Una giornata al Salone
del Gusto
di Riccardo Farchioni, nostro inviato
Torino
- Arrivederci al 2008. Il
Salone del Gusto del decennale, che ha
coinciso con i venti anni dell'associazione
Slow Food nata dalle
ceneri di
Arcigola, si è svolto con un grande e per la verità
attendibile successo di pubblico. Le cifre parlano chiaro: 172400 visitatori
in totale, con incrementi del 21% il primo giorno, del 30% il secondo,
del 19% il terzo, di oltre il 20% la domenica, e complessivamente del
24% rispetto alledizione 2004. Con una struttura, quella del
Lingotto,
che a detta degli organizzatori non reggerà a parità di
condizioni il prossimo appuntamento.
Ma che cos'è, o cosa è stato, il Salone del Gusto? In poche
parole è stato la fiera, o la vetrina, della comunità che
produce cibo. O meglio sarebbe dire cibo di qualità, ottenuto da
territori vocati mediante metodologie tradizionali. La sua struttura,
oltre a prevedere spazi per la divulgazione (i laboratori del gusto,
presentazioni di libri o seminari) si articolava in due ampie sezioni:
la mostra mercato di produttori e venditori di prodotti di qualità,
e lo spazio dedicato ai
Presìdi, che Slow Food ha creato
per proteggere i cibi che si ottengono mediante lavorazioni artigianali
che seguono tradizioni talvolta secolari, spesso a rischio di estinzione
per antieconomicità o incompatibilità con le
regole di mercato.

Ed
effettivamente la carta vincente nella evoluzione di Slow Food dalla sua
nascita ad oggi è stata levitare di avvitarsi sull'immagine
di una congrega di raffinati gourmet avulsi dalla realtà per entrare
nella dimensione della comunità che si prende carico della salvaguardia
di chi produce il buono, cercando di rendere questa attività più
giusta e umana: insomma buono, pulito, giusto, come recita
lultima parola dordine di
Carlo Petrini, fondatore
e presidente di Slow Food. Fino poi a risalire allorigine, alla
sorgente di ogni alimentazione celebrando la terra e di chi la lavora
con lorganizzazione di Terra Madre (
www.terramadre2006.org),
la grande riunione della contadinità mondiale ospitata
nel Salone.

Ma
veniamo ai fatti. In compagnia di un pubblico del lunedì curioso,
simpaticamente vorace ma capace di capire con che cosa aveva a che fare,
si potevano percorrere le vie del latte, quelle del grano e della carne,
fino a quelle della birra, dei dolci e degli spiriti. Fra le tante suggestioni,
vale la pena ricordare i caparbi produttori del parmense che si sono riuniti
in un autoregolamentato
Consorzio qualità tipica Val Baganza
(
www.consorziovalbaganza.it,
sito attivo dal 2007) e in particolare l
Azienda Agricola Montagnana
(
www.montagnanabio.it), dove
si produce un Parmigiano Reggiano biologico (anche nel caseificio segue
un percorso di lavorazione a parte) che ha la particolarità di
essere di montagna, e dunque realizzato con un latte daltura
molto sano e grasso, e dunque adatto alle lunghe stagionature (sublime
il 42 mesi). O il prosciutto di Parma da maiali neri anchesso biologico
che sembra quelli di una volta (
Agriturismo e salumoteca
Il Tondino,
www.agriturismoiltondino.it)
, o infine gli olivicoltori
Le Contrade di Giungano (SA) autori
di un morbidissimo olio extra vergine doliva monovarietale di rotondella,
cultivar rigorosamente autoctono della loro zona del Cilento.

Nella
sezione dedicata ai Presìdi (l'elenco si trova in
www.fondazioneslowfood.it),
un gigantesco affresco teneva insieme la spiritualità dei profumi
penetranti del
formaggio di Yak proveniente dagli altopiani tibetani
del
Qinghai, dove le oltre cinquanta specie di fiori ed erbe selvatiche
rendono il latte grasso fino al doppio del normale, con l'infaticabile
"talebano" dei produttori del
Bitto "
Valli del
Bitto" (
www.formaggiobitto.com)
che urlava la sua rabbia a nome dei quindici alpeggi storici, fuoriusciti
dal Consorzio che consente luso di mangimi nellalimentazione
delle vacche e fermenti nella lavorazione del latte.

E
magari, nella ricerca disperata di un bicchier d'acqua ci si poteva imbattere
nel succo di
mandarino del Montenegro, frutto di una mutazione
genetica e che dà i suoi frutti nei mesi di settembre e ottobre.
Poi, poco più in là, incontrare biscotti a base di
Amaranto
di Tehuacán, un prodotto fondamentale nell'alimentazione dei
popoli precolombiani ma che, a differenza di mais e fagioli, è
ormai praticamente scomparso.
Alla fine, dopo ore di passeggio era impossibile non convincersi
di essere entrati in un mondo a sé stante dove poter incontrare
la
pera cocomerina mai vista prima, i
caciocavalli
podolici che nessun negozio dalle tue parti ti potrà offrire,
poter assaggiare un crostino con
carne affumicata di renna, e subito
dopo dover affrontare la ressa per unostrica del fiume Fal, nella
contea di Cornovaglia. Ti chiedi cosa accomuni o differenzi la
lenticchia
di Ustica da quella di
Santo Stefano di Sessanio, o da quella
bionda della Planèze di Saint-Fleur. Affoghi letteralmente
nei salumi (dai poveri
Biroldo della Garfagnana,
Mallegato
di San Miniato,
Mustadela delle valli Valdesi al re
Culatello passando per il
Ciccit delle valli del Locarnese,
per la
Pitina friulana, per il
Capocollo di Martina Franca,
o per la fantastica
Ventricina di Vasto), e ti incanti a guardare
la sublime forma affusolata del
Violino di capra della Valchiavenna.
E alla fine senti la frustazione di non poter assaggiare cipolle, rape,
farine....

Molto
si è detto sul "movimento" Slow Food: nato quasi dal
nulla, ha creato unorganizzazione capillare nel territorio, e sono
tanti i luoghi italiani nei quali lunica via al gusto è iscriversi
e partecipare alle sue attività. È riuscito ad interfacciarsi
molto efficacemente con il mondo politico ed è diventata una grande
realtà. Come spesso accade in Italia, ha occupato spazi che dovevano
essere probabilmente più istituzionali, e questo stesso
Salone del Gusto in una certa maniera prende il posto che dovrebbe essere
di una fiera dellalimentare di qualità di ben altre dimensioni
come accade in altri paesi concorrenti, vedi la Spagna. Ma tantè:
si può sempre storcere il naso, ma non possiamo dimenticare quello
che abbiamo osservato: non un pubblico fatto di intellettuali gourmet-chic,
ma di gente che, semplice o meno, naif o meno, si rendeva perfettamente
conto che le sensazioni che stavano trasmettendo le papille del loro palato
erano assolutamente speciali e non quotidiane, e nel loro piccolo
si esaltavano e si emozionavano. E questo non ci sembra poco.
Nella terza immagine: produttore di Parmigiano di montagna dell'Azienda
Agricola Montagnana
Nella quarta immagine: stand del presidio del formaggio di Yak
Nella quinta immagine: il presidente dell'associazione produttori del
Bitto "Valli del Bitto"
8 novembre 2006