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La vecchia scuola e il Canaiolo (nero)

I vini di Filippo Rocchi sono buoni. A me piacciono. L’azienda sta a San Casciano Val di Pesa. Il Numero 8 è un rosso da uve canaiolo (nero). Il 2019 è buono. Il Chianti Colli Fiorentini è buono. Gli altri vini dell’azienda sono buoni anche loro e a me piacciono.

Spero che la suddetta recensione sia sufficientemente semplice e chiara. Pare infatti che i testi della vecchia scuola critica, di cui faccio parte se non altro per mere questioni anagrafiche, siano considerati “intellettualistici, oscuri, compiaciuti“, e che risultino “un esercizio egocentrico e corporativo“.

Me lo comunica, in tono asciutto, che non ammette ricorsi in Cassazione, il redattore di un sito off; anzi off off. Un sito che è l’avanguardia del vino primordiale; in attesa di essere sostituito come avanguardia da un sito off off off. Un sito di cui per fortuna non ricordo il nome, subito rimosso.

Ora, personalmente evito da anni lo schemino recensorio standard: “sulle morbide colline di x, l’azienda di y, fondata dal nonno Giuseppe nel 19vv, conta su zz ettari vitati. Il suolo, da disfacimento di terrecotte senesi smaltate, ha pH acidi e sviluppa 180 hP. La conduzione agronomica non è bio ma è molto logica. Le vigne ospitano – anche tramite airbnb – varietà tipiche del territorio. In cantina nei vasi vinari in cemento disarmato si usano solo lieviti autonomi” eccetera.

Però al medesimo tempo non mi butto certo nelle recensioni cubiste/espressioniste che colpiscono la quota di bevitori del “famolo strano”, cioè i seguitori dei siti off e off off:

Nando, o Nando.

Tu sei un facitore di vino vero e i tuoi vini sono luce. È dal cretaceo che aspetto una carezza del tuo vino, una carezza, un pugno, un’esplosione di luce: la luce dei vini che sono i tuoi.

Mostrami il cammino, o Nando, mostrami la via della vita pura nel vino.

Mostrami il vino nudo e vero.
Ma non mostrarmi, ti prego, il suo costo Iva inclusa

E dunque. Riproviamo. Il Gentili – inteso come Ernesto Gentili da Livorno – mi ha fatto conoscere i vini di Filippo Rocchi dell’azienda Castelvecchio in Toscana. Scrivo in Toscana perché di nuclei produttivi Castelvecchio ce ne sono diversi nel resto d’Italia (ottimi ad esempio i vini del Castelvecchio friulano).
Filippo fa vini onesti e piacevoli, sebbene qua e là un po’ affaticati da una “confezione” enologica piuttosto in primo piano. Che vuol dire? vuol dire che il timbro del rovere è talvolta sottolineato, l’estrazione tannica in qualche vino generosa. Ma il “cuore” della produzione batte con regolarità, in perfetta salute.

Il Canaiolo Numero 8 2019, pur un poco rallentato nell’azione da un alcol esuberante, ha frutto nitido e piacevole chiusa ciliegiosa. Maggiormente compiuta ed espressiva, verosimilmente grazie alla più lunga maturazione in bottiglia, la versione del 2018, flessuosa, sapida, floreale e fruttata. Più semplice e diretto il Chianti Colli Fiorentini 2019, “serbevole, di buona beva”, come recitava il dépliant di un’enoteca romana di tanti anni fa, che quando ancora ero astemio mi aveva fatto molto ridere.

Dalla vecchia scuola per oggi è tutto.

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