Rassegna
13-19/2/2000
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MONTALCINO
Quattro stelle all'ultima vendemmia
del mitico Brunello, quella del '99. E per il Chianti Classico e il Nobile
di Montepulciano ottimi risultati. Sono questi gli esiti della settimana
«più calda» della Toscana dei vini, esiti quindi non
attesi ma attesissimi da chi opera nel settore. Decine di esperti internazionali
si sono dati appuntamento rispettivamente a Siena, Montepulciano e infine
a Montalcino. Il Chianti Classico ha messo in degustazione 16 campioni
del '99. Giuseppe Liberatore, ammistratore delegato del Consorzio è
più che soddisfatto: «Un'annata di primissimo livello che
è stata molto apprezzata. Vini di colore intenso, ben strutturati,
di gradazione alta, destinati a durare nel tempo». Stesso ottimismo
per il Nobile. Anche in questo caso è stata presa in esame la vendemmia
'99 di oltre venti aziende. «Il Nobile — dice il presidente del Consorzio
Alamanno Contucci - ha fatto in questi aultimi anni passi da gigante. In
particolare da quando, nell'agosto del '99, abbiamo cambiato il disciplinare
sulle varietà delle uve e sull'invecchiamento che ora può
essere ridotto». Torniamo a Montalcino. «L'ultima vendemmia
del Novecento,— dice Stefano Campatelli, direttore del Consorzio — quella
del '99 appunto, ha dato ottime soddisfazioni ai produttori: equilibrio
generale perfetto, indice di morbidezza elevato». Gli ospiti, selezionati,
hanno potuto degustare anche la vendemmia '95, una delle migliori del secolo,
che ha fatto da apripista al lancio dei «futures» del vino
promossi da Castello Banfi nel '96 con una rendimento del 15 per cento.
E così il Brunello, secondo il Censis è diventato un «affare»
da cento miliardi. Da segnalare due importanti iniziative. Jacopo Biondi
Santi, erede della dinastia che inventò il Brunello, ha creato un
«Super Tuscan» milionario di nome «Schidione»,
prodotto da uve sangiovese, cabernet e merlot destinato ai collezionisti
e che farà molto parlare di sè. La giovane imprenditrice
Emilia Nardi sta portando avanti un progetto ambizioso: selezione clonale
in collaborazione con l'Università di Firenze e Bordeaux, ottimizzazione
delle vigne, nuova cantina.
Antonio Villoresi
(La Nazione, 21/2/2000)
Sulla
strada del Sagrantino corrono cinque comuni
MONTEFALCO
Primo atto per la "Strada del Sagrantino
di Montefalco" con la costituzione del Comitato promotore: Ne fanno parte
cinque
comuni: Bevagna, Castel Ritaldi,
Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo e Montefalco; 14 aziende vinicole; 15
tra organizzazioni professionali e associazioni;
Regione, Provincia di Perugia, Camera di commercio di Perugia e vari istituti
di credito. Prende così sempre più quota la "città
del vino". E anche le esigenze dei viticoltori sono state recepite dall’amministrazione
comunale che ha dato una
risposta importante in questa direzione durante il consiglio comunale di
alcuni giorni fa, presieduto dal sindaco Valentino Valentini, che haapprovato
all’unanimità le proposte dell’assessorato all’Urbanistica. Non
solo per quanto riguarda il settore agricolo e del vino, ma anche quellerivolte
ad una maggiore semplificazione ammnistrativa nelle attività commerciali
ed artigianali, nonché l’aggiornamento degli oneri concessori
con l’applicazione delle riduzioni
massime previste dalla legge.
E’ stata dettata una specifica integrazione
al regolamento edilizio allegato alla Variante in via di approvazione finale
presso la Regione. La norma, in
pratica, permette alle strutture esistenti di poter realizzare volumi interrati
nella stessa misura dei volumi esterni, o meglio, per ogni metro divolume
esterno è possibile effettuare un metro di volume interno. «Si
comprende da subito - spiega l’assessore all’Urbanistica Giovanni Bonifazi
- il grande fattore di
innovazione apportato. Si tratta di accompagnare le giuste aspettative
di ampliamneto e di sviluppo delle attività legate al mondodel vino,
ma al tempo stesso di rispettare l’ambiente in cui le strutture sono inserite,
non creando grandi strutture esterne a forte impatto ambientale».
Il problema della semplificazione amministrativa, invece, è stato
risolto escludendo qualsiasi domanda di cambiamento di destinazione d’uso
a seconda dell’attività in esso esercitata, per i locali posti al
centro stporico adibiti ad attività commerciale o ad uso artigianale
in quanto ciò non comporta,
dal punto di vista urbanistico, nessuna differenza. «Condizione fondamentale
- spiega l’assessore - è che l’attività artigianale non arrechidanno
alla vivibilità del centro storico. Cosa comunque da escludere visto
che si tratta di attività di minimo disturbo pubblico e a forterivitalizzazione
e caratterizzazione della parte più antica della città».
(IL Messaggero, 21/2/2000)
Brindisi
in rosso con malizia ”giubilante”
di MARCELLA CALZOLAI
Brindisi e applausi alle tre seduttive
madrine del Giubilante, l'ultima creatura nata dalle cantine Lungarotti
di Torgiano: Maria Grazia Marchetti Lungarotti e le figlie Teresa Severini
e Chiara Lungarotti. L’azienda, dopo la morte di Giorgio Lungarotti, è
guidata da Teresa e Chiara, entrambe laureate in Agraria, tenaci e appassionate,
sempre in giro per il mondo, imprenditrici per nulla intimidite dal dover
sostenere l'onere e l'onore di un fatturato che ha raggiunto, nel ’99,
21 miliardi con una produzione di due milioni e 500.000 bottiglie. Teresa
è la maggiore, sposata, ha tre figli. È lei l'enologa della
casa, ed è l'autrice del Giubilante, che, dice, è nato dalle
uve del ’97, una grande annata. Voleva un vino moderno, giovane nello spirito,
e dunque versatile e allegro, ma anche importante. E, per essere certa
di aver fatto centro, è tornata là dove si era formata, dai
suoi maestri di Bordeaux. Promossa a pieni voti. La
Lungarotti esporta già il 50% della sua produzione in 35 paesi e
sta conquistando l'Oriente. «Perfino i giapponesi, che sono dei salutisti»,
spiega Teresa, «bevono vino da quando si sono convinti che fa buon
sangue». E Chiara: «È il terreno, la nostra terra di
Torgiano, che fa la differenza, perché è da grandi uve che
nascono grandissimi vini». Tecniche manageriali. E divertenti, però,
quando raccontano di chi ha dato il nome a questo e a quell’altro vino.
Teresa: «Io sono la madrina di Brezza e Vessillo, la mamma di Falò,
Rubesco e Solleone...». Sorride Maria Grazia, che è il cuore
e l'anima dell'azienda. Ha elevato la Lungarotti al rango anche di impresa
culturale, remando spesso contro la politica, le amministrazione, a volte
persino i paesani. Succede a chi precorre i tempi. È successo con
il Museo del vino, oggi un riferimento non solo nazionale, con le molte,
qualificate mostre, con il "Banco d’assaggio", con il tocco di classe trasmesso
a "Tre vaselle" e anche all’agriturismo. L’ultima battaglia di questa signora
tenace e raffinata è contro il disegno di legge regionale sui musei
locali. E il Giubilante (nome ammiccante al Giubileo, ma poliedrico), con
la sua alchimia di vitigni, infonde buon umore. E donna Maria Grazia si
concede al rosso: «È un inno alla vita, un invito a vivere
serenamente presente e futuro, anche se si esce da momenti tristi, come
la morte di Giorgio. Che ci ha trasmesso la volontà di continuare
e le virtù della solidarietà. Ed è la che nasce l'amicizia».
L’imprenditoria femminile tiene banco a Torgiano.
(Il Messaggero, 22/2/2000)
Segreti
del vino e dei formaggi
ALBA
«Il piacere per il bere e
mangiar bene coinvolge in misura sempre crescente il consumatore, con indubbi
vantaggi per l'economia agricola»: così Fabrizio Rappalino,
tecnico della Coldiretti albese, commenta i corsi enogastronomici che l'organizzazione
sindacale promuove, alcuni dei quali - a Dogliani e a Ceva - già
conclusi con successo di partecipazione.
Aggiunge Fabrizio Rappalino: «I
produttori devono avere una preparazione sempre più ampia per ricevere
il cliente in azienda e per presentare nel modo più opportuno la
propria merce. Il consumatore infatti sente il bisogno di approfondire
la propria cultura enogastronomica e vuole non soltanto alimentarsi, ma
gradisce confrontare le proprie opinioni e sensazioni sul gusto e sulla
qualità di ciò che acquista dall'agricoltore».
I corsi comprendono quattro lezioni
di solito serali, affidate ad esperti, tra cui il prof. Marco Rissone,
vicepresidente della Scuola enologica di Alba per i vini e il prof. Armando
Gambera di La Morra, vicepresidente dell'Onaf, per i formaggi.
Continua Fabrizio Rappalino: «Andremo
a svolgere i corsi dove ci sarà un numero sufficiente di adesioni,
anche fuori dalla Langa, perchè l'iniziativa vuole promuovere una
migliore conoscenza dei nostri vini, formaggi, dolci conserve vegetali
e di tutti gli altri prodotti la cui sinergia è stata spesso sottovalutata.
Il vino non si beve da solo, ma accompagnandolo con i prodotti di cui è
ricca la nostra provincia e che sono più conosciuti e apprezzati
all'estero e nella regione che dai nostri concittadini. E' stato il vino
a suscitare per primo l'interesse di chi cerca cose buone che non soddisfano
solo il palato. La conferma viene dal successo delle rassegne agroalimentari
e dall'abbinamento del vino con prodotti altrettanto tipici, tradizionali,
profondamente legati al territorio d'origine».
I corsi e gli incontri promossi
dalla Coldiretti, tra cui la partecipazione alle fiere enogastronomiche
con il marchio «Fattoria amica», vedono per ora impegnati i
produttori, ma saranno prossimamente aperti ai consumatori in modo da promuovere
occasioni d'incontro e instaurare così un rapporto diretto di fiducia
tra chi produce e chi acquista.
(La Stampa, 23/2/2000)
Alba
sceglie lo chardonnay top
Anche il capoluogo delle Langhe
domani nella giuria mondiale
Luca Ferrua
ALBA
Un giro del pianeta per eleggere
il migliore Chardonnay del mondo. In Italia sarà mattina quando
a Sidney comincerà il «Gioco del piacere» organizzato
da Slow Food Arcigola e Verona Fiere. Poi seguendo il percorso del sole,
toccherà a Tokyo (due sedi di voto), all'Europa (con una tappa ad
Alba all'«Osteria dell'Arco» di piazza Savona), a Buenos Aires,
a New York, Chicago per chiudere con San Francisco venti ore dopo la prima
votazione.
Esperti, buongustai, appassionati
di vino o curiosi saranno chiamati a scegliere fra sei Chardonnay selezionati
dagli esperti di Slow Food e dallo staff del «Vinitaly». Una
sola etichetta è italiana: si tratta del «Cabreo La Pietra
1197» della «Ruffino»; due arrivano dalle Americhe, il
«Carneros disctrict 1997» di «Mondavi» (Stati Uniti)
e il «Montes Alpha 1998» della cilena «Discovery Wine».
A rappresentare la Francia c'è Limoux «Haute Vallè
1997» di «Sieur d'Arques», mentre l'onore dell'emergente
Australia sarà difeso dal «Coldstream Hills 1997». Una
sorpresa potrebbe venire dallo «Yarden Chardonnay 1998», prodotto
sulle alture del Golan (Israele) dalla «Golan Heights Winery».
A fine cena i voti saranno raccolti
in un'urna e dopo lo spoglio confluiranno via internet in una pagina web
nel sito di Veronfiere (www.vinitaly.com/chardonnay).
La saga per scegliere il campione
mondiale di Chardonnay proseguirà in altre due sedi: in Argentina,
con una degustazione organizzata dal «Con vivium Slow Food»
di Buenos Aires e al «Vinitaly» di Verona dal 30 marzo al 3
aprile, all'interno di laboratori del gusto organizzati dal movimento della
chiocciola. Anche in questi casi i vini saranno mascherati. Alla fine sarà
proclamato il campione mondiale di Chardonnay, un vino che per diffusione
ha davvero le caratteristiche per essere chiamato planetario.
(La Stampa, 23/2/2000)
Lazio,
una conferma e un ritorno
Curiosità per lo show di Riccardo
Cotarella, giorni fa, all'Hilton di Roma. Quasi nessun'area da vino assente
tra i suoi best e aria da eno-festival. Tra "bandiere" e novità
è stato bello verificare che “mister Merlot", come lo chiama qualcuno,
abbia invece tra le sue sempre più numerose creature Verdicchio
(Braccano) che sa di Verdicchio, Negroamaro (Recalmare) che sa di Negroamaro,
Barbera che barbereggia... Oltre a Merlot e "bordolesi", ovvio. Ma gran
buoni. Gran buoni anche due laziali. Diversissimi. La gloriosa Vigna
del Vassallo, storico cru di Paola Di Mauro, antesignano di qualità
in regione, qui in versione ’97. E poi il ritorno gradito (il vino è
ancora in rodaggio) dell'etichetta Vaselli. Il "fanciullino" esibito all'Hilton
ha i numeri per divenire un bel calice da adulto. Vedremo al Vinitaly.
(a.paolini@flashnet.it)
(Il Messaggero 25/2/2000)
L'agricoltore
puliva una vasca ed è stato ucciso dal gas
Mondo del moscato in lutto
per la morte di Piero Gatti
Filippo Larganà
SANTO STEFANO BELBO
Il mondo del moscato è in
lutto per la tragica morte di Piero Gatti, 52 anni, noto produttore
vinicolo santostefanese. Gatti
è rimasto vittima di un incidente sul lavoro l'altro pomeriggio
mentre puliva una vasca da vino vuota, nella sua azienda agricola di regione
Moncucco. L'agricoltore è morto asfissiato dai gas di residuo della
fermentazione che erano rimasti nella vasca. Secondo i primi accertamenti
dei carabinieri di Santo Stefano, l'incidente potrebbe essere stato causato
da una caduta accidentale che avrebbe fatto perdere i sensi all'uomo, troppo
esperto per non conoscere il pericolo di entrare in una vasca. I gas velenosi,
che saturavano la base del grande contenitore non gli hanno lasciato scampo.
Drammatico il racconto della moglie, Rita Bernengo: «Ero con lui.
Mi ha chiesto di rientrare in casa per fare una telefonata di lavoro.
Quando sono tornata l'ho visto a terra esamine». L'allarme è
scattato subito. Sono intervenuti un'ambulanza e anche l'elicottero del
118. Ogni soccorso però si è rivelato vano.
Oltre la moglie, lascia la
figlia Barbara, 17 anni, e i fratelli Luigi (presidente del Cepam), Francesco
e Anna Maria. La scomparsa del produttore santostefanese ha suscitato dolore
e commozione in tutta la zona. Alla fine degli Anni Settanta Piero
Gatti fu tra i protagonisti dei primi fermenti che agitarono il mondo del
moscato. Nel '76 fu tra i fondatori della cantina «I Vignaioli»
e del Cepam, allora «Centro produttori e amici del moscato».
«Se n'è andato un amico e un produttore innamorato delle
sue vigne» dice con voce spezzata dall'emozione Giovanni Bosco, portavoce
dei «liberi produttori». «Con Piero professionalmente
eravamo nati nello stesso periodo - ricorda Romano Dogliotti, una delle
firme più note del moscato, produttore a Castiglione Tinella -.
Era un gran combattente che amava la sua terra». I funerali sono
stati fissati per domani, alle 10,30, nella chiesa parrocchiale di Santo
Stefano Belbo.
(La Stampa, 25/2/2000)
S'inaugura
il 18 marzo
A Quaranti il Brachetto ha un
museo
QUARANTI.
Narra una leggenda che il «Vinum
Acquense» fosse complice dell'amore che Antonio ispirò a Cleopatra.Questa
è una della tante storie raccolte al Museo del Brachetto, insieme
a quadri, vecchie stampe pubblicitarie, attrezzi di lavoro nei vigneti
e cartografie dei 26 paesi produttori. Il museo sarà inagurato domenica
18 marzo, in occasione della sagra dei ceci e della torta delle rose, che
ogni anno porta in paese migliaia di visitatori. «Stiamo apportando
gli ultimi ritocchi - dice il sindaco Meo Cavallero - ed è già
stato prefezionato l'accordo con la Pro loco». Annunciato da cartelli
alle porte del paese e da insegne vecchio stile, il museo ha trovato posto
a due passi dalla Bottega del vino, in centro, nell'ex asilo comunale.
A piano terreno c'è una sala per convegni (può ospitare un
centinaio di persone) e una reception, mentre al piano superiore ci sono
le cucine (attrezzate dalla Pro loco) ed una sala arredata con tavoli e
tovaglie di fiandra. Locale ideale per corsi di degustazione. Il
percorso di visita comprende tra l'altro, annotazioni sulle quantità
di Brachetto d'Acqui prodotte, illustrate da disegni di grappoli d'uva
e delle foglie. Una curiosità: la denominazione divenne ufficiale
nel 1922, grazie alla catalogazione dello studioso Canino Garino. Non poteva
mancare un omaggio ad Arturo Bersano, che fu il padre del procedimento
di spumantizzazione in autoclave del Brachetto. Il costo totale del
progetto si aggira intorno ai 150 milioni.
(La Stampa, 25/2/2000)
I
vini alla ribalta per conquistare il catalogo di qualità
di FRANCESCA MALANDRUCCO
Si accendono le luci della ribalta
per i vini del Lazio che sono pronti a scendere in passerella. Per la prima
volta, infatti, 150 bottiglie arrivate da una cinquantina di produttori
diversi, verranno selezionate per scoprirne i pregi e i difetti. L’insolita
gara, organizzata dall’Arsial (l’Agenzia regionale per lo sviluppo agricolo),
in collaborazione con l’Enoteca italiana, si svolgerà per due giorni
di seguito, a partire da domani, nella sede di Palazzo Rospigliosi
a Roma. ...
E’ la prima volta che viene organizzata
una selezione di questo livello. Tutti le bottiglie che prenderanno parte
alla gara saranno divise in sei precise categorie, a partire dai bianchi
doc e igt (indicazione geografica tipica), ai rossi doc e igt delle vendemmie
del ‘97 e del ’98, ai rossi delle vendemmie ‘96, per finire con i vini
dolci, amabili, i passiti naturali o quelli delle vendemmie tardive. La
raccolta e selezione dei vini è iniziata qualche mese fa con l’aiuto
di un’équipe di tecnici specializzati. Ma quando, domani, le bottiglie
faranno la loro apparizione di fronte alla giuria, non avranno più
etichette per essere irriconoscibili. Le giurie, incaricate di selezionare
il nettare di Bacco, saranno sei, formate tutte da esperti enologi e da
giornalisti del settore. Il criterio di valutazione scelto è quello
dell’Union internationale des Enologues, questo vuol dire che le valutazioni
verranno espresse singolarmente da ogni membro della commissione, e da
almeno due commissioni diverse. Il punteggio finale attribuito alle bottiglie
si otterrà dalla media aritmetica dei singoli giudizi numerici.
Il vino del Lazio, dunque, sembra
destinato a conquistarsi una sua notorietà accanto alle produzioni
più conosciute che arrivano dalle altre regioni d’Italia. Lo scorso
anno sono state messe sul mercato un milione e 900 mila bottiglie per un
volume di affari di 300 miliardi di lire (la produzione del Lazio è
pari a quella dell’intera Germania e superiore). Sono 25 le doc riconosciute
in tutta la regione, e altre ancora aspettano il riconoscimento da parte
del Ministero delle risorse agricole, prima, e dell’Unione europea, poi.
Insomma il Lazio ha riscoperto la sua vocazione vitivinicola.
(Il Messaggero, 27/2/2000)
La
proposta di un gruppo di viticoltori di una nuova sottozona
Tra Canelli e la Valle Bormida
la barbera «Feudi Scarampi»
CANELLI
La richiesta di una «sottozona
Canelli», per la Barbera d'Asti accolta dall'amministrazione provinciale
e che sarà posta al vaglio degli organi regionali competenti, è
stata avanzata da un gruppo di produttori vinicoli di cui fanno parte due
consiglieri comunali, Flavio Scagliola (maggioranza di centro destra) e
Ignazio Giovine (opposizione di ispirazione ulivista), e lo storico Gianluigi
Bera (tutti e tre sono anche enotecnici).
L'area indicata per la sottozona
comprende, oltre a Canelli, i centri di Cassinasco, Loazzolo, Bubbio, Vesime
e Sessame (esclusa la parte destra del torrente Bormida), per circa 350
ettari coltivati a barbera. Il nome scelto (frutto di una ricerca storica
compiuta da Bera) è «Feudi Scarampi»: «In onore
- dicono Scagliola e Giovine - al nobile passato di queste zone».
I produttori vinicoli canellesi sembrano
credere molto nell'iniziativa: «Una sottozona canellese della Barbera
d'Asti - spiega Scagliola, che recentemente è stato nominato rappresentante
delle Città del vino astigiane - determinerà una maggiore
qualità del prodotto con una ricaduta di immagine e di reddito che,
ci auguriamo, ripaghi gli sforzi che si stanno facendo per promuovere
al meglio il vino canellese». Sui tempi di approvazione c'è
ottimismo: «Il progetto è appoggiato dall'assessore provinciale
all'Agricoltura Luigi Perfumo - dice Scagliola - ed è probabile
che, nel giro di un paio d'anni, quella canellese sia una delle prime sottozone
approvate. A nostro favore gioca il fatto che si tratta di un'area geografica
ben determinata e che, per ora, non ci sono ostacoli alla sua ammissione».
(La Stampa 29/2/2000)
Pollino
/ Produttori della zona a Londra
Vignaioli all'esame di inglese
CASTROVILLARI
Escursione in terra anglosassone
per i «Vignaioli del Pollino» intenti, in questi primi mesi
di attività, a voler rilanciare in maniera adeguata le prelibatezze
della tradizione vitivinicola della zona del Pollino. Nei giorni scorsi,
infatti, nel Barbican Centre di Londra i «Vignaioli del Pollino»
si sono resi protagonisti di un work shop di rilevanza internazionale
presentando la produzione vitivinicola della nostra zona. La sfida per
rilanciare la produzione di vini locali, intrapresa già da qualche
mese, sembra vedere i primi risultati. In Inghilterra, in effetti, lo stand
allestito per l'occasione dai viticoltori locali ha registrato un grosso
successo stando alle critiche degli addetti ai lavori presenti a Londra.
La carta vincente del prodotto made in Calabria è stata soprattutto
la novità che il «Vino del Pollino» ha rappresentato
all'interno della fiera londinese. Molti sono stati i contatti che i «Vignaioli
del Pollino» hanno avuto con importatori e responsabili di testate
giornalistiche, i quali hanno fatto emergere la tendenza del mercato che
risulta essere molto attenta alle novità. Si ricerca tra l'altro
il prodotto poco inflazionato e dal gusto inesplorato, capace di arricchire
la gamma dei prodotti offerti. Una bella soddisfazione per chi ha creduto
in questa scommessa di rilancio della produzione vitivinicola del Pollino
che, oltre a possedere un buon gusto, presenta come altra carta vincente
le antiche origini della sua tradizione. C'è anche da dire che la
trasversata della Manica ha portato buoni frutti ai produttori del Pollino.
È stato, infatti, concluso il primo accordo commerciale internazionale
con la società importatrice di prodotti italiani «Mamma Roma
Ltd» che si è accaparrata l'esclusiva della commercializzazione
sul mercato inglese del vino da tavola prodotto dai «Vignaioli del
Pollino». Bella uscita fuori confine dei produttori vitivinicoli
di zona che adesso già pensano ad altre strategie di promozione
del vino locale. In tale ottica i «Vignaioli» hanno assicurato
la loro partecipazione al «Vinisud» manifestazione che si terrà
a Montpellier (Francia) i prossimi 21 e 23 febbraio. Dopo la partecipazione
alla mostra dei prodotti del bacino Mediterraneo in Francia, parteciperanno
a fine marzo al «Vinitaly» di Verona per far gustare e apprezzare
le potenzialità di un prodotto genuino e ricco di storia e tradizioni
come è il vino del Pollino.
(La Gazzetta del Sud 29/2/2000)
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