Teobaldo Rivella e i venti di cambiamento

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La mia ultima Langa, prima della lunga glaciazione pandemica, ha fatto tappa da Teobaldo Rivella, piccolo mito artigiano che vive la sua terra in piena corrispondenza euritmica, con affetto antico.
La sua casa è sospesa sopra il vigneto Montestefano, una appendice in sommità. Da 50 anni Teobaldo custodisce il patrimonio vitato avuto in dote dal padre Serafino – due ettari di pura vertigine- per ricavarne due soli vini: Barbaresco (Montestefano) e Dolcetto.

Ecco, tutto questo per dire che i pensieri e le visioni di Teobaldo li ho sempre immaginati come entità immutabili alle quali aggrapparsi quando si ha bisogno di certezze.
Fortemente radicate alla ortodossia enologica dei luoghi, naturalmente in grado di far nascere vini autentici, vibranti, sentimentali e puri, sono un punto di riferimento ideale, un traguardo e un approdo.

Eppure un piccolo vento di cambiamento è arrivato fin quassù, ed è tutto dire. Con il nuovo Langhe Nebbiolo si apre una stagione nuova, ma la stagione nuova farà a meno, ahinoi, del Dolcetto d’Alba, che non verrà più prodotto per fare posto a lui.
Non so se inquadrarlo come un gesto di resa o come una reale necessità agronomica, certo è che con il Dolcetto di Teobaldo Rivella se ne va uno dei protagonisti della tipologia. In sua compagnia ho ricordi che non sfumano.
Questa piccola storia di cambiamenti eppure ha un risvolto positivo: il nuovissimo Langhe Nebbiolo 2019 è struggente, e il conforto che mi dà porta con sé il profumo delle rose.

FERNANDO PARDINI

2 COMMENTS

  1. Una curiosità: perché sulla bottiglia l’etichetta riporta “imbottigliato da” e non “prodotto e imbottigliato da”?

  2. Non ti so dire il perché Ilio. Dimenticanza di una etichetta nuova? Sul Barbaresco suo c’è scritto imbottigliato all’origine….

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