Brugal: l’autentico rum dei dominicani!

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We do the best possible, not the just possible. Questo slogan, che in italiano non ha lo stesso impatto sonoro (“noi facciamo il meglio possibile, non il solo possibile”), mi si è impresso nel cervello dopo la bellissima serata romana organizzata dalla Velier e dedicata a Brugal, storico brand di rum dominicano. Un ex edificio industriale nella periferia del Tiburtino, trasformato in moderno loft, è stato teatro di un’appassionata presentazione – seguita da cena, musica dal vivo e abbondanti cocktail – da parte di Matteo Melara, brand ambassador di una delle aziende produttrici di rum più identitarie del pianeta. E già, perché quando bevi Brugal stai in qualche modo gustando un sorso di Repubblica Dominicana.

La lunga storia di Brugal comincia nel 1888 a Puerto Plata, grazie a Don Andrés Brugal Montaner. Originario della Spagna, Don Andrés si era trasferito nella Repubblica Dominicana con il desiderio di perfezionare l’arte della produzione di rum, acquisita in seguito alla sua permanenza a Cuba. Per cinquant’anni Brugal si amplia, fino alla nazionalizzazione dello zuccherificio e delle piantagioni di canna da parte del dittatore Trujillo, negli anni Trenta. Nel 1920 la costruzione del primo magazzino per l’invecchiamento del rum in barili di rovere. Nel 1976, grazie all’introduzione dell’Extra Viejo, l’azienda sviluppa il segmento del premium rum in Repubblica Dominicana.

Anche dopo l’acquisizione per l’80% da parte del gruppo Edrington (quelli del Macallan, per capirci), la famiglia Brugal ha continuato a essere attivamente coinvolta nell’azienda. Non si tratta solo del business che ha reso i rum Brugal tra i più venduti al mondo, ma anche e soprattutto di una “faccenda di famiglia”, e dell’orgoglio di
poter rappresentare la Repubblica Dominicana nel mondo, con quello che viene definito universalmente ‘il rum dei dominicani’.

Brugal ha una regola che non è mai stata violata: i Maestros Roneros devono essere scelti tra i discendenti diretti del fondatore. Gli attuali Maestros sono Miguel Ripoll, Gustavo Ortega e Jassil Villanueva (la prima Maestra Ronera donna per Brugal, oltre che della Repubblica Dominicana), tutti rappresentanti della quinta generazione, impegnati nel difficile ruolo di conciliare la conservazione dell’eredità di Don Andrés con l’innovazione che il mercato richiede.

La ricerca di qualità in ogni fase del processo di produzione ha sempre contraddistinto il modo di lavorare in Brugal. A differenza della maggior parte dei marchi di modern rum, che trasformano la materia prima importata da altre nazioni, Brugal impiega esclusivamente melassa locale, proveniente da quattro dei cinque zuccherifici della Repubblica Dominicana che trasformano la canna locale.

L’asso nella manica, quello che consente di marcare la differenza rispetto alla folta concorrenza, è calato durante il momento dell’affinamento in botte, che, come noto, è responsabile di gran parte del sapore finale del rum. Nel delicato e caratteristico processo del “double ageing (“doppio invecchiamento”), Brugal si avvale infatti di tutto il know-how proveniente dal gruppo Edrington: grazie al lavoro svolto dai Masters of Wood di Macallan, alcuni dei migliori cask ex-Sherry arrivano in Repubblica Dominicana per l’invecchiamento dei rum Brugal. La prima botte utilizzata per l’invecchiamento è di quercia bianca americana ex-Bourbon; la seconda è di quercia europea ex-Sherry Oloroso, e ha delle caratteristiche che la rendono unica nel panorama della produzione di rum. Prodotta a mano e di grande valore economico, viene utilizzata per l’invecchiamento degli Sherry Oloroso e Pedro Ximenez tra i 18 e i 24 mesi: poi, quando è ancora al massimo della resa, grazie a un accordo esclusivo con Edrington viene mandata in Repubblica Dominicana. È chiaro che poter avere una tra le migliori botti del mondo ancora “viva”, in piena fase di rilascio, produce un rum eccezionale e ricco di aromi.

Il calore tropicale della Repubblica Dominicana fa il resto. L’angel share – vale a dire la quantità di distillato che evapora dai barili in legno durante la maturazione – in Europa è del 2-3% circa, mentre nei Caraibi oscilla tra l’8 e il 12%. Dopo cinque anni di maturazione in una botte rimangono a malapena i due terzi del contenuto iniziale. Un anno di invecchiamento nei Caraibi, insomma, equivale a tre anni in Scozia. I Maestros Roneros conoscono bene gli effetti del tropical ageing sul rum, e per questo hanno disposto che i magazzini Brugal siano strategicamente posizionati sotto il calore del sole dominicano, con l’obiettivo di intensificare il processo di invecchiamento, tirando fuori il meglio dalle botti per dare ai rum carattere e complessità.

L’attenzione e la cura per la qualità si vedono in ogni dettaglio e in ogni fase della produzione: e così anche la fase finale di imbottigliamento è rigorosamente eseguita a mano, con l’applicazione della caratteristica retina, della ceralacca e delle etichette.

Ma veniamo all’assaggio. Il Brugal 1888 si presenta alla vista ambrato, con nuance rossastre che eredita dalle botti ex sherry. Evidente è anche la oleosità del prodotto, che lascia presagire un impatto gustativo tattile non trascurabile. Al naso la parte alcolica è sicuramente ben dosata, per nulla aggressiva. Si avverte netta la componente speziata, di pepe e cannella, seguita dai toni dolci del miele di castagno e del caramello, e da quelli amari del cacao e della polvere di caffè. Al sorso scalda ma non brucia, bilanciato, con una bella acidità che induce salivazione e chiama al nuovo sorso. Finale lungo, dove torna il caramello ma anche la spezia, con un ricordo, anche tattile, di gomma Brooklynn alla cannella.

Sicuramente il prodotto si presta a cocktail dove recitare il ruolo di protagonista principale. Quando si ha a che fare con un rum ultra premium, come è questo Brugal 1888,  bisogna dare valore al distillato. Allora, lo vedo perfetto per cocktail come Negroni, Old Fashioned o Manhattan. Una versione che ho molto apprezzato, vista la tiepida serata romana, è quella liscia, con un cubone di ghiaccio fatto con acqua di cocco. Mi hanno detto fosse il modo in cui lo degusta chi lo ha creato, Don Fernando Ortega Brugal, e mi sono sentito perfettamente in linea con lui!

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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