Ducru Beaucaillou ’95, o dell’ineccepibile

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Cos’è l’ineccepibile? E’ lasciar lampeggiare intarsi più sottili nel mentre declini con sensualità la tua prestante fisicità, sicuro che le movenze difficilmente passeranno inosservate. Come rotondità ammiccanti appena in rilievo, o fruscii di seta.

E’ quando la procacità sposa il turgore, e il frutto sa ancora di frutto, sotto l’egida di una confezione de luxe in cui i legni tossiscono ancora tostature e i tannini sembrano ceselli di orafo.

Orologeria di scuola svizzera, i Saint-Julien, e Ducru Beaucaillou ancor di più.

Non gli dai l’età che ha, ovviamente, e se guardi al leggero sopravanzo di materia lo accosteresti di più agli anni Duemila, e magari alla generosità vagamente ostentativa della riva destra, dove il merlot è in grado di instradare le trame su dolcezze pingui. E invece no, anche se penso che il merlot entri nel blend in una misura più che discreta, dopo la dominante cabernet.

E’ una etichetta di culto, una firma di culto, e ho bene in mente la volta che ci andai: ricordo il lusso, e le crinoline, e le opere d’arte contemporanea a cercar di svecchiare la rigidità delle linee classiche, dentro le stanze di un palazzo che irretisce, lungo la sponda del fiume.

No, di fronte a questo vino non scatta l’emozione, lo guardo e resto distante, anche se non distaccato. Sono conscio che lui stia dritto in piedi con una vitalità e una presenza scenica che in tanti se le sognano, alla sua età, ma c’è come un guscio di vanità, a smorzare l’empatia.

FERNANDO PARDINI

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