Notizie dal futuro. Chiara ed Elisa De Iulis Pepe, il cambiamento parte dalle radici

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Le giornate in campagna si concludono sempre alla stesso modo, regolari come lo scorrere del tempo. Alzi la testa, ti asciughi il sudore e ti guardi  intorno. Qualcuno respira profondamente, qualcuno ringrazia il cielo, qualcuno bestemmia. E’ sempre stato così fin dal primo giorno che l’uomo ha messo le mani nella terra. Guardo i lavoranti che rientrano da ogni dove, accaldati ma sorridenti. Un altro pezzo di vita è trascorsa, qui a Torano Nuovo, come in tutti i poderi del mondo. La ricompensa di un sereno tramonto invita alla cena. Prima però, assieme ad Elisa e Chiara De Iulis Pepe, nipoti di Emidio Pepe, ci sediamo non lontani dal patio. Respiro un’aria serena ascoltando il silenzio che rinfranca, e dopo i primi approcci di conoscenza incominciamo

Età

Chiara: “ventisette“.

Elisa: ”venti “.

Cos’è il vino per voi

Chiara: “ Il vino per me è legato all’infanzia e alla figura di nonno e nonna.“

Elisa:  “E’ parte sia della vita di Elisa e Chiara sia della grande famiglia che ci circonda. Il vino è una consuetudine. Viviamo sopra la cantina, quindi il legame è stretto e quotidiano.”

Chiara: “Noi tutti viviamo la vigna e la cantina in maniera viscerale.” Il gesto di Chiara di far uscire un qualcosa dalla pancia aggiunge forza alle sue parole.

 E quindi la stessa cosa anche il territorio?

Chiara: “Il territorio è un compagno e un motivatore. “

In che senso?

Chiara: “Tutte le scelte, studi, viaggi di ricerca professionali e personali, sono svolti in funzione  sua, è“ Lui “A motivarci. Compagno perché gli appartengo. E’ ‘Lui’ che mi riporta alla base.“

Elisa: “Guarda la bellezza tutt’intorno.” Le montagne da una parte, il blu del mare dall’altra. In mezzo percepisco una forza che si tramuta in bellezza. “Io mi occupo della struttura ricettiva dell’azienda e questi spazi che vedi mi spingono tutti i giorni a fare meglio il mio lavoro. In questo territorio ci sono le radici della nostra famiglia, senza di lui noi non esisteremmo.”

Azienda Agricola Pepe dal 1899: sono più di 120 anni. Come vivete questa appartenenza?

Chiara: “Con tanta responsabilità. Lo scambio di informazioni tra uomo e natura, in un determinato luogo, e la memoria di questa relazione che va avanti per molti anni, sono impagabili. È un grandissimo bagaglio culturale incredibilmente forte, che non si impara da nessun libro. Tutta questa esperienza sinceramente mette soggezione”.

Elisa: “Sì, tanta. Ci approcciamo cosi giovani a questo mondo ed è bellissimo avere ancora nonno e nonna tutti e due sempre molto attivi. Averli qui è un po’ come sfogliare un libro di storia. “ La presenza rassicurante di Rosa e Emidio si sente, sempre. “ Vedere come ancora i nonni ci tengano così tanto è davvero bello. Da una parte c’è il peso della responsabilità, dall’altra però, vivendola con tanta quotidianità, ti senti tranquilla e disinvolta nel continuare e cercare di fare sempre meglio.”

L’immagine che nonno aveva, da giovane vignaiolo, era quella di fare grandi vini. Qual è la vostra visione?

Chiara: “Quella di mantenere vivo il progetto del nonno, che non è cosa da poco. Nonno aveva un piano molto organizzato sotto diversi punti di vista, con alcune fondamenta : la vinificazione, saper instaurare rapporti interpersonali, il rispetto verso il cliente, la produzione limitata, le vigne trattate solo con rame e zolfo. Ha sempre preteso molto da se stesso e dai suoi vini. L’impegno deve essere mantenuto vivo, curato e rinvigorito quotidianamente. Con la stessa ambizione oggi noi lavoriamo, coscienti di quello che è stato.“

Elisa: ”Preservando tutto con cura, rendendoci parte della tradizione, perché fra cinquant’anni quello che facciamo oggi sarà la tradizione per quelli che verranno. Inevitabilmente sarà come lasciare un marchio nostro, che è allo stesso tempo quello della famiglia.“

Quindi un pezzo di Chiara ed Elisa nei vini del futuro?

All’unisono: “E’ inevitabile“

Chiara: “Mi piacerebbe comunque che fossero sempre i vini di Torano nuovo, riconoscibili grazie alla territorialità.“

Qual è il ruolo che in azienda vi riesce meglio e quello che invece vi piacerebbe fare di più?

Elisa: “Come ti dicevo mi occupo dell’agriturismo. L’incontro con persone provenienti da tutto il mondo ti fa crescere. Mi piace prendermi cura del cliente, portarlo in giro per le vigne e la cantina, però senz’altro un domani vorrei occuparmi -e capirne di più- del mondo della produzione, quindi in futuro vedo il mio contributo più in cantina che non nell’ospitalità.“

Chiara: “Dopo aver effettuato studi inerenti il mondo del vino, mi sono occupata fin da subito dei mercati esteri, girando un bel po’ con nonno e zia. Da un periodo di approfondimento in Francia in enologia e viticultura ho preso di più la responsabilità della campagna. La parte agricola è un qualcosa che mi piace molto. Poter avere una squadra di lavoro da cui ricavarne uno scambio, e crescere con loro, è bellissimo. Per me significa creare una comunità agricola all’interno dell’azienda. Questa è la mia visione del futuro.“

Qual è la funzione delle donne nell’ambiente che vi circonda?

Chiara: “E’ qualcosa legato alla diplomazia, quindi alla moderazione. Nonno è stato, e lo è tutt’ora, un personaggio ‘tagliente’ sotto diversi punti di vista, una personalità molto forte da dover gestire nella quotidianità e con cui dover lavorare. Ha idee ferme, poco spazio al dialogo. Ma è normale, lui per fare quello che ha fatto ha dovuto applicare determinate scelte e armarsi di un carattere forte a sufficienza per supportarle, ammortizzandone i colpi. La donna legata alla figura di Emidio, quindi tutte le donne della famiglia, hanno avuto proprio questo ruolo: grandi moderatrici, diplomatiche famigliari.“

Elisa: “E’ una consapevolezza diversa di rispetto del luogo e di determinate idee. All’inizio nonna non sapeva dove nonno stesse andando, è stato proprio un tuffo nel vuoto per lei, però ci ha creduto lo stesso, a fiducia. Il ruolo di nonna, in prima partita, è stato qualcosa di forte, e lo è tuttora perché è lei che tiene in piedi la famiglia, lei è il perno.”

Cos’è la tradizione, e cos’è l’innovazione, per voi?

Elisa: ”Beh, senz’altro la tradizione è una grandissima parte sia della famiglia che dell’azienda. Preservare il progetto di nonno fa parte della tradizione. L’innovazione sta nel fare sempre meglio, nel cercare di non fermarsi qui, di alzare l’asticella della qualità: nel non sentirci arrivati perché possiamo fare di più.“

Chiara: “Ci sono tante cose che abbiamo introdotto di recente: un progetto di trattamento delle vigne solo con il latte, senza l’utilizzo di zolfo e rame, o ancora una grande attenzione alle potature. Oggi abbiamo maturato una maggiore consapevolezza della fisiologia della pianta, di come determinati meccanismi microbiologici accadano in cantina. Questa comprensione qua può essere intesa come innovazione. Spetta a noi questo bagaglio

 Il mondo del vino è ancora un po’ maschilista?

Elisa: “Se chiedi a mamma (Daniela Pepe) ti dice di sì. Mamma e zia hanno fatto una fatica diversa. Quando avevano la nostra età il mondo vitivinicolo era prettamente maschile e comunque era ben presente la figura di nonno. Noi oggi ci confrontiamo con persone più o meno sulla nostra lunghezza d’onda, persone giovani. Quindi la filosofia e l’idea sono le stesse.“

Chiara: ”La nostra generazione vive in maniera completamente diversa il mondo enologico. Sono cresciuta proprio nel momento in cui le donne-vigneron iniziavano ad essere conosciute, apprezzate e raccontate. Avevo a riferimento l’esempio giornaliero di zia (Sofia Pepe), ma anche figure di produttrici come Arianna Occhipinti, Elena Pantaleoni e di tutta quella rivoluzione rosa che ha tracciato il solco.“

I progetti che fanno la differenza sono costituiti da pensiero, sentimento e azione. Qual è la vostra classifica di importanza?

Chiara: “Pensiero, quindi idea generatrice. Subito dopo c’è la pratica, quindi l’azione, a seguire il sentimento, per continuare, per perseverare.“

Elisa: “Secondo me, alla base c’è uno studio, una riflessione. Inevitabilmente ne resta coinvolto anche il sentimento, nel pensiero e nello studio. Poi l’azione è fondamentale. Noi facciamo pranzo e cena sempre assieme e siamo in dodici. Le nostre riunioni le facciamo così, mentre si mangia. Tiriamo fuori tutti i problemi e alla fine, nello spazio di un convivio, abbiamo deciso l’azione. La famiglia è la nostra forza.”

Chiara: “Nella nostra famiglia pensiero e azione sono immediati.”

 L’anima di Elisa e Chiara è più Montepulciano o Trebbiano?

Chiara: “Io Montepulciano. Un vino che richiede tante attenzioni. Quello che ne vien fuori possiede sia la complessità che la schiettezza, ed è capace di avere tante sfaccettature in base a quando lo si assaggia.”

Elisa: “Io un pò più Trebbiano, forse, spero. “ Una fresca allegrezza mista a un sano imbarazzo distende l’impegno nella risposta. “ In futuro magari mi piacerebbe esserlo. Il Trebbiano non si concede subito, ha sempre bisogno di tempo e pazienza. Quando poi si dona e ti accoglie, trovi un’anima elegante in cui vorresti rispecchiarti. Allo stesso tempo è lineare, molto equilibrato e in futuro mi piacerebbe avere un pò di questa attitudine. “

Cosa vi spaventa di più nel vostro ruolo che avete da imprenditrici?

Chiara: “Il cambiamento climatico. E’ una cosa molto seria e anche se non se ne sente parlare, da agricoltore, è reale. E’ un qualcosa che destabilizza perchè sai che l’esperienza che la tua famiglia ha acquisito non può essere messa in atto così come tale, proprio perché le condizioni di un tempo non sono più le stesse adesso; quindi quel determinato approccio deve essere smussato, rivisto, utilizzando canoni completamente diversi. “

Elisa: “Sì, possedendo un’azienda a cielo aperto questo è proprio il focus principale che ci spaventa di più. “

 Il lato serio ed il lato buffo di nonna e nonno.

Elisa: “Non son troppo buffi, sono sempre molto pacati, sempre tosti. Però la loro gentilezza, la loro generosità, le vedi poi al primo momento di difficoltà. Sono i primi atenderti la mano, perché sono sempre disponibili, pronti ad aiutarti.”

Chiara: “Però sono sempre molto fermi, vigorosi, con questa idea del lavoro di un qualcosa di molto forte e ce l’hanno trasmessa. Poco spazio per le vacanze”

 Prendiamo i vostri due vini principali, Montepulciano e  Trebbiano: se ci fosse una sorta di message in a bottle, una storia, un’immagine, un colore, quale sarebbe?

Elisa: “Io mi sento più in sintonia con il Trebbiano.  In esso, in quello che mi racconta, vedo scorrere immagini di convivialità, di persone che lavorano unite. Una storia contadina di collaborazione e gioia, che finisce in pranzi e cene tutt’insieme.”

Chiara: “io, che sento più il Montepulciano, ho l’immagine di un velluto color rosso rubino medioevale. Un bel velluto fatto di pieghe, avvallamenti. Un’idea di morbidezza e di profondità che come lo disponi prende delle colorazioni diverse. Un’allegoria del vino stesso. Un tessuto che possa avere differenti sfaccettature, differenti profondità. Semplice, frontale, che nasconde delle parti più cupe, facendone un percorso intricato di cose in movimento.”

Attorno a noi fremono i preparativi per la cena. Lo staff giovanissimo della locanda piroetta per rifinire la mise en place. La famiglia Pepe, richiamata forse dallo sferragliare di piatti e posate, o forse da un orologio interiore, si avvicina al tavolo, prolungato per l’occasione. Saluto per il momento queste giovani donne estremamente diverse ma unite da una forte complicità verso la propria terra. Differenti ma complementari. L’energica possanza di donna contadina e allo stesso tempo cittadina del mondo di Chiara; l’impalpabile leggerezza, eterea e sognatrice, di Elisa che riesce a ricollegarsi con radici e tradizioni, impreziosendole. Osservo distante la ritualità dei gesti familiari, con gli sguardi che comunicano; singole energie che si incontrano per formarne una sola. Un’altra lezione da imparare, un’altra storia da raccontare.

 

 

 

 

 

Marco Bonanni

Sono cresciuto con i Clash, Bach e Coltrane, quello che so del vino lo devo a loro.

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