Bellenda, Conegliano Valdobbiadene e il Metodo Classico

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Ho sempre pensato che esistesse un altro volto di Conegliano Valdobbiadene, un “lato oscuro della forza”, per dirla alla Star Wars. Nonostante i record da capogiro del noto spumante veneto, l’immaginario collettivo, spinto da superficialità e da quel pizzico di ignoranza/arroganza che va tanto di moda in questi anni, ha sempre relegato il Prosecco a bevanda industriale, buona solo per lo Spritz o per la classica festa di compleanno con tanto di bicchieri di carta e popcorn. Pochi in realtà conoscono la differenza tra Prosecco Doc e Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg. Chi distingue le due tipologie fa già parte di una categoria di bevitori, il più delle volte non occasionali, e dunque non fa testo perché presente in percentuali davvero minime in Italia.

Considerando questo aspetto, provate a immaginare quanti possano conoscere vini prodotti con uve glera 100% e facenti parte della denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Metodo Classico. Le nobili bollicine italiane stanno guadagnando sempre maggior consenso in tutto il mondo, e a mio avviso c’è spazio per tutti, l’importante è offrire un prodotto che possa raccontare le peculiarità del territorio e il vero DNA del vitigno utilizzato; mi rendo conto che non è semplice, perché questa particolare categoria di vino è complicata da realizzare.

Bellenda è indubbiamente una tra le aziende che, ormai da anni, è riuscita ad imporsi all’attenzione del grande pubblico per la capacità di tradurre il Conegliano Valdobbiadene in tutte le lingue del mondo, e non solo a livello di mercati, ma in luogo a svariate sperimentazioni che vanno a comporre una gamma di vini diversificata e di alta qualità. La famiglia Cosmo, attiva da sempre nel settore agricolo, fonda la Cantina Bellenda nel 1986. Lo scenario è quello delle suggestive colline in località Carpesica, piccolo comune di circa 1.400 abitanti affacciato su vigneti e caseggiati rurali. Il borgo è una frazione di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, ricordiamo che questo territorio fa parte della Strada del Prosecco e Vini dei Colli Conegliano, dal 2020 Sito Unesco.

Tra le alte cose suddetto comune è passato alla storia come teatro dell’ultima battaglia tra l’esercito italiano e le truppe austro-ungariche nella Prima Guerra Mondiale. Già dal nome dell’azienda è facile intuire quanto sia forte il legame col territorio: Bellenda è il toponimo che identifica la parte di collina in cui si trova il corpo principale dei suoi vigneti. Un luogo ricco di storia e fascino, basti pensare che il nome appare per la prima volta in un documento testamentario del XIII secolo nel quale si menziona la donazione del terreno al monastero Cistercense di Belluno da parte della proprietaria Signora Belenda. L’azienda può contare su 35 ettari di terreno vitato, l’80% dei quali sono riservati all’uva glera, vitigno autoctono a bacca bianca originario di queste colline da cui nascono i Prosecco Superiore Metodo Classico. Il restante 20% è suddiviso tra cabernet sauvignon e franc, merlot, oltre a una varietà a bacca nera piuttosto nota nel nord-est d’Italia, il marzemino, utilizzata per la produzione del Colli di Conegliano Rosso; a saldo chardonnay e pinot nero destinati ad altre etichette metodo classico dal taglio internazionale.

Conegliano Valdobbiadene è un’area vitivinicola veneta che mostra un paesaggio collinare incantevole, ricco di sentieri spesso impervi e scoscesi, altitudini non indifferenti che offrono esposizioni di tutto rispetto; dista 50 km da Venezia e circa 100 dalle Dolomiti. La particolare collocazione geografica crea un microclima adatto alla coltura della vite: di sera l’aria che soffia dalle cime montuose rinfresca le uve, di contro durante il mattino gli influssi della laguna veneziana riscaldano in modo piuttosto netto; lo sbalzo termico venutosi a creare dona al Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore profumi e ricchezza aromatica. La origini vitivinicole di quest’area, testimoniate da diversi carteggi dell’epoca, risalgono al 1772. Oggigiorno la denominazione comprende 15 comuni in provincia di Treviso: Cison di Valmarino, Colle Umberto, Conegliano, Farra di Soligo, Follina, Miane, Pieve di Soligo, Refrontolo, San Pietro di Feletto, San Vendemiano, Susegana, Tarzo, Valdobbiadene, Vidor, Vittorio Veneto.

A completare un quadro già piuttosto vasto esiste la categoria Superiore di Cartizze, prodotta esclusivamente nel territorio della frazione di S. Pietro di Barbozza. Un altro aspetto fondamentale per Bellenda è la salvaguardia del territorio, vero patrimonio da difendere ad ogni costo. I fratelli Cosmo considerano la vigna un’opera straordinaria in cui natura e uomo devono agire in perfetta sinergia. Per realizzare tutto ciò è fondamentale l’utilizzo di pratiche agronomiche sensate e poco invasive al fine di ridurre la propria impronta ambientale. Si inizia tra i filari delle vigne dove l’impiego di prodotti è ridotto all’osso, si cerca di stare al di sotto del limite imposto dal disciplinare; tale livello è disciplinato da una commissione di esperti che giornalmente studia il modo di salvaguardare il territorio per non rovinare la salute e la bellezza del paesaggio.

Vengono banditi i diserbanti dunque il terreno, lavorato e sfalciato, produce i cosiddetti residui di potatura, gli stessi sono recuperati e utilizzati a scopi energetici. La biodiversità è un aspetto che non deve mai prescindere dal territorio, e al fine di proteggerla l’azienda si prende cura di ampi spazi di bosco all’interno dei propri confini. La cantina, inoltre, sta acquisendo la certificazione relativa alla procedura SQNPI, la stessa riguarda la difesa integrata volontaria che risponde a norme tecniche specifiche per ciascuna coltura e a indicazioni fitosanitarie vincolanti, poiché relative ai disciplinari di produzione. Altri aspetti importanti in tema d’impatto ambientale sono all’ordine del giorno in casa Bellenda: pannelli solari, pompe di calore a gas naturale e utilizzo di vetro riciclato e imballaggi provenienti da fonti rinnovabili certificate. Veniamo dunque ai due vini che ho avuto occasione di assaggiare. Dopo tanta teoria è attraverso la pratica che si riesce a mettere a fuoco maggiormente l’identità di una cantina.

SEI UNO Conegliano Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Extra Brut 2018 Rive di Carpesica

Credits Danila Atzeni

Il SEI UNO nasce con l’intento di ricordare una data assai cara per la famiglia Cosmo, e allo stesso tempo quello di offrire un prodotto in grado di mostrare le peculiarità dell’uva glera, allevata a Sylvoz e Cappuccina nella zona di Carpesica, con giaciture sud-sud ovest. Il terreno da queste parti è argilloso calcareo, ricco dei residui di morena glaciale dell’antico ghiacciaio del Piave che scendeva dalla sella del Fadalto, tra il monte Pizzoc e il monte Visentin. L’altitudine media è di 180 m s.l.m., densità di 4000 piante per ettaro e 80 Hl/Ha. Si inizia con una vendemmia effettuata nella seconda metà di settembre, diraspatura e successiva pressatura soffice, decantazione statica del mosto e successiva fermentazione in acciaio a 18-20 °C. Affinamento su fecce fini, spumantizzazione con fermentazione in bottiglia per 13 mesi, sboccatura e ricolmatura con minimo dosaggio; successivo affinamento in bottiglia per un minimo di 6 mesi prima della vendita.

Trama paglierino chiaro, vivace, elegante. Bollicine fini e abbastanza copiose, il perlage tuttavia resiste a distanza di minuti. Naso fragrante, timbro di media intensità caratterizzato da toni erbacei che si confondono con scie agrumate e mais tostato; il frutto è dolce, croccante, sa di pera Kaiser e susina gialla; elegante il finale, che ricorda il sedano e finocchio. Bolla carezzevole tuttavia incisiva, freschezza incalzante, coerenza di toni acidi e media sapidità, un vino che scivola con disinvoltura regalando un finale pulito che invoglia il secondo, terzo, quarto sorso. Perfetto in abbinamento al classico fritto di paranza estivo, a base di ortaggi e pesce fresco.

S.C. 1931 Metodo Classico Conegliano Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Pas Dosé 2016,

Credits Danila Atzeni

Saliamo ulteriormente di livello, Bellenda vuole dare un saggio delle potenzialità dell’uva glera attraverso il metodo classico; non solo, desidera “giocare” con l’affinamento sui lieviti e post sboccatura; il nome in etichetta è un omaggio al fondatore Sergio Cosmo e al suo anno di nascita. Caratteristiche identiche all’etichetta precedente, varia solo la tipologia, in questo caso Pas Dosé con residuo pari a un grammo litro (contro i 2,04 del SEI UNO Extra Brut) e l’affinamento sui lieviti, che dura 22-24 mesi. Considerando quest’ultimo elemento il vino ha riposato diverso tempo anche dopo la sboccatura e si sente, ora vedremo il perché.

Paglierino intenso con evidenti riflessi oro antico resi ancor più luminosi da un perlage minuto e continuo. Il naso si apre a percezioni di frutta matura ben lontana da toni esausti: susina, albicocca, pera Williams, contornate da un’eco agrumato che sa di mandarino, litchi; con lenta ossigenazione è la complessità ad aver la meglio, dunque frutta secca tra cui nocciole e mandorle – anche glassate – e un misto tra floreale acre, mimosa, e toni di pasticceria quali frolla e crema al limone. In bocca la bollicina è carica di sprint, seta che gioca ad imitar la stoffa. Al di là della freschezza di fondo, vero e proprio marchio di fabbrica di Bellenda, ciò che cattura maggiormente è l’impronta salina da grande spumante prodotto in territori vocati; l’allungo è pressoché interminabile tuttavia non satura il palato, lascia un senso di freschezza, pulizia e coerenza con quanto percepito al naso. Un vino che convince appieno, a mio avviso i due anni post sboccatura sono davvero il minimo sindacale, considerando il potenziale. Questa volta in tema di abbinamento ho optato per un classico della cucina veneta: baccalà mantecato, che è come un rigore a porta vuota.

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Immagine di copertina by Danila Atzeni

Dove non specificatamente indicato, le immagini sono state gentilmente offerte dalla cantina.

 

 

 

 

Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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