Dalla pianta al banchetto: olio e vino di Puglia si raccontano a Castel del Monte

Le realtà dell’olio e del vino pugliesi non potevano trovare cornice più suggestiva per raccontarsi di Castel del Monte e lo hanno fatto attraverso la mostra “Dalla pianta al banchetto: mito, arte e storia nelle strade dell’olio e del vino in Puglia”, aperta fino al 30 Agosto e destinata a trasferirsi, dal 20 Settembre all’8 Dicembre, al Castello di Copertino.

Castel del Monte è una delle costruzioni più stupefacenti poggiate sul suolo del nostro Paese. Quando, appena usciti da Andria (provincia di Foggia) lo si inizia a vedere da lontano, solitario, lassù su una collina che domina la distesa degli ulivi delle Murgie, si comincia a subire una soggezione che sfiora l’ipnosi; si rimane poi attoniti quando si arriva a vederlo da vicino e a poterlo toccare.

Fu Federico II, che ha impreziosito molte città pugliesi con i suoi castelli di severa bellezza, a volerlo costruire qui, in modo da poter dominare una vista a perdita d’occhio. Ma Castel del Monte è veramente la più suggestiva e misteriosa testimonianza che ha lasciato all’Italia questo imperatore, che anticipò l’esigenza di una Italia ed una Europa unite, e di un dialogo dell’occidente con l’oriente. Mille studi (che spesso sconfinano nell'esoterismo) sono stati compiuti intorno alla sua incredibile struttura architettonica e alla complessa simbologia che vi sta dietro: una pianta ottagonale nella quale sono inserite otto torri anch’esse ottagonali, tutto nella pietra chiara che domina il romanico pugliese ad eccezione di inserti (ad esempio il portale d’ingresso e quelli interni di comunicazione) realizzati nella rossastra “pietra corallo”.

Il percorso della mostra si snoda nelle sale del primo piano del Castello, iniziando il racconto con “Il Paesaggio, la Pianta, il Frutto” dove si spiega come la Puglia si identifichi storicamente più che con la vite con l’ulivo che, con diverse potature, riempie la campagna della regione senza soluzione di continuità dal Gargano alla punta meridionale di Otranto; anche se poi nelle opere esposte (nature morte e un bel ventaglio dipinto a tempera da De Nittis) sono la vite e l’uva a prevalere.

La seconda sala è dedicata a “Il Mito, l’Allegoria, il Simbolo”. È innegabile che, tanto nel mondo pagano che in quello cristiano, vino e olio si caricano di significati simbolici, come è forse superfluo ricordare che le liturgie cristiane sono ricche di allegorie che coinvolgono il liquido rosso. Ecco dunque esposti begli esempi di porta ampolle e contenitori per oli santi. Il discorso prosegue fra recipienti per l’olio, strumenti per l’imbottigliamento, tini per l’uva vendemmiata e botti di varie forme, parlando della “Raccolta e la Trasformazione”, che fino al ’700 avvenivano come aveva descritto Virgilio nelle sue “Georgiche”: "arare, roncare, remondare". Una pratica tradizionale dei coltivatori pugliesi era scavare un solco attorno all’ulivo per riempirlo di letame, e una svolta nella produttività dei frantoi si ebbe quando un francese “trapiantato” a Bitonto, Pietro Ravanas, aumentò da due a tre il numero delle ruote nelle presse.

Attraversiamo uno dei maestosi portali rossicci per trovarci di fronte ad una frase significativa di Leonardo da Vinci: “Et però credo che molta felicità sia agli uomini che nascono dove si trovano i buoni vini”; qui si parla di commercio, perché fin dall’XI secolo si hanno notizie di prodotti pugliesi esportati nel resto d’Italia e d’Europa, come testimoniano due dipinti di Filippo Hackert che raffigurano scene di partenze con grandi botti in attesa di essere imbarcate.

Avvicinandoci alla fine del percorso, arriviamo a “La Cucina”, parlando della quale è importante sottolineare come vino e olio siano protagonisti della dieta mediterranea il cui valore è ormai fuori di dubbio; ma l’olio si presta anche ad altri usi, come la conservazione di verdure e tipi di pesce, in campo terapeutico, per la cosmesi (begli gli unguentari esposti, in vetro e ceramica), fino all’illuminazione testimoniata dagli esempi di portalucerne. E infine “Il Banchetto”, giusto culmine e punto di chiusura di un discorso sui prodotti alimentari. Ogni momento di convivialità ha come natuale punto di partenza il brindisi, termine che potrebbe derivare proprio dalla città pugliese le cui taverne del porto erano use ad offrire vino ai pellegrini in partenza per la terra santa. Qui ammiriamo ampie testimonianze di manufatti dedicati alla convivialità come fiasche, boccali, brocche in ceramica smaltata e maiolica, bicchieri, per concludere veramente con la bella e poetica “Colazione in giardino” di De Nittis.

Non ci resta a questo punto entrare in una delle torri, salire la scala a chiocciola e visitare le sale alte del Castello.

Riccardo Farchioni
(12/7/2002)