Universo Sardegna/2: Mandrolisai, la forza dell’uvaggio

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Nisida è un’isola, ma nessuno lo sa”, cantava un tempo Edoardo Bennato. Noi potremmo chiosare: “Mandrolisai è una DOC, ma nessuno lo sa“. O almeno ben pochi, anche fra gli addetti ai lavori. E’ situata proprio nel centro geografico della Sardegna, e dei variegati panorami dell’isola distilla nei suoi vini tutti i caratteri: a est dai brulli monti del Gennargentu spirano brezze rinfrescanti, a ovest il panorama si apre fino al golfo di Oristano in lontananza, ma l’influsso mitigatore del mare si fa sentire eccome.

Non ci si arriva per caso, nei cinque comuni che la compongono (ma le vigne si trovano soprattutto nei territori di Atzara e Sorgono), bisogna proprio andarci apposta, senza aver fretta, perché il rapporto tra chilometraggio e curve è nettamente a favore delle seconde. Ne vale la pena però, perché ti accoglie un territorio fatato dove vigne ad alberello anche centenarie si mischiano al bosco senza soluzione di continuità.

E’ un unicum, da molti punti di vista: è l’unica denominazione isolana dove la rivendicazione del territorio nel nome non è “sporcata” dall’indicazione di una varietà. Non solo, è anche l’unica in cui ipso facto è previsto obbligatoriamente l’assemblaggio di più vitigni: ça va sans dire cannonau, bovale (qui orgogliosamente chiamato Muristellu, per non confonderlo con altri cloni di qualità inferiore), e monica. Le percentuali hanno un certo margine di variabilità, anche perché spesso le vigne sono molto vecchie e le varie uve allegramente frammiste, come si usava, cosicché nella stragrande maggioranza dei casi vengono raccolte e vinificate tutte assieme.

A seconda delle rispettive prevalenze si può passare dall’avvolgenza fruttata del Cannonau al fitto nerbo tannico del Muristeddu, fino alla freschezza e alla beva più spensierata della Monica. Più quello che possono apportare altre varietà autoctone che punteggiano i vigneti. E’ questa una zona ove la variabilità varietale sarda, studiata e praticata in sede di impianti per non più del 10% del totale, viene gioiosamente accettata e sfruttata. E’ pertanto difficile definire un carattere organico che accomuni tutti i vini, se non fosse per una conturbante ambivalenza tra un delizioso carattere rustico, leggi beva veramente godibile e gastronomica, e una compiutezza estrattiva e una nettezza fruttata tali da soddisfare anche i palati più sofisticati.

E’ questo affascinante ossimoro il ricordo più vivido che rimane del Mandrolisai, insieme a una batteria di vini adeguatamente freschi ed equilibrati, peraltro proposti a prezzi commoventi. E diciamolo pure in giro, che i produttori di questa gemma nascosta meritano una remunerazione maggiore di quella che riescono a spuntare adesso per i loro vini. Per il vero appassionato sarà un sacrificio da fare volentieri.

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Fradiles, Mandrolisai DOC 2021: è dai vini cosiddetti “di entrata”, quelli che fanno i numeri della produzione e che devono garantire consistenza qualitativa anno dopo anno a dispetto delle differenti condizioni climatiche ed altre variabili, che si capisce il valore reale di un’azienda. E questo Mandrolisai è un vino “finto semplice” dall’equilibrio encomiabile, che ne esalta la succosità a colpi di sferzate sapide e di freschezza perfettamente integrata, con un frutto rosso di accattivante immediatezza che si accompagna a sentori di macchia mediterranea. La beva è “pericolosa”, nel senso buono del termine…

Vigne Centro Sardegna, Isola dei Nuraghi IGT Ventuno 2021: La base è di bovale (Muristellu) ma le vigne sono così vecchie (puntano al secolo di vita!) che la setosità del tannino e l’avvolgenza di trama che seducono il palato richiamerebbero forse più al Cannonau. Ma è questione secondaria: ciliegia matura, cola, spezie assortite si affollano all’olfatto, il sorso è lussureggiante e induce a concedersi a morbidezze affascinanti, che l’appassionato di vino trendy da molto tempo non si concedeva più così a cuor leggero… E’ un vino che culla e soddisfa, talmente è calibrato dalla naturalezza del suo equilibrio: inebriarsi di dolcezze, e non vergognarsene. N.B.: il nome non è un richiamo al millesimo, bensì all’anno in cui D.H. Lawrence si concesse un viaggio in Sardegna: probabile che parte della sensualità de “L’amante di Lady Chatterley” provenga dall’isola…

Roberto Cadeddu, Mandrolisai DOC Atzara S’Areu 2021: la varietà degli uvaggi del Mandrolisai crea ventagli aromatici sempre cangianti. Qui prevale il frutto nero, con una maturità esuberante che si stempera in nuances balsamiche di eucalipto. Il palato si potrebbe pure definire “semplice”, leggi corrispondenza aromatica, persistenza adeguata, finale fruttato, beva.

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Contributi fotografici gentilmente concessi da Fradiles

Riccardo Margheri

Sono oramai una ventina d’anni che sto con il bicchiere in mano, per i motivi più disparati, tra i quali per fortuna non manca mai il piacere personale. Ogni calice mi pone una domanda, e anche se non riesco a rispondere di certo imparo qualcosa. Così quel calice cerco di raccontarlo, insegnando ai corsi sommelier Fisar, conducendo escursioni enoturistiche, nelle master class che ho l’onore di tenere per il Consorzio del Chianti Classico; per tacere delle mie riflessioni assai logorroiche che infestano le pagine web e cartacee, come quelle della Guida Vini Buoni d’Italia per la quale sono co-responsabile per la Toscana. Amo il Sangiovese, Il Riesling della Mosella, il Porto, ma non perdo mai occasione per accostarmi a tutto ciò che viene dall’altrove enoico. Vivo da solo e a casa non bevo vino, poiché per me il vino è condivisione: per fortuna mangio spesso fuori, in compagnia.

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