Tiezzi, la purezza del sangiovese tra le colline di Montalcino

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Quello con Enzo Tiezzi è stato un incontro molto importante per me, significativo sotto diversi aspetti. Di conseguenza sento il dovere di ringraziarlo pubblicamente per la mezza giornata dedicatami; la compagnia squisita della figlia Monica, poi, ha fatto il resto. Parlare a briglia sciolta con Enzo equivale a tornare tra i banchi di scuola, ma il clima che si respira è tutt’altro: prevale sempre e solo l’emozione, il sentimento verso una terra magnifica che da tempo ha conquistato il mondo enoico.

Da buon novarese la passione viscerale verso il nebbiolo mi ha inevitabilmente portato, negli anni, a studiare l’uva sangiovese e i diversi aspetti che la caratterizzano, non soltanto per scovare all’interno del Bel paese una varietà in grado di competere ad armi pari con il re dei vitigni piemontesi, ma soprattutto perché la storia che lo circonda è affascinante quanto un buon bicchiere di Brunello.

E’ appunto Montalcino  il cuore pulsante della cantina Tiezzi; questo splendido borgo d’origine medioevale della Val d’Orcia, senza dubbio tra i comuni più noti dell’intera Toscana del vino, è caratterizzato da un paesaggio pittoresco e indimenticabile ad ogni stagione dell’anno. I colori variano dal verde al giallo ocra, al marrone, l’arancione-rossiccio delle foglie durante l’autunno; l’inquadratura si allarga sino ad arrivare ad un campo totale in grado di comprendere un profilo austero che si distende su un sistema collinare piuttosto variegato. Il centro sorge ad un’altitudine di 564 m s.l.m., tuttavia in alcuni punti si raggiungono tranquillamente i 600 ed oltre: il poggio Civitella (661 m s.l.m.), dove troviamo un’antica fortezza etrusca, il passo del Lume Spento (621 m s.l.m.) e infine il poggio Osticcio (624 m s.l.m.).

Tornando alla splendida Val d’Orcia è corretto dare alcune coordinate perché trattasi di uno tra i paesaggi più importanti al mondo, e che tutti ci invidiano. Caratterizzata da un’ampia campagna a nord e ad est del Monte Amiata, tra le più incontaminate della provincia di Siena, è piuttosto prossima al confine con l’Umbria. Il fiume Orcia le dà il nome e scorre più o meno al centro. Montalcino conta circa 5.663 abitanti e per estensione territoriale può considerarsi il più esteso della provincia di Siena, con ben 310,31 km². All’interno della Val d’Orcia è ubicato a nord-ovest del Monte Amiata sul confine amministrativo con la provincia di Grosseto.

Ricordo un aneddoto piuttosto significativo che aiuterà a comprendere quanto Enzo Tiezzi possa considerarsi a ragion veduta tra i personaggi chiave della storia di questo comune. Ricordo di aver impostato il navigatore per raggiungere la cantina e una volta giunto a destinazione sono rimasto inebetito, la svolta segnalata era verso il nulla, verso uno strapiombo dove albergavano forse le vigne più belle dell’intero comprensorio; a sinistra il santuario della Madonna del Soccorso, dunque dove si nasconde l’Azienda Tiezzi? Semplice, nel cuore pulsante di Montalcino; un timido vicoletto che affianca la strada provinciale sembra voler ricordare che le più grandi cantine al mondo – potrei citare una marea di esempi – non si concedono facilmente, vanno ricercate tipo caccia al tesoro. Ne è valsa la pena, perché svoltato l’angolo davanti ai miei occhi si palesa un panorama a dir poco mozzafiato, quello di Vigna del Soccorso, considerata una delle più importanti e storiche della denominazione.

Enzo Tiezzi, nato a San Quirico d’Orcia,  classe 1939, ha sempre provato un amore viscerale per la campagna e per tutto ciò che gravita attorno alla natura, tanto da aver dedicato la propria vita a questo mondo. Dopo svariate esperienze presso aziende storiche del territorio, quali Poggio alle Mura (oggi la conosciamo come Banfi), poco più che maggiorenne ha vissuto sulla propria pelle la cosiddetta rivoluzione agraria avvenuta negli anni Sessanta, la meccanizzazione è stata una grande opportunità per la viticoltura. L’entusiasmo, la passione e soprattutto una reale capacità di visione d’insieme l’hanno portato qualche anno più tardi ad intraprendere la carriera di dirigente presso due aziende ilcinesi: Argiano e Col D’Orcia del gruppo Cinzano; i più attempati ricorderanno il famoso metodo omonimo inventato dal gruppo e dedicato al mondo degli spumanti.

La passione per Montalcino lo spinse a laurearsi in Agraria proprio con una tesi sul vino principe di queste colline. Successive esperienze di tipo manageriale, o di consulenza, presso altri rinomati gruppi vitivinicoli l’hanno accompagnato per tutto il resto della carriera, inoltre l’incarico significativo come Consigliere del Consorzio del Brunello – durato ben 25 anni – ha fatto di lui una figura chiave della storia di quest’antico borgo.

La sua visione d’insieme e l’occhio rivolto al futuro, ben consapevole di difendere una tradizione antichissima, è stata la scintilla che ha permesso al territorio di Montalcino di raggiungere traguardi ancor più importanti rispetto a quelli già conseguiti. Dal 1982 al 1988, periodo in cui Enzo ricopriva la carica di Presidente del Consorzio del Brunello, fu lanciata dal nostro protagonista l’idea di abbattere – almeno parzialmente – l’enorme muro di problematiche rappresentato dal sacrosanto affinamento imposto dal disciplinare, ovvero 48 mesi, lanciando sul mercato quello che oggi conosciamo col nome di Rosso di Montalcino DOC.

Questa idea inizialmente non fu ben accolta, è piuttosto facile immaginare quanti si opposero, tuttavia l’idea di poter guadagnare progressivamente, anno dopo anno, con un vino di grande qualità – così da poter supportare economicamente meglio l’attesa del lancio del Brunello – pian piano venne accolta. Enzo nel suo intento riesce soprattutto a dimostrate che attraverso grandi competenze, tanto di tipo agronomico quanto di cantina, è possibile produrre un Sangiovese in purezza legato al territorio di Montalcino sensato quanto il Brunello. La sua idea di Rosso di Montalcino, tuttora splendidamente rappresentata dalla cantina Tiezzi, è quella di un vino caratterizzato da sfumature diverse, una maggior prontezza e bevibilità, pur conservando un animo prettamente ilcinese che lo contraddistingue rispetto a tutti gli altri vini, a base sangiovese, prodotti nel resto della Toscana.

Fine anni Ottanta: Enzo decide di mettersi in proprio e di fondare l’azienda omonima attraverso l’acquisto del podere Cerrino, la prima delle tre unità poderali di cui è composta attualmente la cantina; qualche anno dopo è la volta del podere Cigaleta. Indubbiamente è con l’acquisto del “Soccorso”, con annesso podere, che l’azienda entra a pieno titolo nella storia del Brunello. Un fazzoletto di terrà antico e particolarmente vocato da sempre legato indissolubilmente alla vita del Prof. Riccardo Paccagnini, antenato di famiglia, da molti considerato un vero e proprio pioniere a Montalcino. Fu tra i primi ad occuparsi della commercializzazione, e infatti è proprio qui che nasce – nell’anno 1870 – il primo vino etichettato come “Brunello”; già a quei tempi lo stesso ottenne prestigiosi riconoscimenti in varie città: Roma, Parigi, Marsiglia e Bordeaux.

Percorrendo su e giù i sentieri impervi della proprietà, tra vigneti ad alberello e altrettanti uliveti, è possibile constatare quanto questo territorio risulti vocato. L’illuminazione è surreale, tanto quanto la costante ventilazione che rinfresca le bacche e allontana le minacce delle più comuni malattie della vite. Soprattutto riguardo quest’ultimo punto, la filosofia di Enzo appare chiara, e coerente con il suo modo d’essere: le vigne vengono allevate scrupolosamente con tecniche agronomiche che sono il frutto di un’intera carriera, la sua; le potature manuali, così come il diradamento dei grappoli, la vendemmia e la selezione in vigna vengono affidate a persone esperte, di fiducia, supervisionate costantemente dalla sua esperienza. I soli trattamenti impiegati per salvaguardare il sano sviluppo della pianta sono circoscritti a rame e zolfo.

In cantina si predilige l’utilizzo di lieviti indigeni per avviare la fermentazione, la stessa si completa in tini di legno, mentre per l’affinamento la scelta ricade sul classicismo assoluto: botti grandi di rovere di Slavonia, così da innescare un’ossigenazione lenta e graduale. Quest’ultima caratteristica, unita all’esperienza riguardante la gestione della curva ottimale di maturazione dell’uva, conferisce ai vini di Tiezzi quel grip tannico e quella verticalità gustativa che da sempre rappresentano il marchio di fabbrica dell’intera gamma.

Per comprendere a fondo i mille aspetti di queste colline, e delle relative vigne di proprietà dell’azienda, è tempo di passare alla degustazione. Lo facciamo all’interno della cantina di famiglia, colma di ricordi e di affreschi: una sorta di museo del vino, un luogo che rapisce.

Toscana Igt Rosato 2020

Iniziamo da un Rosato senza compromessi di sorta: o piace o non piace. Al sottoscritto è piaciuto tantissimo. Proprio perché non simboleggia il cosiddetto vino di catalogo prodotto giusto per accontentare la richiesta degli importatori o per seguire le mode del momento. Sangiovese 100% da salasso (e si nota già dal colore indubbiamente marcato), la tonalità è tra il rubino e il rosa chiaretto. Vibrante, come la freschezza che in bocca non lascia scampo, in senso buono ovviamente. Il naso è un tripudio di frutti rossi, ribes in primis, mandorla tostata e rosolio, su sottili incursioni di terriccio bagnato. La sapidità è la prima a conquistare, funge da “trailer” per imprimere nella mente il livello qualitativo del “film” che successivamente, attraverso i rossi, il degustatore andrà a “visionare”.

Rosso di Montalcino Poggio Cerrino 2019

Tre chilometri in direzione nord di Montalcino, lungo la “Strada del Brunello”: è qui che nasce il Rosso di Montalcino Poggio Cerrino 2019, da vigne vecchie appartenenti all’azienda. Da queste parti la matrice del terreno è argillosa-calcarea con modesta quantità di scheletro, residui di agglomerati di calcio e forte presenza di fossili; non solo, c’è un’altra area dove la prevalenza calcarea è ancora sabbiosa con scheletro costituito da scisti di galestro e da pietre di alberese, quest’ultimi tipici del terroir senese. Provate a immaginare dietro a tutto questo ben di Dio, a livello enologico, che tipo di sangiovese possa venir fuori.

Considerando l’importanza storica di quest’etichetta è doveroso un approfondimento: le uve vengono allevate a cordone speronato, i vigneti in questione sono Cerrino e Cigaleta – l’età in media è 44 anni – posti ad una altitudine di 340 m s.l.m., esposizione nord-est. La conduzione agronomica è di tipo biologico: potatura manuale, diradamento e meticolosa scelta dei grappoli con raccolta manuale. Le uve vengono fermentate per oltre 20 giorni in tini di legno con fermentazioni lunghe e libere, senza il controllo della temperatura e senza lieviti aggiunti. Affina un anno in botti grandi di rovere di Slavonia, le stesse del Brunello, secondo la tradizione ilcinese. Trama rubino profondo, caldo, mostra buona consistenza. Al naso un mix di frutti rossi di rovo e spezie dolci, intervallati qua e là da rimandi legati inesorabilmente al terreno; dunque mora, lampone, rosa rossa, timo, pepe bianco, grafite e tabacco, in chiusura terriccio umido. In bocca vi è sinergia tra parti sapide e freschezza, spinta ai massimi livelli da un profilo snello, austero, caratterizzato da un tannino vispo e dolce; persistenza notevole e sapidità protagonista. Un vino che non teme in nessun modo il lungo affinamento. Ideale su un piatto di pici al ragù bianco di cinta senese.

Brunello di Montalcino Poggio Cerrino 2016

Annata grandiosa anche da queste parti, il Brunello Poggio Cerrino 2016 proviene da vigne che hanno in media 35 anni d’età; allevamento a spalliera, le uve vengono fermentate per oltre 20 giorni in tini di legno, affina 44 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia, più altri 4 mesi in bottiglia prima della vendita. Rubino squillante con unghia granata, estratto da vendere. Il respiro è ammaliante, giocato su toni dolci-acidi legati ai frutti rossi tra cui ribes, amarena e arancia sanguinella; fa capolino la spezia, sinuosa, avvolgente, sa di noce moscata, ginepro, svariate bacche appartenenti alla macchia mediterranea e offre un curioso accento di rossetto sul finale, dov’è altrettanto palese il timo e svariate erbe officinali da grande amaro. Il sorso in questa fase è la quintessenza della verticalità: tannino importante, salivazione a non finire per via di tanto sale, e una freschezza che implementa la voglia di bere il secondo, terzo, quarto sorso fino all’intera bottiglia.

Brunello di Montalcino Poggio Cerrino 2015

L’annata in questo caso ha registrato medie stagionali, soprattutto estive, più alte della norma, tuttavia ben lontane da problemi d’estrema siccità registrati in altri millesimi. Tra il rubino e il granato squillante, a vantaggio di quest’ultimo con l’invecchiamento, si apre a percezioni di rosolio, amarena matura, garofano selvatico e un ricordo di capperi in salamoia; cambia registro di continuo palesando, a distanza di minuti dalla mescita, un profilo legato al terreno di cui è figlio in un crescendo di complessità. In bocca è avvolgente, tuttavia attraversato da lampi di freschezza estrema che lo rendono irresistibile, dal tannino mordente, con profondità e spessore da grande Brunello, chapeau! Da provare su un piatto di agnello in umido con abbondante cipolla, legato a fine cottura da uova e zafferano, ricetta tipica del campidanese; ogni tanto è bello uscire dal confine “imposto” dall’abbinamento territoriale. Lodevole l’abbinamento con un piatto di stracotto toscano a base di sorra.

Brunello di Montalcino Poggio Cerrino 2017

Quando il gioco si fa duro…” recita un vecchio adagio. Enzo Tiezzi mi ha parlato della 2017, annata torrida a livello globale, con disincantata poesia e amore verso Montalcino. I motivi in gran parte li ho già spiegati all’inizio dell’articolo: ventilazione costante, altitudini e sistema d’allevamento giocano un ruolo fondamentale in annate del genere, ma è l’attenzione in vigna l’arma vincente per conseguire un buon risultato anche in millesimi tanto difficili. La riprova sta in un Poggio Cerrino 2017 goloso a 360°, a partire dal colore squillante, rubino acceso, caldo. Il naso ha le curve sinuose di Marilyn Monroe, un tripudio di frutti maturi quali amarena, susina nera, noce moscata; a distanza di un quarto d’ora squaderna note di cosmesi, dunque rossetto, financo cipria avvolti da una coltre balsamica e di spezie orientali. Il palato segue la stessa linea d’onda: è un Brunello goloso sin da ora, avvolge totalmente il palato e il consueto grip tannico, oltre a rappresentare lo stile di casa Tiezzi, riordina l’equilibrio in un crescendo di freschezza e sapidità che fanno ben presagire per il futuro. Abbinato ad un buon peposo toscano, secondo piatto tipico di questa regione, è la morte sua e la gioia nostra.

Brunello di Montalcino Vigna Soccorso 2017

Vigna Soccorso per gli appassionati di Brunello equivale al Cannubi per gli estimatori di Barolo, a un Clos de Bèze per quelli di Borgogna, e via dicendo. La grandiosità di questa vigna allevata ad alberello, situata ad un’altitudine di 500 metri s.l.m. con esposizione sud-ovest, si percepisce soprattutto camminando su e giù tra i sentieri impervi che costeggiano il podere dove Enzo e Monica ci hanno ospitato e dove ho lasciato un pezzo di cuore. I terreni sono costituiti da limo sabbioso, scheletro, sedimenti vulcanici e tischi; l’esperienza del nostro protagonista gioca un ruolo fondamentale, la ricerca in senso assoluto della bassa produzione è possibile attraverso interventi agronomici ben mirati, inutile ricordare quanto la selezione in fase di vendemmia risulti maniacale per Enzo. E’ un vino stabilizzato naturalmente e non filtrato, la fermentazione di protrae per oltre 20 giorni in tini di rovere di Slavonia; affina 44 mesi in botti di rovere di dimensioni 10/40 hl. Rubino vivace e acceso attraversato da lampi granata, si distingue per la delicatezza dei toni fruttati maturi: susina e durone di Vignola giocano a rincorrersi, il rosolio apre la strada a percezioni terrose d’incenso, sottobosco e grafite; con lenta ossigenazione emerge la spezia, l’alloro e un prezioso richiamo all’immancabile macchia mediterranea, ginepro rosso e lentisco. In bocca la consueta suadenza, data dal millesimo, è attenuata ancor di più nel Soccorso – dove l’altitudine delle vigne gioca un ruolo fondamentale – da una dirompente freschezza che rende il sorso irresistibile. Profondità e salinità cesellano un quadro gustativo già definito ma che tanto avrà da raccontare in futuro. Perfetto su un pecorino di Pienza stagionato in cenere e alloro.

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Crediti fotografici di Danila Atzeni

 

 

Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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