La parola all'agronomo
di
Lamberto Tosi
 
Le parole
passate

VITE '99:
prima parte
seconda parte

A quando la vendemmia?

Se il vino sa di tappo...

L'ambiente, l'uomo, la vite.
 

 







 

Le forme di allevamento della vite

Permessa

La storia della coltivazione della vite è legata strettamente all'ambiente in cui essa è presente e sicuramente la forma di allevamento è quell'accorgimento tecnico che consente l'adattamento della pianta all'ambiente suddetto. 

Questa premessa è così importante, nelle considerazioni agronomiche della coltivazione della vite, da permettermi di anteporla alla trattazione delle moderne tendenze della viticoltura di qualità poiché, a mio parere, troppo velocemente ci si sta uniformando ad un modello internazionale di viticoltura tralasciando un patrimonio di cultura e tecnica viticola che ha ancora ragione di essere studiata e valorizzata.
 

Alla base di questa considerazione sta la plasticità vegetativa della vite, pianta suffrutticosa, che consente al viticoltore svariate forme di allevamento. Come di vede in figura (farvi click per ingrandirla) da una barbatella possono formarsi sistemi di allevamento anche molto diversi tra loro. 

Quello che però rimane fondamentale è che l'evolversi verso una o l'altra delle forme di allevamento non dipende solo dalla volontà dell'agricoltore ma ancora di più dal clima, dal terreno, dalla tipologia di prodotto finale, dalla tradizione locale. 

Nell'analisi delle forme d'allevamento tradizionali con i moderni indici di qualità (superficie fogliare, spessore della chioma, produzione per ceppo e per m, ecc.) molte volte si arriva alla conclusione che certe forme di allevamento sono squilibrate o inefficienti, che le produzioni derivanti risentono della disposizione delle foglie e non si ottiene quella qualità organolettica desiderata; questo è sicuramente vero se si scinde la forma di allevamento dal contesto in cui è nata e si è sviluppata e se si analizza soltanto l'efficenza vegeto-produttiva. 

La forma di allevamento è invece espressione della storia enologica di un territorio, di come i viticoltori abbiano modellato la vite per farle produrre al meglio in quell'ambiente secondo le loro esigenze. 

In questa ottica, si comprende meglio come in Trentino ed in Alto Adige siano ancora fiorenti le pergole (fig.2) per la schiava, o in Friuli il Casarsa per il merlot, anche se una analisi delle produzioni per ettaro farebbe inorridire molti moderni viticoltori. Esigenze di produzione costante ed abbondante, di utilizzo intensivo dello spazio a disposizione, di produzione di vini a breve ciclo di consumo, rendono validi e praticati sistemi di coltivazione altrimenti da abbandonare. 

E' questa l'ottica nella quale mi accingo a presentare una carrellata dei vari sistemi di allevamento della vite: considerando che la forma di allevamento della vite deve essere certamente uno strumento per migliorare la qualità, ma è anche un ineguagliabile documento di quanto questa coltura sia ancorata alla storia del nostro variegato territorio nazionale. 

LE BASI FISIOLOGICHE DELLA FORMA DI ALLEVAMENTO 

La vite come ogni organismo vegetale superiore ricava la propria energia dalla luce attraverso la fotosintesi. La fotosintesi poi è il motore biochimico che consente alla pianta di accrescersi, svilupparsi, fruttificare e riprodursi. La luce, l'acqua , l'anidride carbonica e le soluzioni di sali disciolte nel terreno concorrono tutte in varia misura all' accrescimento e alla produzione della vite. 

Se la produzione dipende direttamente dalla fotosintesi ne consegue che maggiore è la superficie fogliare disponibile per l'intercettazione della luce e maggiore sarà la capacità produttiva della vite a parità degli altri fattori interessati. 

Nella sua attività fotosintetica la foglia assorbe CO2 e produce ossigeno e carboidrati; d'altro canto però le cellule vegetali, come qualsiasi altra cellula per mantenersi in vita respira consumando ossigeno e carboidrati ed emettendo CO2 . Si ha così un bilancio tra fotosintesi e respirazione che può essere a vantaggio dell'una o dell'altra in funzione del fattore luce. Infatti la respirazione avviene indipendentemente dalla luce, la fotosintesi ovviamente no. 

Succede così in campo che forme di allevamento molto espanse o mal gestite, ma con una superficie fogliare molto elevata risultino meno efficienti di forme più contenute proprio perché molte delle foglie delle forme espanse "consumano" invece di produrre materiale fotosintetizzato.

In pratica un cordone speronato dovrà essere continuo nella copertura del filare ma non molto spesso nello strato delle foglie poiché la foglia appartenente al terzo strato e ai successivi in realtà non produce nessun vantaggio alla pianta. D'altro canto una pergola potrebbe sopportare un carico maggiore di produzione, come in effetti avviene, se non che il grappolo rimane costantemente in ombra, proprio come quelle foglie che non sono disposte bene bell'ambito della crescita vegetativa; come si sa la luce diretta avvantaggia la formazione di sostanze coloranti nell'uva e consente alcuni processi biochimici particolarmente importanti per la qualità finale del prodotto.

Un altro fattore importante da considerare per la valutazione di una forma di allevamento è il tipo di potatura che si impiega nella sua gestione. Canonicamente si distinguono forme di allevamento a potatura lunga, mista, corta. 

La prima considerazione da fare su questo fattore è che non tutti i vitigni si adattano ad ogni forma di allevamento. Questo perché la fertilità delle gemme lungo il tralcio differisce in funzione delle varietà. Infatti alcune cultivar possiedono una fertilità delle gemme basali (quelle più vicine all'innesto del tralcio nel tronco), molto bassa o nulla e pretendono per fruttificare tralci medio lunghi. 

Questo determina che alcune forme di allevamento, che prevedono potature molto corte, non siano possibili su queste varietà. 

Le forme di allevamento che prevedono una potatura solo corta (cordone speronato, alberello ecc..) sono in genere più veloci e pratiche nella gestione ( nessuna legatura dei tralci in fase di potatura) e molte volte più facilmente meccanizzabili (es. Gdc, cordoni alti ecc.). 

Per potatura mista si intende un tipo di potatura che prevede sia tralci lunghi (8-15 gemme) che tralci corti (2-3 gemme); un esempio di questo tipo di potatura è quella utilizzata nel Guyot. 

Per potatura lunga si intende una potatura che conserva tralci di lunghezza media di 10-20 o più gemme; queste forme di allevamento sono in genere molto espanse e con sesti di impianto larghi. 

Altri fattori di classificazione delle forme di allevamento sono la distinzione tra forme a spalliera o a pergola, sistemi bassi, medi e alti in funzione dell'altezza da terra dei rami a frutto ecc. 

Ritornando però agli aspetti gestionali e teorici del vigneto vogliamo evidenziare quali siano i parametri importanti della moderna viticoltura: 

  • densità di impianto
  • numero di gemme per metro lineare
  • superficie fogliare totale
  • produzione per ceppo.
Di questo parleremo nella prossima puntata. 
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