

La Franciacorta è un’area vitivinicola lombarda, in provincia di Brescia, che seguo oramai da una quindicina d’anni. In questo lasso di tempo obiettivamente non breve, ma nemmeno troppo lungo, l’ho vista cambiare stilisticamente diverse volte. In realtà queste colline posseggono una storia antica che pochi conoscono: l’area è delimitata da rilievi montuosi quali Monte Orfano e Monte Alto, e dalle colline del vicinissimo Lago d’Iseo, che mitiga, contribuendo a creare un’ambiente pedoclimatico idoneo alla coltivazione della vite. Le stesse persone che ignorano l’aspetto storico della Franciacorta, sono rimaste abbagliate dalle mode che il noto brand è stato in grado di attirare a sé, soprattutto all’interno della classica movida milanese.
A mio avviso andrebbe al contrario studiato l’aspetto socioculturale di queste colline. Si parla addirittura di Medioevo, terre che furono affidate a piccole comunità di monaci benedettini, esentate (francae) da tasse (curtes) affinché fossero bonificate e coltivate, da qui il termine Franciacorta. La leggenda narra che da queste parti, già nel XIII secolo, nascesse un vino definito “mordace”, ben quattrocento anni prima che in Champagne. La matrice del suolo è morenica e contribuisce a plasmare un territorio particolare e caratterizzato dove, proprio a ridosso dei rilievi montuosi, troviamo la massima espressione.
E’ il Monte Orfano il protagonista del nostro racconto, luogo in cui è ubicato Castello Bonomi, cantina nata nel 1985 a Coccaglio (Bs) e proprietà della famiglia Paladin di Annone Veneto (Ve). Facciamo un passo indietro: il primo grande sviluppo nella produzione vinicola avviene nella seconda metà dell’800: “Eccellentissimi vini neri e bianchi”, così la definì lo storico Gabriele Rosa. Ai giorni nostri, quando si pensa alla Franciacorta, due sono le cose che vengono subito in mente: ville stupende in contesti tranquilli di provincia e tante bollicine metodo classico; un fenomeno – quest’ultimo – che ha letteralmente conquistato il mercato italiano, soprattutto nord-centro Italia, ormai cinquant’anni fa.
Per dovere di cronaca la DOC, oggi DOCG, risale al 1967. Castello Bonomi, situata alle pendici del Monte Orfano, a 275 m s.l.m., crede immensamente nelle potenzialità di questo territorio vitivinicolo: un eccezionale conglomerato calcareo, gessoso, friabile e ricco di sali minerali. La sede è uno stupendo castello, l’unico in Franciacorta a mio avviso paragonabile ai famosi châteaux bordolesi. Deve il suo nome all’originale edificio in stile liberty, progettato alla fine dell’800 dal noto architetto Antonio Tagliaferri e circondato da un parco secolare. Ben 24 gli ettari di stupendi vigneti che si sviluppano a gradoni e sono ancora recintati da un muro a secco risalente a metà Ottocento.
La famiglia Paladin non è la sola a gestire quest’importante cantina bresciana, è coadiuvata da uno staff che si fregia di nomi importanti: Leonardo Valenti, docente dell’Università Statale di Milano, lo chef de cave Luigi Bersini e Carlo Paladin. Un team che in pochi anni ha portato l’azienda a diventare un vero e proprio punto di riferimento per il comprensorio, con lo sguardo sempre orientato a una produzione di qualità e con una produzione che non supera le 150 mila bottiglie: 100.000 di Franciacorta DOCG (Cuvée 22, CruPerdu, Satèn, Rosé, Millesimati, Cuvée Lucrezia e Lucrezia Etichetta Nera) e il resto diviso tra i fermi Curtefranca (Conte Foscari e Cordelio). Ho avuto il piacere di effettuare una degustazione riservata durante l’evento Festival del Franciacorta, tenutosi un mese e mezzo fa proprio in cantina a Coccaglio.
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Tra le ultime etichette lanciate sul mercato da Castello Bonomi, nasce da una speciale selezione di uve provenienti da porzioni di 22 cru aziendali di chardonnay selezionati per altitudine, morfologia del terreno, età del vigneto, esposizione al sole ed epoca di maturazione delle uve. Affina 24 mesi sui lieviti, sboccatura 6-‘20. Manto paglierino e riflessi beige, perlage esemplare quanto a finezza. Naso fresco, spigliato, frutto croccante che sa di scorza d’agrume e susina gialla, fiori freschi, acacia e biancospino su un dolce ricordo di pan di spagna; chiusura nitida di calcare. In bocca è teso, verticale, di media densità e con una acidità spinta che richiama l’agrume percepito al naso; la bolla carezzevole, al contrario, ricorda la dolcezza del frutto e sviluppa una buona sapidità che giunge subito dopo la deglutizione. Perfetto su crudité di crostacei.
Franciacorta Extra Brut CruPerdu 2011
CruPerdu Grande Annata 2011 è un blend di chardonnay (70%) e pinot noir (30%) vendemmiati nella stessa annata. Vengono scelte solo le migliori uve della tenuta; non solo, le stesse devono possedere struttura acida e sapidità, caratteristiche che assicurano al vino complessità e capacità d’affinamento. 48 mesi sui lieviti, sboccatura 01-‘20. Paglierino chiaro, intenso, perlage fine e continuo. Suggestioni di bergamotto e caramello su tracce di calcare e iodio, la spezia è dolce, con un naso che evolve magistralmente ingentilendo il suo profilo anche ad temperatura di 12-14°. La bollicina è pura seta, vivacizzata da velocissimi lampi d’acidità agrumata in un finale sapido, lungo, godurioso. Perfetto su crespelle ai porcini e speck.
Franciacorta Dosage Zéro Millesimato 2011
Saliamo di un gradino, non in termini di qualità – lo stile e il filo conduttore di Castello Bonomi è sempre lo stesso in tutta la gamma –, togliamo semplicemente altro zucchero residuo, ciò per me significa aumentare la piacevolezza della beva. Per poterlo fare occorre una materia prima di altissimo livello, uve vendemmiate durante la perfetta fase di maturazione e tanto rigore in cantina. Chardonnay e pinot noir in parti uguali, e mentre il dosaggio diminuisce l’affinamento sui lieviti aumenta, e va da 80 a 120 mesi. La sboccatura è 1-’21. Paglierino caldo, luminoso, lampi oro antico e perlage finissimo, continuo. Il naso è la quintessenza del concetto di austerità, fascino, eleganza: mentolo, biancospino, miele d’acacia, dopo lenta ossigenazione appare nitida la scia agrumata, questa volta di tipo candito – quella del panettone per intenderci –, tocchi empireumatici in chiusura rimandano al terreno. Un vino che evolve di continuo, è appassionante coglierne le sfumature. In bocca danza: succoso, dolce-acido, di progressione notevole su buon corpo, conquista il palato senza appesantirlo, la freschezza agrumata è ciò che resta in bocca in una chiusura incentrata su tanto sale. Vino ancora giovanissimo, da godere al meglio su un piatto di paccheri aglio, olio e peperoncino, totani scottati a parte e gocce di burrata a guarnire.
Cuvèe 1564 Brut Millesimato 2014
Non ho dimenticato di scrivere Franciacorta, ve lo assicuro: Cuvèe 1564, attualmente fuori dalla DOCG, rappresenta una sfida, la voglia di guardare al futuro. Il clima sta cambiando, fa sempre più caldo, è un dato di fatto, non è possibile restare immobili, occorrono nuove strategie e il vitigno autoctono della Franciacorta erbamat, citato per la prima volta da Agostino il Gallo nel 1564 – da qui il nome del vino – sta dando ottimi risultati in tal senso. La maturazione di questa varietà è piuttosto tardiva, circa un mese dopo lo chardonnay; sotto il profilo dell’acidità – in particolare il malico – risulta capace di compensare almeno in parte il rischio di riduzione dell’acidità nei vini base, elemento fondamentale per assicurare ad un buon Metodo Classico l’opportuna freschezza. L’erbamat è impiegato al 40%, a saldo chardonnay e pinot nero in parti uguali. Affina 48 mesi sui lieviti, sboccatura 12-’19. Si presenta in veste paglierino-oro, perlage impeccabile quanto a finezza, al naso offre spunti floreali di mimosa cui fa eco un frutto croccante: susina gialla, ananas e un ricordo di cioccolato bianco e mandorla tostata. In bocca la freschezza è sbalorditiva, supportata da un frutto opportunamente maturo e coerente; anche la sapidità non latita e impegna il giusto, senza strafare o peggio appesantire; alcol ben digerito e finale scorrevole, pulito. Prosciutto di San Daniele DOP: un assist perfetto.
Franciacorta Brut Rosé Millesimato 2016
Poteva mancare un Brut Rosé millesimato? Ovviamente no, l’etichetta di Castello Bonomi, figlia di un’annata eccezionale un po’ in tutt’Italia, è composta da 100% pinot noir, il vino sosta 36 mesi sui lieviti prima del relativo degorgement, avvenuto in questo caso a luglio del 2020. Rosa cerasuolo, riflessi rame, vivacità di colore amplificata da un perlage fine e continuo. Impatto intenso, caratterizzato da ricordi lievemente vinosi e un floreale fresco, spigliato; dunque rosa, violetta accompagnate da un eco lontano di cipria. La spezia è dolce e va a braccetto con l’agrume e i frutti rossi, ribes, fragolina di bosco e un curioso accento di paprika dolce. In bocca la consueta freschezza del sorso, filo conduttore dei vini Castello Bonomi, anticipa un centro bocca pieno, dolce-acido, sontuoso; il perlage cremoso solletica il palato e lo deterge, soprattutto dopo aver gustato un’ottima pizza Margherita.
Franciacorta Extra Brut Riserva Lucrezia Etichetta Nera 2008
La linea Riserva Lucrezia mira non solo all’eccellenza, aspetto che la cantina insegue a 360°, ma rappresenta una vera e propria selezione di uve all’interno di una scelta ponderata di vigneti, oltre a scontare un affinamento minimo di 120 mesi. Le uve provengono dagli appezzamenti più vecchi ubicati a 275 metri slm., alle pendici del Monte Orfano, nel comune di Coccaglio (Bs). Sboccatura 6-’19. Oro antico all’interno del calice con timidi riflessi rame, perlage certosino, incantevole. L’impatto, al contrario, è tutt’altro che timido: dolci note di crème caramel cedono presto il posto ad anice, pepe bianco, miele millefiori e pan di Spagna; a circa 12° di temperatura appare evidente il richiamo alla matrice del terreno, un mix di calcare e sensazioni salmastre che aumentano notevolmente la complessità del vino. In bocca è semplicemente infinito, sto parlando ovviamente della persistenza, che dura oltre il minuto; lunga scia sapida – tra le più intense della batteria – che ammicca ai cugini d’Oltralpe, e una freschezza anche in questa circostanza onnipresente. Grande vino da bere in compagnia della persona amata, che è sempre l’abbinamento migliore.
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