I vini delle terre di Arezzo: ma chi l’ha detto che non c’è?

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Stava in punta di penna da un po’, e oggi è venuto il tempo di scriverlo: no, non pensavo di divertirmi così tanto con i vini delle terre di Arezzo. Eppure in loro compagnia non ti prende la noia, assolutamente. Perché in fondo sono dei sobillatori di curiosità, e in taluni casi dei piccoli costruttori di meraviglia. Mi riferisco ai vini del Valdarno, della Valdichiana, del Pratomagno, del Casentino, vini che stanno dritti in piedi con orgoglio, che vantano profili poco inficiati dal calore alcolico e dallo sciabordio di materia, e che nelle loro corde hanno agilità e freschezza, soprattutto quando governati da gesti poco interventisti.

Ecco quindi emergere il ritmo, la snellezza, la verticalità, il dettaglio sottile. A volte sortiscono una fisionomia felicemente disadorna, fatta di brillanti chiaroscuro, altre volte assumono una veste ancor più ossuta. Ma per loro natura sembrano davvero ben predisposti alla leggerezza dei toni, dote quest’ultima che quando si fonde con la giusta densità di materia, con un “manico” premuroso e con un territorio “marcante”, può realmente tradursi in vini identitari.

La piccola selezione “sentimentale” che propongo è dedicata a quei vini lì, di quelle terre lì, prodotti da alcuni vignaioli avveduti. Altri ve ne sono, ma tanto fa. Per gettare un sassolino nello stagno, per far capire che la Arezzo del vino c’è, vive e lotta insieme a noi. Dobbiamo rendergliene merito, in barba alle storiche difficoltà di emersione di questi territori “di frontiera” rispetto alla centralità di alcuni distretti supercarrozzati come il Chianti Classico, tanto per restare nei paraggi.

Ma se avete voglia di cercare e di guardare oltre la superficie delle cose, mettendo nel conto di potervi stupire e sgombrando la mente dai pregiudizi, vi accorgerete  – com’è successo a me- che c’è un fermento in atto, e una ricerca di identità che va aldilà di una mera esplicitazione varietale o di una semplice trasposizione didattica. Accoglie spesso le ragioni di una viticoltura pulita, attenta agli equilibri ambientali, alle autoctonie e alla preservazione della biodiversità, nel tentativo di assecondare un coacervo di talenti, di (nuove) consapevolezze e di potenzialità che non si possono tacere, non più. Per un cronista del vino, foss’anche un semplice viandante, sarebbe una circostanza da annoverarsi fra gli errori dello spirito.

Nota: il consesso non contempla i vini di Cortona, per i quali è in preparazione un pezzo espressamente dedicato.

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Agricole Fabbriche Palma – Aki 2019  (sangiovese in prevalenza, piccolo saldo di merlot – acciaio e bottiglia)

Fra Lucignano e Monte San Savino. Profumi melodiosi in un naso riflessivo, poco esplicito ma delicato, agevolato dai riflessi floreali di viola e di erbe aromatiche. Il tatto è felpato, il tannino integrato, la trama soffusa. E il garbo gira a mille.

Arnaldo Rossi – Sella dell’Acuto 2017 (sangiovese – legno e cemento)

Da Castiglion Fiorentino. Fra la menta e il metallo, sorprende per spontaneità di beva e sincerità espressiva. E’ succoso, proporzionato, dal tratto sapido coinvolgente e dalla pregevole integrità di frutto. Si distingue veriddio.

Buccia Nera – Chianti Superiore Sassocupo 2018 (sangiovese; canaiolo – botte grande)

Dalle colline attorno a Campriano, alle porte di Arezzo. Freschezza,  attitudine alle sfumature, schiettezza, sapidità, nonchalance. La chiusura un po’ increspata sul tannino ne alimenta l’indole verace.

Tenuta Canto alla Moraia – Chianti Bacco Felice 2019 (sangiovese; canaiolo, malvasia nera – acciaio e bottiglia)

Da Castiglion Fibocchi, alle pendici del Pratomagno. Bel fraseggio aromatico, tutto in sfumare, di spezie e fiori. Postura chiantigiana, alcol morigerato e accorto, equilibrio e slancio in un vino sottopeso che rende bene in bevibilità e naturalezza espressiva.

Carlo Tanganelli – Anatraso 2015 ( bianco macerativo da uve malvasia del Chianti e trebbiano)

Da Castiglion Fiorentino, frazione Santa Lucia. L’impatto visivo è da vino orange, al gusto è pressappoco un Borgogna colorato: denso, pieno, sapido, energico, dai rilievi tostati. Disegna un arco gustativo interessante, non scade nei soliti cliché da macerativo duro e puro, non è neppure un mostro di dinamismo ma sa bene come resistere orgogliosamente al tempo.

Clio Cicogni – Valdarno di Sopra Cabernet Franc Pandora 2018

Dalle colline sopra Montevarchi. Fitto & compresso, di erbe e caffè, spezie fresche ed eucalipto, con generoso sottofondo di frutti neri e catrame, ecco un vino che dietro l’apparenza materica mostra una sinuosità e una scioltezza inattese, sostenute da un tannino ben integrato e da una tattilità setosa. Si allunga bene, e sa il fatto suo.

Fattoria La Striscia – Chianti Bernardino 2019 (sangiovese; colorino, canaiolo, merlot – cemento e bottiglia)

Sfumatissimo, tutto in sottrazione, quasi lieve, pressoché scarnificato. Ma con una spontaneità, una finezza e una “onestà costituzionale” che non passano inosservate. Simpaticissimo.

Fattoria Fazzuoli – Pugnitello 2012 (pugnitello)

Alle pendici del Pratomagno, fra Loro Ciuffenna e Pian di Scò. Ricordate Federico Fazzuoli, ex giornalista RAI e conduttore per molti anni di Linea Verde? Bene, è lui. Al naso è ricco ma ombroso, chiede tempo. Hai grafite, mineralità sottocutanea e poi ancora la vivida presenza dei frutti neri, ad annunciare un sorso energico e fluido al contempo, nonostante la concentrazione di materia. Davvero una bella vitalità, per essere un 2012.

Il Borro – Pian di Nova 2018 (syrah 75%, sangiovese 25% -acciaio e barrique di secondo e terzo passagio)

Dalle pendici del Pratomagno, nel comune di Loro Ciuffenna, il vino che assieme al magnifico Petruna guida la rivoluzione stilistica interna di casa Ferragamo. Freschezza, disinvoltura, scioltezza, sapidità in un vino infiltrante, tutto giocato sulle mezze tinte, che non smette di intrigare.

La Salceta  – La Nocetta 2017 (sangiovese; cabernet franc)

Da Setteponti, Loro Ciuffenna. Come un Pinot Nero altoatesino, con il rabarbaro e il fiele vegetale a contrappuntare un profilo fresco, profilato, verticale, teso e sostenuto lungo tutto lo sviluppo. E se il tannino non appare perfettamentte maturo, il nostro vanta un ottimo equilibrio per essere un 2017.

Mannucci Droandi – Campigliole 2020 (trebbiano, malvasia)

Da Campolucci, alle pendici orientali dei monti del Chianti, nel comune di Montevarchi. Espressivo, terragno, la dolcezza del frutto si sposa con la sapidità e concretizza un sorso verace senza un’ombra di rusticità. E’ polposo, caratterizzato, avvolgente… Insomma, un bianco arcaicamente toscano.

Marco Cincinelli – Il Legato 2018 (mammolo – botte grande e barrique)

Da Capolona. Le trasparenze sono belle a vedersi, e generano luce. Il naso è delicatissimo, un incantesimo a rischio di fragilità. Basta un niente per incrinarne l’assetto. Qui c’è un filo di volatile a sostenerlo, e sentori di nafta e frutta secca a screziarne il profilo, che è un profilo distintivo, senza che urli la sua presenza, solcato  peraltro da tannini puntiformi. Colpisce per diversità organolettica, più che per reale complessità.

Migliarina e Montozzi – Valdarno di Sopra Riserva Castello di Montozzi 2018 (sangiovese – cemento e tonneau)

Dal borgo omonimo sulle colline del Valdarno. Ottima freschezza aromatica qui, bel succo, bella misura, è ordinato, sciolto, elegante, con un tenore alcolico calibrato e una beva fresca e ritmata, screziata da sopportabili rivoli vegetali.

Ornina – Ornina 2017 (sangiovese; canaiolo – legni piccoli)

Da Castel Focognano, in Casentino. Fin da subito ti coinvolge per grazia e garbo espositivo. E per il tratto stilizzato, senza che alcol o tannini facciano la voce grossa. Anzi, in questi posti di sabbia e calcare il tannino adorna più che incidere, e scorta con gentilezza una trama floreal-balsamica che sembra fatta apposta per le rarefazioni, sostenuta da un provvidenziale alito di freschezza.

Paterna – Chianti Colli Aretini 2019 ( sangiovese; canaiolo, colorino, ciliegiolo)

Da Paterna, ai piedi del Pratomagno, un Chianti dei Colli Aretini davvero garbato e come stimolato dal fraseggio sottile dei profumi (di ascendente floreale); la sua compostezza sa di buono, la sua fragranza invoglia al bicchiere successivo e non significa affatto semplicità: solo pura concretezza, e giusta misura.

Petrolo – Valdarno di Sopra Sangiovese Bòggina A 2019 (sangiovese – vinificazione e affinamento in anfora)

Dal vecchio vigneto Bòggina, e da una firma che non abbisogna di presentazioni, ecco un Sangiovese affascinante, speziato, minerale, soffuso, sfumatissimo, arioso, di conclamata naturalezza espressiva e dissetante beva. Conseguimento raro.

Podere della Civettaja – Pinot Nero 2018

Da Civettaja, in Casentino. Bella sfumatura floreale per un rosso spigliato, poco estrattivo, dalla beva succosissima e dalla fragranza gentile, accordato in ogni passaggio gustativo, trascinato dalla corrente acida, aggraziato e gustoso. Un must.

Podere Il Carnasciale – Il Carnasciale 2019 (caberlot – legno grande)

Dal Valdarno sponda Montevarchi. Enorme speziatura naturale e pregevole integrità di trama e di frutto: è arioso, fresco, ritmato e come sospeso. Che portamento, che levità intrisa di sapore! Un capolavoro di vino.

Sàgona – Sàgona 2018 ( sangiovese; canaiolo, malvasia nera)

Da Loro Ciuffenna, Pratomagno. Pimpante, profilato, sciolto, pepato, nitido, senza sbavature, simpaticissimo e pure originale. E se il tannino morde un po’, ne apprezzi comunque la profondità.

Villa La Ripa – Tiratari 2018 (sangiovese 75%, syrah 25% – tonneau e barrique)

Da Antria, alle porte di Arezzo, poco prima dei boschi. Sfaccettato, intrigante, minerale, fresco, melodioso, ecco un rosso elegante e compiuto. Un pizzico di alcol in meno e sarebbe eccellente.

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FERNANDO PARDINI

2 COMMENTS

  1. Bravo! Bella panoramica su zone schiacciate dai grandi nomi. Menzionerei anche Podere Luisa e Fattoria di Casoria.

  2. Grazie Hazel dei suggerimenti. Non ho incontrato i vini di queste due realtà, nella ricognizione di quest’anno. Vedremo di recuperare!

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