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Vino e vitigni antichi.
Convegno internazionale
di Adele Illotto
E' emerso che la Sardegna è da ritenersi uno dei centri di domesticazione secondaria della vite selvatica (Vitis Vinifera spp.silvestris). Infatti, i gruppi di lavoro delle due Università Milanesi e dell'AGRIS, dopo aver censito e campionato, in diverse località sarde, numerosi individui di vite selvatica, raggruppati in popolazioni di oltre 15 - 20 esemplari, hanno evidenziato un rapporto di parentela genetica tra questi individui e alcuni vitigni sardi.
In passato, per una serie di citazioni sbagliate, si attribuiva al cannonau un'origine spagnola, ma le recenti ricerche documentali hanno portato al ritrovamento, a Cagliari, di un atto notarile del 1549, dove è citato il vino Cannonau, mentre la prima citazione, come vino rosso, del Garnacha, si trova in un dizionario spagnolo del 1734. Da ciò s'ipotizza che il Cannonau sia stato esportato dalla Sardegna in Spagna e non viceversa. Sono molti i vitigni sardi, che per dei pregiudizi culturali, sono stati ritenuti d'origine esterna, come il bovale sardo o muristellu, il cui DNA è molto simile a quello dei vinaccioli carbonizzati ritrovati nel grande complesso del nuraghe Arrubiu di Orroli (NU) dall'archeologo Mario Sanges.
Nell'ambito del convegno hanno suscitato molto interesse anche le relazioni dei professori David Maghradze e Rafael Ocete Rubio, rispettivamente sulla particolarissima viticoltura ed enologia della Georgia, centro di domesticazione primaria della vite selvatica, e sulla domesticazione della vite e sui vitigni autoctoni dell'Andalusia, ritenuta come la Sardegna un centro di domesticazione secondaria. Immagini: Rafael Ocete Rubio, David Maghradze e Osvaldo
Failla; Gianni Lovicu; Mario Sanges |
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