![]() | 5-11 Novembre | ![]() |
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Rassegna 29/10-4/11 Rassegna 22-28/10 Rassegna 15-21/10 Rassegna 8-14/10 Rassegna 1-7/10 Rassegna 24-30/9 Rassegna 17-23/9 Rassegna 10-16/9 Rassegna 3-9/9 Rassegna 27/8-2/9 Rassegna 6-26/8 Rassegna 30/7-5/8 Rassegna 23-29/7 Rassegna 16-22/7 Rassegna 9-15/7 Rassegna 2-8/7 Rassegna 25/6-1/7 Rassegna 11-24/6 Rassegna 4-10/6 Rassegna 28/5-3/6 Rassegna 14-20/5 Rassegna 7-13/5 Rassegna 30/4-6/5 Rassegna 23-29/4 Rassegna 16-22/4 Rassegna 9-15/4 Rassegna 3-8/4 Rassegna 20/3-2/4 Rassegna 13/19-3 Rassegna 6-12/3 Rassegna 1-5/3 Rassegna 20-29/2 Rassegna 13-19/2 |
I titoli
Sicilia-record. Vino Novello, sono pronte 18 milioni di bottiglie VICENZA - La prima uscita ufficiale dell'Istituto nazionale del vino Novello, con un convegno sui 12 anni di successi di questo prodotto vitinicolo, ha aperto ieri la 13ma edizione del Salone nazionale del vino Novello, promosso da Vicenzafiere e da "Civiltà del bere". Quest'anno sono state prodotte 18 milioni 653.150 bottiglie, con un incremento del 6,9% rispetto al 1999, secondo i dati resi noti dal direttore di "Civiltà del bere", Pino Khail. Si allarga inoltre l'interesse del mondo produttivo: sono 335 attualmente le aziende impegnate nella produzione del Novello, 173 delle quali presenti al salone vicentino di quest'anno, nel corso del quale poco dopo la mezzanotte č stata stappata la prima bottiglia del Novello 2000 in virtų di una deroga ministeriale che consente a Vicenza di aver a disposizione il Novello con 24 ore di anticipo rispetto alla data stabilita per legge del 6 novembre. Nella classifica per Regioni, tra i produttori si conferma il Veneto con 108 aziende e sei milioni 39.500 bottiglie (+14,1%) per un fatturato di 41 miliardi 617 milioni di lire (+15,6%), seguono la Toscana con 29 produttori e tre milioni 140.750 bottiglie e il Trentino con 11 produttori e un milione 526.000 bottiglie. In generale, il maggior incremento rispetto al 1999 č stato raggiunto dalla Sicilia con il 33,4%. Il vino Novello rimane tuttavia, per definizione dello stesso Khail "una goccia simpatica e preziosa" nella produzione vitivinicola nazionale: 140.289 ettolitri contro i 49 milioni 920 mila ettolitri della produzione nazionale complessiva di vino per una testimonianza in percentuale dello 0,28%. La produzione di Novello rimane di nicchia anche nei confronti dello storicamente pių famoso Beaujolais Nauveau. La produzione totale di quest'ultimo, nella media degli ultimi 11 anni, č di un milione 363 mila 200 ettolitri per anno. (La Gazzetta del Sud, 5/11/2000) A Torino i vini grevigiani conquistano più medaglie di quelli di Montalcino Il salone del Gusto di Torino ha definitivamente
consacrato, a dispetto delle ultime paure relative all'uva transgenica,
il Chianti come una delle maggiori e migliori zone di produzione del vino
in Italia. La Guida dei vini d'Italia 2001, ha infatti assegnato 55
"tre bicchieri" alla Toscana, appena nove in meno di queli assegnati
ai prodotti del Piemonte, la metà dei quali, ben 27, al Chianti
Classico. Ai vini prodotti nel Comune di Greve, è andato il maggior
numero di riconoscimenti fra questi 27 consegnati: ben sette. "E'
un grande risultato per la nostra viticoltura" - ha commentato il
sindaco di Greve Paolo Saturnini - "basti pensare che il celebratissimo
e blasonatissimo Brunello di Montalcino, quest'anno ne ha vinti solo
tre. Questo è un risultato che premia l'impegno, nella vigna
come nella cantina, dei nostri produttori, che hanno saputo coniugare
la tradizione con l'innovazione, dando vita a vini che hanno conquistato
la cantina ed il pubblico di tutto il mondo". I vini di Greve che
hanno ottenuto l'ambito premio, sono i seguenti: Batar '98 di
Querciabella, Chianti Classico Ripa delle More '97 de La Massa, Vigna
di Alceo '98 del Castello di Rampolla, Cartaccio '97 di Villa
Cafaggio e San Martino '97 di Villa Cafaggio. CHIANTI - Il vino Chianti Classico prende a braccetto il Parmigiano Reggiano CHIANTI - Il vino Chianti
classico prende a braccetto il parmigiano reggiano e insieme fanno il
giro miliardario del mondo. Non in 80 giorni, ma per annate intere. L'accordo
tra i due consorzi che promuovono questi prodotti era stato annunciato
la scorsa primavera: è diventato operativo con l'intesa firmata
a Torino al Salone del gusto. Chianti classico e Parmigiano saranno promossi
insieme nel mondo. Si tratta di un'operazione di marketing che nasce
da un antefatto: nelle degustazioni ad alto livello ci si è accorti
che il pregiato "rosso" e il parmigiano si sposano alla perfezione.
Molteplici gli obiettivi: allargare il raggio d'azione del mercato
dove i due prodotto insieme potrebbero avere maggiore capacità
d'urto. Soprattutto verso nuove frontiere quali il Giappone e le "Tigri
Asiatiche". Poi ancora: rispondere in maniera dura alle tentazioni
di manipolazione genetiche che si fanno largo in Europa col matrimonio
tra due prodotti rigorosamente di impronta tradizionale. Infine: tenere
alto il livello dei prodotti italiani di punta laddove rischia di trovar
spazio un'eccessiva massificazione negli usi alimentari.La campagna
unitaria Chianti classico-parmigiano andrà dal 2001-2004: prenderà
le mosse - Italia a parte - dagli Stati Uniti per poi estendersi subito
a Canada e Giappone. Si punta anche sulla capacità di questi due
prodotti di evocare il background culturale che sta alle loro spalle,
territori ricchi di storia e arte.
Ultimo ma non in ordine di importanza: anche da Torino, in occasione di questo "matrimonio", è partito il "missile" contro Strasburgo. Il vino transgenico che minaccia i calici di casa nostra non piace a nessuno. Tantomeno sarebbe da gustarsi con un buon parmigiano reggiano. Da Torino i produttori vinicoli hanno anche bacchettato il governo italiano, reo a loro avviso di averli lasciati soli di fronte alla decisione del Parlamento europeo sul vino geneticamente modificato. di Andrea Ciappi Vino, il novello è servito. Venti milioni di bottiglie per sfidare il beaujolais di LICIA GRANELLO MILANO - I più fortunati (e ansiosi) l'hanno già assaggiato: un minuto dopo la mezzanotte, durante il galà organizzato in seno alla tredicesima Fiera di Vicenza a lui dedicata. Una vistosa eccezione al "deblocage" che in Italia imporrebbe l'apertura a partire solo da questa notte, primi minuti del 6 novembre. Ma il vino novello, trasposizione italiana del Beaujolais Nouveau, è diventato un giochino da 150 miliardi l'anno e un piccolo strappo alla regola - già confezionata ad hoc per i nostri produttori - quasi s'impone. E' diventato un prodotto di moda, il "nouveau", per lunghi anni importato dai maestri e inventori francesi. Tanto da indurre piccole e grandi case enologiche italiane a impegnarsi a loro volta in una produzione cresciuta costantemente, se è vero che da domani saranno in circolazione quasi venti milioni di bottiglie, circa il 10% in più di quanto messo sul mercato un anno fa. Trasversale anche da un punto di vista geografico, la scelta di fare il novello coinvolge oggi 335 aziende, dai trentini della Cavit ai sardi di Sella & Mosca. Dicono i maligni: bella soluzione per utilizzare uve mediocri. Dicono gli estimatori: quale modo migliore per andare incontro a una fetta di mercato altrimenti sorda ai piaceri del vino e magari votata al consumo di birra? Perché se fino a qualche anno fa i sentori di fragola e fiori lasciati intonsi dalla macerazione carbonica (niente pressatura, fermentazione intracellulare) incuriosivano e affascinavano anche i cultori dell'Altro Vino, quello di alto profilo, oggi il novello è soprattutto un vino di facile approccio, in bocca e nel portafoglio: come dire, un mercato tutto da conquistare. E così, la fila dei produttori si è arricchita di nomi nobili, da Tasca d'Almerita a Lungarotti. La sommelier Maida Mercuri, titolare di una delle migliori enoteche di Milano, racconta: "In Francia hanno dato senso a una zona vinicola altrimenti poco considerata, quella sotto Lione. Sono molto rigorosi: il Nouveau si fa solo a partire da uve Gamay, l'unica tecnica usata è quella della macerazione carbonica, non ci sono sconti sul "deblocage". C'è una specie di count down collettivo, che coinvolge cantine, bar e ristoranti di tutta Francia: ma la vera festa è a Lione. Non per niente si dice che sia attraversata da tre fiumi: il Rodano, la Saone e il Beaujolais". Così anche quest'anno Place Bellecour si riempirà di camion che a mezzanotte del 15 novembre cominceranno il loro viaggio per portare 60 milioni di Nouveau per tutta Europa. Da noi, invece, si festeggerà a singhiozzo, tra una fiera e una degustazione in piazza, in una sorta di notte di Halloween dell'enologia nostrana, concentrando magari l'attenzione sugli abbinamenti. Aldo Comi, docente di enogastronomia in Svizzera, consiglia di utilizzare il novello (da non confondere con il vino nuovo, che arriverà in primavera) come un buon rosé: "Gli intenditori non lo amano, perché esce quando la cucina di stagione propone piatti da grandi vini. Va bevuto fresco, come aperitivo, oppure con il pesce, o da sorseggiare mangiando le caldarroste. L'importante è prenderlo per quello che è: un intermezzo gradevole, prima di avvicinarsi ai vini importanti". (La Repubblica, 5/11/2000) Campania:
"Ci mancano
storia e tradizione"; "No, sono sane uve della regione"
«Per reggere il confronto con i novelli delle altre regioni ci mancano storia e tradizione. E l'esperienza. L'unico vitigno autoctono campano, l'aglianico, in realtà mal si presta alla produzione del novello, meglio usarlo come prodotto da invecchiamento. La verità è che per il novello vanno meglio gli altri vitigni come Merlot o Sangiovese». Franco Continisio, dell'associazione sommelier di Napoli e provincia non sembra proprio dalla parte dei novelli. Ed apre una polemica. «E' un vino lanciato per motivi soprattutto commerciali, anche per il suo limite di conservazione (45 mesi) e che va bene per i più giovani, per avvicinare magari le donne, quelle persone che non hanno esperienza in materia. Ma il vino doc è un'altra cosa». Come in un duello a distanza arriva la replica dell'esperto, il professor Luigi Moio, da molti considerato uno scienziato del settore. «Continisio è un sommelier, non un tecnico, quello novello è un vino vero, altrochè: le uve devono essere sanissime, selezionate e di primissima qualità. Le uve perfettamente integre vengono lasciate in appositi contenitori 78 giorni, in ambiente completamente saturo di anidride carbonica, ciò permette agli acidi intatti di subire spontaneamente una serie di fenomeni biochimici che arricchiscono il succo e la polpa dell'acino in aromi di ciliegio, lampone, viola o ribes». Per Moio il risultato è alla fine eccellente. «Una tipologia diversa di vino, leggero, gradevole con aromi di mosto fresco. I processi di produzione sono dunque accelerati non solo per motivi di interesse economico ma anche per competenze tecniche». Per il professore quella del Novello è comunque una festa. «Segna la nascita della nuova annata, basti pensare dice il professor Moio che quella che era uva 2530 giorni fa, ha ora il sapore di un vino fragrante». «Il suo consumo precisa l'esperto docente è concentrato soprattutto nelle feste natalizie. Per questo l'impegno dei produttori per quello che può sembrare un vino minore è maggiore in quel periodo». Il professore non ritiene che sia un danno la produzione di vitigni non autoctoni. «Nella piattaforma ampelografica (la classificazione dei vitigni, n.d.r.) sono presenti in fondo tutte le migliori viti come Sangiovese, Merlot, Montepulciano e Barbera». (f.f.) (La Repubblica - Napoli, 5/11/2000) Dalle
osterie alle degustazione storia della Milano che beve. In
coda dalle quattro del mattino per diventareesperti in enologia per
i ristoranti esclusivi ma anche ai "winebar"
|
Prima pagina | L'articolo | L'appunto al vino | Rassegna | In dettaglio | Sottoscrivi | Collaboriamo |