Da Milano ai Colli Piacentini in bici. Terza parte: Castell’Arquato-Fiorenzuola (Distina, La Poiesa)

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Domenica mattina, 19 giugno. È l’ultimo giorno di questo viaggio in bici su e giù per i Colli Piacentini (qui e qui le due parti precedenti), scollinando alla scoperta di un paesaggio agricolo emozionante e dei suoi vignaioli artigiani. Oggi non avrò molti chilometri da percorrere rispetto ai giorni precedenti. Mi alzo con calma e mentre faccio colazione scambio quattro chiacchiere con Cristina, che gestisce il B&B Villa Dircea e che mi rifornisce di torta, acqua fresca e di una più che utile doppia dose di caffè. Scendo in cantina e monto le borse sulla bici, la porto su, saluto e parto. So bene fin dall’inizio del progetto cosa voglio fare adesso: salire in bici in Castell’Arquato. Da quando conosco questo borgo arroccato su un colle alla sinistra del fiume Arda, è un’idea fissa. Castell’Arquato è una cittadina medievale mantenutasi intatta nei secoli, che ha incredibilmente saputo resistere all’asfalto e alle facilità dei tempi del cemento armato e delle facciate scialbate: le strade sono tutte in acciottolato, le facciate in pietra e laterizio, i tetti tutti coerenti con la sua matrice antica. Visto da basso il borgo è quasi un archetipo, un paesello-presepe, con la peculiarità che è un borgo reale. Si varca l’arco d’accesso ai piedi del colle: finisce l’asfalto e inizia la pietra. Salendo, sulla destra ecco il Voltone, luogo immancabile della gastronomia arquatese, dotato di una favolosa cantina e di professionalità imperdibili. Pedalo e salgo su, devìo a sinistra per passare davanti alla Fontana del Duca con le sue numerose cannelle e il severo palazzo duecentesco che la sovrasta. Pedalando agile sui ciottoli tondi mi ricongiungo alla via principale, passo sotto alla volta di Palazzo Stradivari, salgo ancora in questa arteria che si fa tortuosa presso la chiesa della Santissima Trinità, passo davanti alla casa natale di Luigi Illica, librettista di Puccini che insieme a Giuseppe Giacosa scrisse La bohème, Tosca, Madama Butterfly. Palpiti di storia. Un’ultima svolta a sinistra ed ecco che appare una delle piazze più belle d’Italia, capolavoro del Medioevo: la Piazza del Municipio lascia a bocca aperta, è un salto indietro nel tempo, con gli archi gotici e i merli del Palazzo del Municipio, le incredibili quattro absidi in arenaria della Collegiata di Santa Maria Assunta, consacrata nel 1122 (compie quest’anno 900 anni…), le merlature della Rocca, ultimata nel 1349 a strapiombo sulla Val d’Arda. Un complesso di una coerenza e una bellezza da lasciare senza fiato.
Passano alcuni ciclisti, ci scambiamo due parole e ci facciamo un paio di foto davanti a questa meraviglia. Poi via, non ho più tempo: mi attende Claudio Campaner. Ciao Castell’Arquato.

 

Scendo a valle, passo l’Arda, poi a destra ricomincio a salire verso Bacedasco Alto. La strada mi offre alcune visioni spettacolari del borgo di Castell’Arquato visto dall’alto, poi la strada piega a sinistra e si fa più solitaria. Boschi, vigne, campi, tanto silenzio. Piano piano la strada si allontana dalla Val d’Ada e si porta sulla dorsale del colle che corre in direzione est-ovest. Costa Stradivari è una località dal nome suggestivo e dai panorami struggenti su valli laterali pettinate dai vigneti, rinfrescate dai boschi, punteggiate di piccole cascine. Supero Bacedasco Alto, risalgo pochi metri e arrivo all’azienda Distina dove mi aspetta Claudio Campaner.

In pochi minuti ci ritroviamo io, Claudio e Maria Elena Boggio, blogger-enotecara con la quale ho fatto una lunga riflessione sui vini naturali, che è partita stamani da Milano per accompagnarmi in questa parte finale del viaggio.

DISTINA

Claudio Campaner, 35 anni, è nato a Milano e ha fatto studi economici. I genitori (il padre è di origine veneta), come molti che vivono a Milano, avevano una casa e un pezzo di terra sui Colli Piacentini, per venire a respirare aria buona. Claudio dopo la laurea in economia entra a lavorare per grandi aziende nell’ambito del controllo di gestione.

Sono ambienti molto competitivi, ho imparato tanto, mi è servito molto per il lavoro che faccio oggi – racconta della sua esperienza da impiegato -. Poi nel 2015, a 28 anni, decido di cambiare: faccio una sessione di formazione in distillazione con Vittorio Capovilla, quindi vengo qui e mi metto a lavorare nel podere di famiglia: nel 2017 nasce Distìna, nome che è l’unione di Distilleria e Cantina.

L’azienda è estesa 6 ettari, di cui 2,5 ettari vitati, a cavallo tra Val D’arda (verso nord) e valle Ongina (verso sud) al confine con la provincia di Parma; la cantina è a quote attorno ai 255 metri. I terreni sono composti di argille bianche e sabbie fossili del Piacenziano, i terreni classici per la produzione del Monterosso. I vitigni presenti in vigna sono quelli classici del territorio: barbera e bonarda per i rossi, malvasia, moscato, ortrugo e marsanne per i bianchi; l’età delle viti varia dai 40 anni della vigna più vecchia all’ultimo impianto del 2012. Il sistema di conduzione (e di ripristino delle vecchie viti) è quello del metodo Simonit & Sirch.
Appena entrati in cantina, la prima cosa che si nota è la caldaia dell’alambicco di distillazione; è un elemento centrale sia fisicamente, sia nelle intenzioni di Claudio, che nasce come distillatore.

 

Il processo di distillazione – racconta Claudio – dipende dal momento in cui vado a distillare le vinacce: se distillo subito dopo la svinatura, le lascio più umide. Se invece per esigenze di tempo (dato che il processo di distillazione è molto lungo) devo conservare le vinacce in speciali sacchi alimentari, allora preferisco tenerle più asciutte. In ogni caso distillo entro un mese e mezzo dalla svinatura.

 

Ogni cotta consente di caricare in caldaia 90 chili di vinacce, che vengono gradualmente riscaldate dal basso con l’immissione di vapore caldo. Claudio racconta che riesce a fare un massimo di 4 “prime cotte” al giorno. La prima cotta non è la grappa vera e propria: produce la cosiddetta “flemma” , composta da acqua (60%) e alcol. La flemma viene poi ridistillata (il cosiddetto “ripasso”) a temperature più basse e con tempi più lenti: il primo frutto della seconda distillazione è la “testa” (evapora a temperature inferiori agli 80° centigradi) e va eliminata, dato che è composta in prevalenza da alcol metilico, il più volatile.
Agli 80° arriva invece il momento in cui dalla colonna di raffreddamento esce l’alcol etilico. Vicini ai 100° inizia l’ultima fase, quella delle code, anche queste da tagliare via, con composti volatili più rustici e meno gradevoli.

Quello che distingue il mastro distillatore è la capacità di saper rallentare la seconda distillazione; è un gioco di bilanciamenti in cui si lavora col termometro e con il proprio naso.
Il cuore del distillato esce a una gradazione oscillante tra i 75 e gli 80 gradi in volume alcolico, ed è molto scomposto; Capovilla mi ha insegnato l’importanza del tempo di stoccaggio del cuore. Molto lentamente, in fusti di acciaio, si avvia il processo di esterificazione, in cui i profumi si ricompongono e strutturano.

Claudio ci fa assaggiare “col dito” il cuore di malvasia, un assaggio impossibile in altre condizioni: incredibile il profumo di fiore di limone. Tra i fusti, ecco anche l’acquavite di moscato bianco, il distillato di mela renetta, la grappa di ortrugo e quella di sauvignon (fatta con le vinacce provenienti dall’azienda Il Poggio, meravigliosa, equilibratissima).
L’ultima fase della produzione della grappa dopo l’esterificazione è quella della riduzione del grado alcolico mediante l’aggiunta di acqua, ed eventuale affinamento in legno.

GLI ASSAGGI

Dopo un benvenuto con la Grappa di Malvasia (si resta stupiti per il naso morbidissimo, la bocca fine, verticale, con un retronasale di impronta quasi “torbata”) e la visita nella parte sotterranea della cantina, si riemerge per gli assaggi vinicoli.
Ma il leitmotiv di questo viaggio è quello della collaborazione: il primo assaggio non è di Distina ma è per presentare i vini di un amico, Roberto Cristi, dell’azienda La Poiesa. Roberto ha una storia simile a quella di Claudio: viene da fuori, da Torino, ha fatto altri studi (è geometra), è giovane e ha da pochi anni iniziato a produrre vino rilevando i terreni familiari. La sua vigna è sui suoli argillosi della prima collina di Carpaneto Piacentino. Ha iniziato col vino nel 2016.

 

Burbero Vino Bianco Frizzante 2018 – La Poiesa
100% ortrugo macerato per 2 settimane sulle bucce. Agrumato, fresco, verticale, piacevolissimo.

Filòm Vino bianco Fermo 2020 – La Poiesa
Da uve Malvasia macerato per 4 settimane. Sorprendentemente salino, in bocca ricorda la frutta fresca, è sostanzioso dal bellissimo tannino e ottimo sviluppo.

Castlàss Vino Rosato Frizzante 2020 – La Poiesa
Da uve barbera e bonarda, con una permanenza di 2 ore sulle bucce. Ha naso di ciliegia, fragola, ampio ma fresco allo stesso tempo, una bolla che lo rende masticabile, molto piacevole e gastronomico.

Ambra Vino Bianco Frizzante 2020 – Distina
Un uvaggio basato sulla malvasia (60%), con saldo di moscato bianco (20%), trebbiano, sauvignon, ortrugo e marsanne. Agrume e note aromatiche primarie della malvasia, in bocca si percepisce l’impianto tannico dato dalla macerazione di circa 15 giorni con le bucce.

Bason Vino Rosso Frizzante 2019 – Distina
Taglio di barbera e bonarda ricavate dalla vecchia vigna esposta a sud verso la valle Ongina (vigna Basòn, appunto). Ha un color rubino vivacissimo, naso pulito di piccoli frutti rossi, in bocca rivela una bellissima finezza, con un tannino equilibrato e ben tarato. Vino davvero notevole.

Grappa di ortrugo 2018 – Distina 43% alc.
Complessa e ampia in bocca, bellissima grappa con note fruttate che ricordano la pera.

DA FACCINI

Dopo gli assaggi in cantina con Claudio e Maria Elena ci aspetta il pranzo. Che in zona Castell’Arquato significa andare da Faccini, storico portabandiera della tradizione arquatese, famoso per l’eccelsa selezione dei salumi, per le paste ripiene, per la mitologica faraona alla creta, oltre che per l’accuratissimo e amichevole servizio, coordinato dall’esperienza di Alessandro Villa, catalizzatore di conoscenze vinicole e di eccellenze del territorio.
Accompagnati dai vini di Claudio Campaner, ecco i salumi del territorio (salame gentile, coppa piacentina 18 mesi, prosciutto di Parma 40 mesi), poi il culatello della Bassa Parmense, la giardiniera, affiancati dall’imperdibile “burtlêina” (specialità a mezza strada tra il pane e la crêpe, molto croccante, che vale da sola il viaggio). Poi tra una chiacchiera e l’altra arrivano i tortelli piacentini (divini), le lasagne, i tagliolini ai fungi freschi; ecco poi la faraona cotta in forno avvolta nella creta, piatto-icona di Faccini, con una carne saporitissima e succosa, dall’ottima cottura. Cerchiamo in carta qualcosa che possa creare una assonanza interessante. Claudio nota un vecchio Dinavolo del 2010. Perché non provare?
Dinavolo Vino Bianco 2010 – Denavolo 12,5%
Malvasia ortrugo e marsanne, bianco fermo macerato. Trasparentissimo, un velo di cipolla chiaro, naso stupendo di china, ha una bocca perfetta che rappresenta al meglio la sua maturità. Commovente.

Anche il pane merita una menzione: è quello del forno Chiere di Piacenza, di Stefano Chieregato, recentemente premiato come Panettiere emergente dalla guida 2023 del Gambero Rosso. Il suo pane a pasta madre è fatto con le farine prodotte da Betta Montesissa e Max Croci; quello che si dice economia circolare, di territorio. Non rimane che assaggiare il gelato di Gian Luca Cavi (Magritte-Gelati al cubo, Fidenza), artigiano della qualità estrema. Insomma, Faccini è un hub di eccellenze del territorio, un concentrato di piacere gastronomico ma anche un termometro del cibo e del vino locale.

Alla fine arriva anche “il Geometra” Roberto Cristi. Si parla di avventure enologiche, di bevute epiche. I tavoli attorno si sono svuotati pian piano, il nostro resiste con una selva di bottiglie, in cui si aggiungono in ultimo le grappe di Claudio, il gran finale.
Si è creato uno spirito magico, non c’è che dire.
Quando ci alziamo per andare, notiamo in fondo alla veranda un tavolo occupato: è quello della partita a carte. Fantastico.

Ci salutiamo, nel pomeriggio Maria Elena avrà Roberto e Claudio come ciceroni speciali per visitare Castell’Arquato, io mi faccio riaccompagnare da Claudio alla cantina a riprendere la bici. Si parla un po’ di sogni, di futuro. Sono contento di avere conosciuto Claudio e Roberto: hanno idee, voglia di mettersi in gioco, visione, spirito di condivisione, ironia sorniona. Sono la nuova guardia dei vini piacentini, devo ringraziare Max Croci per avermeli fatti conoscere.
Collaborazione, collaborazione, collaborazione. È il mantra di questo viaggio. Un po’ quello che io e Maria Elena abbiamo cercato di fare “dall’altro lato della barricata”, ovvero dal lato di chi il vino lo racconta e lo propone. Anche sul lato del racconto del vino c’è bisogno di collaborazione, bisogna lasciare le piccole zone di comfort. C’è da mettersi in gioco.

E quindi eccomi qua, il vento della discesa in faccia, il vento caldo e le curve in mezzo al grano, queste curve in saliscendi che adoro. Arriva la pianura assolata e il momento di puntare verso la stazione di Fiorenzuola. Il rientro a Milano lo farò in treno.

Mi restano le gambe frementi di questa avventura, due taccuini pieni di appunti, la bici stracarica e impolverata, mille foto di cose bellissime e il ricordo degli occhi delle persone incredibili che ho conosciuto. Son partito tre giorni fa o tre mesi fa?

Viva la strada. Avanti.

RINGRAZIAMENTI
Ringrazio di cuore Max Croci per aver reso realizzabile questo progetto grazie al suo supporto logistico e organizzativo, per aver contattato i vignaioli e aver spiegato loro il progetto. Grazie per l’esempio, Max, l’amore per li territorio fa fare grandi cose.
Ringrazio Maria Elena Boggio lasecondadolescenza.it per essere stata presente dalle prime fasi del progetto e per aver dimostrato che anche dal lato di chi il vino lo racconta, si può fare un gran bel gioco di squadra.

Distina Azienda Agricola
di Claudio Campaner
Str. di Fellegara, 24, 29014 Castell’Arquato PC mappa: https://g.page/Distina?share
info@distina.it
www.distina.it/
www.instagram.com/distina.aziendagricola

La Poiesa
di Roberto Cristi
Cell. 347 0697858
Mail: info@lapoiesa.it
lapoiesa.it
info@lapoiesa.it
www.instagram.com/lapoiesa

 

Ristorante Da Faccini
Strada Provinciale 6, 10 – 29014 Località Sant′ Antonio – Castell′Arquato – Piacenza
tel. +39 0523 896340
info@ristorantefaccini.com
www.ristorantecastellarquato.it
www.instagram.com/ristorante_da_faccini
Chiuso il mercoledì

 

La cartografia del tour completo è visibile su Komoot QUI
Il segmento Castell’Arquato-Bacedasco Alto è visibile QUI
Il segmento Bacedasco Alto-Fiorenzuola è visibile QUI

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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