Diari ilcinesi ’23 – Canalicchio di Sopra

0
1687

Alle Gode di Montosoli sta piovendo. Di brutto. Al Podere La Casaccia (Canalicchio), ovvero a circa un chilometro in linea d’aria da lì, no. Anzi, quasi quasi c’è un baluginìo di sole. Questo per dire come a Montalcino i venti siano una delle voci preminenti, altro che sì.

Poi ci sono i suoli, che alle Gode prevedono galestri e un contenuto di argille pressoché dimezzato rispetto alla ricca generosità del Canalicchio, che si trova sì sempre a nord, nello scacchiere vitato ilcinese, ma è anche conca aperta e luminosa dove i vigneti si dispongono in dolcissimo declivio.

Ed è così che il patrimonio a vite della famiglia Ripaccioli (19 ettari in tutto) si suddivide fra Le Gode e il Canalicchio, consequenziale retaggio di un legame interfamiliare intervenuto un giorno fra i Pacenti (da cui tutto ebbe inizio, negli anni Sessanta del secolo scorso) e i Ripaccioli. Quel patrimonio costituisce il legante e la linfa di una storia tutta montalcinese, quella del Canalicchio di Sopra, in cui la presenza delle giovani generazioni la senti proprio: dall’energia, dagli intendimenti e, soprattutto, dalla rinnovata coscienza critica. Francesco Ripaccioli in tal senso docet.

Francesco in cantina & commerciale, Marco in campagna e Simonetta all’ospitalità, ed ecco che l’esperienza ha preso pieghe nuove: dal traghettamento verso l’agricoltura biologica alla messa in opera di una azione collettiva, in collaborazione con tutti gli altri produttori del versante, per un protocollo condiviso di confusione sessuale nel vigneto (e della tignola, guarda un po’, non se ne ha più traccia) e per il monitoraggio continuo delle condizioni meteo all’interno di un vasto areale, sì da ottenerne informazioni preziose per le piante ed i suoli, agevolando quindi una agricoltura preventiva e non emergenziale.

E’ del 2018, inoltre, l’avvìo della collaborazione con l’enologo Maurizio Castelli ed il suo staff per stimolare una probabile messa a punto nell’alveo di uno stile tradizionale mai tradito, all’interno di una gamma di vini tipicamente segnati dalla robusta architettura tannica e da un carattere rigoroso, austero e profondo, da sempre la loro firma.

E se il Rosso di Montalcino 2021 rintuzza efficacemente il temperamento alcolico grazie all’acidità portante e diffusiva, mostrando una fittezza garbata e un allungo arieggiato dal sale, il Brunello di Montalcino della versione 2018 riproduce con dovizia di particolari la proverbiale impronta aromatica dei vini della casa, fatta di liquirizia, ruggine e spezie scure, adornata però di un commento floreale che annuncia una migliore modulazione nei toni, una discendenza legittima dal particolare millesimo e una più dichiarata vocazione all’eleganza, sensazioni confermate da una trama gustativa proporzionata e senza slabbrature, se non fosse per l’integrazione tannica, ancora di là da venire.

Nel frattempo però la compagine può e potrà contare su due nuovi protagonisti: Vigna La Casaccia 2018, alla quarta annata di sempre, ha trovato un equilibrio forse disatteso dalle versioni precedenti; la notevole ampiezza gustativa e la generosa dote di frutto accolgono turgore (e quindi integrità), contrappunti agrumati e una sontuosa dolcezza tannica. Non lo dimentichi.

Il Vigna Montosoli 2018 invece è al suo esordio in assoluto, e ha assunto una postura diversa rispetto all’altro cru: più austera nei modi, più verticale di trama. Nobile e terroso, profondamente balsamico e decisamente classico negli accenti, dietro l’innata compostezza di passo svela un tannino eloquente, di quelli che affideresti volentieri al tempo.

___§___

 

FERNANDO PARDINI

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here