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1-5/3/2000 |
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20-29/2/2000 Rassegna 13-19/2/2000 |
![]() BOLGHERI — I californiani sbarcano
a Bolgheri. Dopo la corsa di Gaia e Folonari all'acquisto di nuovi vigneti,
entrano in scena gli americani. Con un investimento di oltre 13 milioni
di dollari (più di 26 miliardi) la Robert Mondavi Winery, ha acquistato
quote di minoranza della Tenuta Ornellaia del Marchese Lodovico Antinori.
L'operazione comprende anche l'acquisizione, in joint venture, della tenuta
«La Capitana» in provincia di Grosseto dei Marchesi Frescobaldi.
«E' una mossa strategica importante nell'espansione dei nostri interessi
italiani» commenta Michael Mondavi, presidente dell'azienda americana
convinto che Bolgheri rappresenti una zona della Toscana con grande vocazione
vinicola. La Tenuta dell'Ornellaia, fondata nel 1981 da Lodovico Antinori
è conosciuta per due vini di grande qualità: «Ornellaia»
e Masseto», cabernet souvignon che stanno scalando le classifiche
di tutto il mondo sulle orme del mitico Sassicaia, il vino del marchese
Niccolò Incisa Della Rocchetta che si produce nelle vicinanze. L'investimento
di capitali americani non è soltanto un'operazione finanziaria.
La casa vinicola californiana collaborerà con Lodovico Antinori
e con Lamberto Frescobaldi per sviluppare nuove strategie di marketing
del vino a livello mondiale. E in questo senso la Robert Mondavi è
una azienda che ha già una buona esperienza commercializzando ottimi
vini sotto diverse etichette: un esempio per tutti la partnership per il
Bordeaux con la baronessa Philippine de Rothschild.
(La Nazione, 2/3/2000)
ORVIETO - Il conforto del medico arriva a proposito. «Quattro bicchieri di vino al giorno - dice il primario di cardiologia dell'ospedale di Orvieto, Giampiero Giordano - costituiscono un ottimo "riparo" dalle malattie cardiovascolari». Lo hanno stabilito ricerche mediche ad alto livello, compreso il progetto Monica dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Migliore presentazione per il nuovo vino orvietano non ci poteva essere. Chiamiamole pure "Opinioni", ma proprio per smentirne di vecchie e sollecitarne di nuove, è nato l'Orvieto Doc Superiore che con quel nome si affaccia sul mercato, espressione, secondo gli autori, di tutte le grandi potenzialità del bianco di Orvieto. «Le opinioni si contrappongono - dice Maurilio Chioccia, direttore di Cardeto - a ciò che c'è di certo dimostrabile. Il nostro vino, Opinioni, si mette a disposizione per generarne delle altre e perché l'Orvieto esca dall'opacizzazione in cui vive oggi». Per creare Opinioni si sono messe insieme tra cantine di Orvieto, due cooperative, la Cardeto e la Monrubio, e una familiare, la Carraia, le quali, insieme, rappresentano il 70 per cento della produzione di Orvieto. Manco a dirlo affidato alle mani e alla genialità dell'enologo Riccardo Cotarella. «Uno sforzo di tutti - dice lui del nuovo vino - per la migliore piacevolezza». E' il Grechetto G5, un vitigno autoctono, «non di Todi - dice Cotarella - perché quella caratterizzazione geografica è falsa», "il centravanti" di Opinioni. Poi, Procanico, Malvasia, Chardonnay e Sauvignon completano la squadra che ha dato vita a Opinioni. Il progetto è partito tre anni fa, la vendemmia è quella del 1998, uve colte tra il 28 Agosto e il 5 Ottobre, in vigneti collinari con altezza media di 350 metri, di età tra i 7 e i 20 anni. E' stata impiegata la macerazione delle uve e la fermentazione in legno e l'affinamento in barriques. Opinioni è stato imbottigliato nel Giugno scorso e vede la luce dopo 16 mesi dalla nascita. «Se non fosse per il Grechetto - dice Cotarella - oggi staremmo a parlare di un dolce, di un Vin Santo». Un bianco che esprima tutte le potenzialità del territorio, caratterizzato fortemente, che vada incontro ai gusti del mercato, che sia riconoscibile sono gli obiettivi del progetto. Raggiunti o no, ora la parola spetta al mercato nel quale Opinioni si immette con 30.000 bottiglie vendute a circa 10.000 lire, iva compresa, 2000 lire delle quali andranno all'Associazione Orvietana Amici del Cuore. (Il Messaggero, 3/3/2000)
Sono un piccolo esercito. Duecento,
con duemila vini. Cifra perfetta per il Duemila, e data giusta per uno
sbarco a Roma, sale dell’hotel Hilton, oggi pomeriggio, a distanza ravvicinata
dal fatidico 8 marzo.
Il vino muove ogni anno nel Chianti
un giro d'affari di circa 1000 miliardi di lire. La ricaduta sul territorio
legata al settore vitivinicolo si concretizza, oltre che nell'indotto agricolo,
artigianale e industriale, anche nel turismo e nei servizi. Il dato è
emerso in seguito a precisi calcoli effettuati nel corso del 1999 dal Consorzio
del Gallo Nero. Il vino è quindi un vero e proprio «oro rosso»
anche se nell'ultimo anno il prezzo è sceso da 600 a 450-500mila
lire al quintale. Ora per il Chianti c'è l'asso nella manica: è
imminente il lancio di una campagna promozionale che vedrà unite
le forze del Consorzio del Chianti Classico Gallo Nero e quelle del Consorzio
del Parmigiano Reggiano. Il progetto ha un respiro triennale e toccherà
nel corso del 2000 gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone, oltre naturalmente
al mercato interno. Vino Chianti Classico e formaggio Parmigiano Reggiano
dunque si «sposano». Frattanto, dopo un controverso '99 a causa
della crisi nei mercati tedesco e giapponese, i primi due mesi del 2000
hanno fatto tornare il sorriso tra i produttori chiantigiani perché
dall'estero sono tornate ad aumentare le richieste.
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