme durante la raccolta si perde perché cade”.
–Nei tuoi racconti ci sono spesso ringraziamenti a persone che ti hanno aiutato. Molto meritevole questo tuo comportamento.
Matteo: ” la gran parte delle aziende agricole sono condotte dai figli che le ricevono in eredità: io sono una mosca bianca. Sono partito da zero soltanto con un trattore, quello di mio nonno. Ho avuto la fortuna di conoscere due realtà del settore che sono all’interno del comune di Novafeltria: l’azienda Giorgini, che mi ha dato una bella mano, e la Famiglia Martelli. Il vecchio Martelli per me è un maestro di vita e un aiuto continuo. Ha una conoscenza dell’agricoltura enorme, è una persona umile e quando ho bisogno lui c’è sempre. “
–Cosa vuol dire per te essere un contadino?
Matteo: “ Per me essere contadino è gioia, soddisfazione. E’ vedere che nonostante le difficoltà tutto sta funzionando. La terra mi ha sempre aiutato. Essere contadino non è solo curare la terra, sporcarsi le mani e ritrovarsi con due ernie alla schiena. Essere contadino vuol dire che io giovane agricoltore, grazie all’aiuto dei miei genitori, mio nonno, dei colleghi e dei negozianti che hanno creduto nel mio progetto, sto realizzando la mia vita. Essere contadino per me è soddisfare la mia parte interiore, la mia anima, non soltanto i soldi. Quando un cliente viene da me e mi dice: Matteo fai un prodotto eccezionale, ecco, questo mi fa sentire un contadino. Ho fatto una cosa buona che lo fa star bene.”
Difficile resistere alla delicata solarità di questo ragazzotto di campagna. Rimango per ascoltarlo oltre il tempo che avevamo concordato. Vorrei abbracciarli tutti, ma non si può. Vorrei ringraziarli perché il pianeta Maya ha bisogno di anime così. Chiudo il cancello e mi avvio alla macchina. Riavvolgo nella mente il nastro del nostro incontro ripercorrendo i suoi racconti. Rivivo con lui i momenti tristi, il senso di inadeguatezza e di solitudine con cui ha dovuto sempre fare i conti.
“ Quando vieni a comprare da me vedi che uso la calcolatrice per dare il resto” – mi ha detto – “ Sì, convivo con le mie difficoltà ma non mi scoraggio. Vorrei dire ai giovani che qualsiasi cosa accada non devono buttarsi giù, che la vita va vissuta nonostante gli ostacoli. E per questo ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato e continuano a farlo.”
Una storia, quella di Matteo, che stride con il periodo che stiamo vivendo, fatto di paure, sfiducia e diffidenza. E’ la solitudine che diventa coraggio e si trasforma in forza, una forza che discende dalla gratitudine, dall’amore incondizionato per le “radici“ che lo hanno protetto e rincuorato, ben sapendo che anche una persona “speciale“ come lui può cambiare la propria vita e cavalcarla.
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Az. Ag. Biologica Matteo Sbaraglia – via Padre Balducci 63 – 47863 Novafeltria (RN) cell: 349 818 6594