

Esiste forse una tipologia più derisa dagli appassionati del Gewürztraminer? È un bianco che si è fatto ormai la nomea di essere il vino dei principianti: troppo profumato, troppo dolciastro, troppo morbido, troppo qualcos’altro. Uniche eccezioni, guardate con rispetto ma difficilmente con reale trasporto e convinzione, le bottiglie provenienti dall’Alsazia. Sdoganate perché figlie di un’area vinicola ricchissima di cru. E i cru sono uno dei primi utensili dell’enosnob.
Di conseguenza portare un Traminer a una cena tra amici non fanatici del vino va bene, ma costituisce un grave errore strategico a una cena di esperti. Esistono alcuni motivi per dubitare della qualità di un medio Gewürztraminer italiano, naturalmente. Nella definizione di Peter Dipoli, produttore e grande conoscitore di faccende vinose altoatesine e non, “le uve del traminer danno un vino amaro e quindi ci devi per forza lasciare degli zuccheri residui”. Troppo tranchant? Probabile, ma Dipoli non è certo noto per la diplomazia delle sue opinioni.
Di solito non mi faccio influenzare dai luoghi comuni, anzi mi adopero da decenni per mostrarne l’eventuale fondo di falsità. Però nel caso di questo vino ammetto che l’osservazione empirica mi ha molto spesso restituito l’immagine sensoriale dipoliana: il Gewürztraminer italico è in media stucchevolmente profumato di rosa, lievito di birra, talvolta schiuma da barba, e al sapore ha toni amarognoli che solo una certa quota zuccherina riesce – se non a mascherare – quantomeno ad attenuare.
Esistono tuttavia delle eccezioni, per fortuna. Un esempio assai virtuoso di Gewürztraminer gustosissimo da bere proviene dalla produzione artigianale di Roberto Ferrari, nel tradizionale paese di Termeno, culla della varietà. “Dal paese sali duecento gradini e ti trovi in una piccola vigna bella ripida, esposta verso sud-est”, nella parole di Roberto.
La produzione è all’insegna della semplicità. “La durata del contatto con le bucce la decido anno per anno; nel caso del 2018 la macerazione post fermentativa è durata trenta giorni”, annota, “con una parte in anfora e una parte in acciaio. Dopodiché il vino riposa per oltre 18 mesi in botti di legno da 500 litri prima di essere imbottigliato. Fine”
Ora, non mi metto a discettare sul perché e sul percome dell’anfora, sui vantaggi o sui limiti e piripì e piripà. Resta un fatto degustativo per me incontrovertibile: il 2018 RF Selection si propone proprio all’opposto del solito Gewürztraminer alcolico, dolce e statico. Ha una sorprendente finezza di tratti e sa unire alla tipica intensità aromatica del vitigno una freschezza, un’articolazione e una progressione che normalmente ci si aspetta da bianchi di altra origine e blasone.
Certo, non se ne fanno molte bottiglie e occorre impegnarsi nella ricerca. Ma se si vuole provare gli esiti di una strada stilistica diversa per il Gewürztraminer, questo è un indirizzo sicuro.
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Bellissimo articolo del maestro Rizzari, dice cose importanti in poco spazio, grande opera di sintesi. Se potrò proverò volentieri il vino consigliato, ma mi torna molto quanto asserito dal Dipoli e a titolo aneddotico segnalo che in una visita con degustazione a una famosa azienda altoatesina dissi proprio, senza pretese di autorevolezza, da semplice bevitore appassionato quale sono, che di suo sarebbe amaro e a volte tale risulta. If looks could kill… l’enologa accompagnatrice tentò di fulminarmi negando recisamente e ammettendo solo il possibile eccesso di alcool come criticità. Beh, non mi convinse.
Buongiorno,
Leggo sempre volentieri i suoi articoli. Ha il dono di narrare il mondo del vino in modo ironico, atipico e anticonformista.
Caratteristiche, queste, che denotano estrema competenza e amore viscerale per la materia…
Complimenti ancora.
Alessandro
Grazie ad Alessandro e a Radar F (uno pseudonimo… si chiama in realtà Golden Label 2000*) per la gentilezza e l’apprezzamento.
* citazione quasi letterale da Frassica, in uno dei suoi personaggi: “Mago Acirfass non è il mio vero nome, all’anagrafe mi chiamo Golden Circus 2000”)