Cambium formazione. Il destino non sta scritto, è da fare. Parte seconda

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Per la prima parte LEGGI QUI

Le attività agricole sono attualmente considerate fra le principali responsabili del processo di contaminazione del suolo e delle acque a causa del largo uso di sostanze chimiche di sintesi, dai fertilizzanti ai fitofarmaci, che se applicate senza opportune precauzioni, sostenute da una non corretta conoscenza delle proprietà dei suoli che regolano i processi di trasporto nel suolo, possono dar luogo a fenomeni di tossicità ed inquinamento.” (da un resoconto ARPA)

Capisco che possa essere un po’ forte come incipit, ma è che nonostante “ un movimento del biologico che emerse nei primi anni ’70 con la fondazione, per mano di diverse organizzazioni, di IFOAM-Organics International” (da un articolo di FederBio), ci troviamo in condizioni non proprio delle migliori.

Proseguiamo di nuovo assieme nella lezione.

Punto tre.

-“Conoscenza approfondita di chi lavora in azienda.”

-“Formazione interna (fondamentali la collaborazione e la complicità del gruppo ) “.

-“Inserimento e utilizzo degli strumenti di lavoro (attrezzature, preparati biodinamici, strategie di utilizzo ).”

L’intervento di salvaguardia, recupero e riequilibrio dell’ambiente è nelle mani del nostro protagonista agricolo. La forza lavoro diventa uno strumento fondamentale per la realizzazione del programma. A questo punto non si lavora più nella terra, ma per la “Terra”.

«Quello che io stesso ho detto e scritto sull’educazione e che accompagna l’esperimento pratico in corso nella scuola Waldorf, mira soltanto a caratterizzare il più possibile l’essere umano…….» (Rudolf Steiner, Arte dell’educare, arte del vivere, conferenze dall’11 al 15 ottobre 1922).

Punto quattro.

-“Conoscenza e utilizzo dei preparati biodinamici  500 e 501.”

Innanzitutto cosa sono. I preparati sono “informazioni metaboliche“ che fanno funzionare la pianta. Tralasciando le modalità con le quali si ottengono questi preparati, qui alcune righe di sintesi sulla loro funzione.

Preparato 500 – Come dicevamo in precedenza, la cosa fondamentale è la ricchezza del terreno, quindi si parte da lì. Questo composto dà un impulso preciso alla sostanza organica che si trova nel suolo. In altre parole non è che un’attivatore di fertilità e vitalità. Egli è in grado di modificare struttura, colore, microbiologia del suolo e favorire l’approfondimento radicale. L’aspetto ulteriormente interessante è che questo avviene a prescindere dal suolo.

Per chi volesse, in alternativa a questo “esoterico” trattamento, abbiamo alcuni dati riportati dall’ ARPA, con conseguenti considerazioni:

“ l’acidità, la neutralità o la basicità della soluzione circolante nel suolo, che costituisce l’umidità e da cui le piante traggono gli elementi necessari alla loro esistenza, influenza:

• la solubilità dei nutrienti. Contribuisce all’assimilabilità dell’azoto, zolfo e fosforo contenuti nei suoli;

• il tipo e l’attività dei microrganismi. L’attività microbica è responsabile della decomposizione e sintesi della sostanza organica;

• l’interazione con i fitofarmaci. Molti di loro sono registrati per specifiche condizioni dei suoli e quindi con condizioni diverse potrebbero innescarsi reazioni sfavorevoli che possono generare composti di degradazione indesiderabili.”

(ovviamente non è il nostro caso ma è utile sapere che anche nell’agricoltura tradizionale è meglio conoscere le composizioni dei suoli, per non eccedere nei danni).”

Inoltre sempre l’ ARPA asserisce:

nel suolo, dal punto di vista chimico, oltre ai macroelementi fondamentali per la crescita dei vegetali, sono presenti altri elementi in concentrazioni trascurabili chiamati “metalli pesanti”. La presenza di questi elementi nel suolo è sì dovuta a origini naturali ma, dal dopoguerra a oggi, l’uomo è intervenuto in modo massiccio con la distribuzione di concimi, fitofarmaci, prodotti connessi con le produzioni agricole, apportandone artificialmente la concentrazione. La loro presenza attualmente può derivare:

• dai fertilizzanti chimici,

• dalla distribuzione di fitofarmaci,

• dalle acque di irrigazione,

• dalla distribuzione dei reflui organici (zootecnici, fanghi di depurazione, compost e ammendanti). Negli ultimi decenni infatti è fonte di apporto antropico di metalli pesanti, che avviene con la collocazione sui suoli agricoli dei fanghi di depurazione.

La potenziale pericolosità dei metalli deriva principalmente dalla loro capacità di venire adsorbiti dalle radici delle piante ed entrare quindi nella catena alimentare.”

Piccola sottolineatura: esistono in natura piante che hanno la capacità di assorbire i metalli pesanti. Esse vengono usate per depurare un terreno particolarmente inquinato, dopodiché vengono estratte e portate in discarica. Ennesima dimostrazione di perfezione della natura e della dedizione e sacrificio che essa ci dimostra, sempre e comunque.

A questo punto, a prescindere dal credo, sia esso ortodosso o eterodosso, la necessità comune deve essere quella di un riequilibrio della sanità del terreno, come regalo da fare a noi e alle generazioni future.

Preparato 501.

Se il precedente attivatore lavora sull’apparato radicale, questo composto andrà ad operare sull’apparato fogliare, l’organo che permette alla pianta di “digerire”, interagendo con la luce. Il componente principale, che è la silice, diventa un regolatore dell’attività della pianta e rafforza l’interazione fra le foglie, il sole e l’aria. Questa connessione permette alla pianta una miglior “funzionamento”.

Esso influisce:

– sull’architettura fogliare e sulla disposizione dell’apparato stesso;

– lavora sul polo qualitativo, quindi sul benessere della pianta;

– contrasta gli eccessi di acqua e la mancanza di luce;

– favorisce la maturazione del legno.

Volendo riassumere, entrambi i preparati interagiscono sul fenotipo e sul genotipo della vite, rendendo la pianta più sana, reattiva e coriacea.

Dalla posizione dell’ultimo banco in fondo alla sala, dove io mi trovo, colgo evidenti combustioni cerebrali, compresa la mia. I relatori, da attenti docenti, alleggeriscono l’apprendimento delle ultime informazioni con una boccata d’aria e un intervallo. I fumi defluiscono dalle nostre teste fin su nell’aere di Torano Nuovo, a chi più a chi meno. Mi confronto con i compagni di classe, rispetto a me più preparati. Condividiamo il pensiero che le cose discusse e confrontate saranno prese in esame e approfondite un po’ alla volta. Adesso vi sono molte più certezze di un tempo e dati che, per le persone con una spiccata funzionalità mentale, rappresentano un valore. Io purtroppo sono uno di quelli che si affida alla comprensione empatica, con i pro e i contro che da essa possono scaturire.

Rientriamo in classe per gli ultimi chiarimenti, ma il più è fatto. Adriano Zago e Paolo Ravano smussano gli angoli alle incomprensioni residue, certi di aver fatto del loro meglio e coscienti che si potrà migliorare in vista del prossimo appuntamento, per risultare così più utili.  La lezione è terminata e con essa questa bella avventura. Vedo i volti felici di giovani e meno giovani: enologi, agronomi e vignaioli. Colgo le impressioni, tutte concordi sul fatto che la direzione intrapresa non è in solitaria, che da oggi in poi ci si potrà ancor più confrontare con colleghi sparsi per lo stivale, e che quella forma empirica alla base della filosofia biodinamica ora ha più dati a disposizione.

Come sempre succede, la timidezza iniziale si dissolve lasciando spazio alla vitale energia. Difficile per noi studenti abbandonare il terrazzo che si affaccia su Torano Nuovo e sulle vecchie vigne di Emidio Pepe. Arduo lasciare il patio dove ci si ritrovava per il break, lì dove convergevano immediatamente dubbi, esperienze, ipotesi di gemellaggi. Mi aggiro respirando una comunione di intenti e un impegno: da domani ognuno continuerà nella promessa di rispetto che ha fatto alla Terra. Il rituale dello scambio dei numeri di telefono fa da cornice al nostro commiato.

Prendo licenza dai relatori in punta di piedi. Saluto e ringrazio Chiara, la sua energia e la sua dedizione; ringrazio Elisa, perché mi ricorda che nella delicatezza sta la forza; ringrazio Sofia, che con coraggio ha accettato l’eredità e il sapere di Emidio; ringrazio Daniela, che fa quadrare tutto; ringrazio Rosa, la sua forza e il suo amore hanno dato la vita. Un sentito grazie infine ad Amelia, che ha organizzato la logistica delle lezioni in modo impeccabile.

Cerco Emidio Pepe per un ultimo ringraziamento, ma non lo trovo. Ripasso in tutti i posti ancora pieni di entusiasmo chiedendo, ma nessuno sa dov’è. Mi arrendo e mi avvio al parcheggio. In lontananza lo scorgo. Lo vedo discutere con Mattia Longoni, giovanissimo e talentuoso enologo. Sono troppo lontano per sentire, ma non mi avvicino. La discussione è personale ed energica. Mi godo la vista di questi due vignaioli. La storia e il futuro separati solo da un’abbondante dose di tempo che però non li divide. Colgo la concentrazione dei volti nella tensione di un ragionamento, che si intervalla a sorrisi e a pause di ascolto. Emidio segue con attenzione e ribatte. Me ne vado con questa immagine e con un’ultima lezione da prendere e portare via con me: “ il futuro non sta scritto, è da fare. “

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Marco Bonanni

Sono cresciuto con i Clash, Bach e Coltrane, quello che so del vino lo devo a loro.

1 COMMENT

  1. Caro marco, credo che il tuo approccio empatico sia l’unico possibile. Da un punto di vista scientifico è abbastanza dura giustificare l’azione dei preparati (e devo dire anche usando il solo buon senso). Avrai già letto come la penso (https://www.acquabuona.it/2020/04/covid-scienza-vini-naturali/ e https://www.acquabuona.it/2020/05/covid-la-scienza-e-i-vini-naturali-2/): purtroppo la giustissima pulsione per una agricoltura naturale viene a mio avviso imbrigliata da pratiche inutili e anche un po’ ridicole.

    Per sintetizzare con un esempio culinario potrei farti il caso di un abile e scaltro pasticcere che confeziona un millefoglie con pasta sfoglia congelata, crema in polvere, panna spray. Ne abbiamo poi un altro che parte da farina, burro e uova, magari del contadino accanto. Fa un bel lavoro e, mentre il millefoglie cuoce, fa anche tre capriole.

    Assaggiamo i due dolci, e sperabilmente siamo capaci di distingure la bontà delle materie prime del secondo. Ci facciamo descrivere dai due cuochi ingredienti e metodi e ci convinciamo: la differenza sta nelle tre capriole!

    Una agricoltura sana, rispettosa per l’ambiente, anche basata su innovativi metodi di coltivazione naturale, è quello che ci vuole per salvare il mondo e bersi un bel bicchiere di vino buono. Se poi ci metti anche le capriole la puoi chiamare biodinamica, e magari puoi vendere il vino a un prezzo un po’ maggiore.

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