Il vino biologico come normalità. Vini di Vignaioli a Fornovo

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FORNOVO TARO (PR) – Andare a Fornovo quest’anno ha significato anche attraversare una Lunigiana ferita dall’alluvione. Ad annunciare il dolente dopo-disastro, triste rito che ha accomunato quest’anno nord, centro e sud di una povera Italia dissestata, le camionette dell’esercito stipate in un parcheggio sull’autostrada. Poi, poco prima dell’uscita (chiusa) di Aulla, guardando giù dal viadotto una grande striscia di fango grigio e i giochi di un parco infantile riversi a terra.

Vini di Vignaioli, manifestazione inventata da Christine Cogez, è arrivata alla sua decima edizione, ed è viva più che mai a giudicare dal brulicare di pubblico che assaggia e compra a “prezzo sorgente” nella grande tensostruttura della Proloco. Il logo è chiaro: il simbolo di una persona “+” un grappolo d’uva ”=” una bottiglia di vino, che è fatta, insomma, da terra ed uomo. Semplice, no? Un motto scolpito ma che lascia allo stesso tempo margini di manovra, non imponendo restrizioni di tipo formale e lasciando molto spazio al buon senso in fatto di pratiche agricole e di cantina, vedi l’annoso problema della solforosa che quest’anno è stata tra l’altro protagonista di un convegno tematico moderato da Maurizio Gily.

Anche se, va detto, il tempo passa, e a fare una statistica grossolana la grandissima parte le aziende partecipanti sono ormai “ufficialmente” biologiche o biodinamiche, molte anche certificate, salvo i casi di insuperabili impedimenti come terreni particolarmente vulnerabili agli attacchi di parassiti, o di palese “naturalità” dell’ambiente (vedi Isola del Giglio). E viene detto, senza strombazzi e spesso solo se viene chiesto, segno probabilmente che il movimento bio si sta istituzionalizzando, che l’epoca della rottura è passata, i messaggi prima ostici e considerati visioni di pochi ormai permeano i media ed il sentire comune. Insomma, l’atmosfera che si respira è di maggior “normalità” e (appunto) naturalezza: nessuna ostentazione di “alternatività”, sempre di più espressione di un nuovo e tranquillo “main stream”.

E vini puliti, ben fatti, eleganti o potenti o concentrati, insomma per tutti i gusti, ormai quasi sempre privi dei difetti adorati da molti. Vini che aiutano a rendere il tutto assai convincente, più di tante parole.

Assaggi sparsi

Marche/La Pievalta, a Maiolati Spontini (Ancona) è una azienda di nascita recente (2003) che dal 2005 pratica i metodi dell’agricoltura biodinamica (certificazione Demeter); possiede vigneti sia sulla riva sinistra (terreni prevalentemente argillosi) che su quella destra (prevalentemente tufacei) del fiume Esino. Vi si assaggia prima di tutto un Metodo Classico, naturalmente da uve verdicchio vinificate presso il Barone Pizzini: 18 mesi sui lieviti, è pungente ed agrumoso, e sa trasmettere un bel retrogusto di mandorla. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Pievalta 2010 (riva sinistra) è fresco e piacevole, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Dominé 2010 (riva destra) è delicato, elegante, dalla brillante acidità. Infine il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva San Paolo 2009 (ancora riva destra) ha bello spessore, esprime toni di frutta gialla matura e spunti mielati e fa avvertire una bella espansione nella beva; senza avere impatto travolgente, si mantiene snello.

Piemonte/Dalla Cascina Zerbetta (certificata Icea e Demeter) di Paolo Antonio Malfatti, che qui ha riversato esperienze maturate in Chianti, nel Barolo ed in Franciacorta, una buona Barbera del Monferrato 2010, in acciaio, che si presenta con un colore melanzana ed un naso floreale assieme a tonalità verdognole. Beva fresca e saporita. Il Monferrato Rosso Piangalardo 2010 (barbera, cabernet sauvignon e merlot, un anno in acciaio, uno in tonneau, uno in bottiglia) sfoggia un olfatto dal frutto polposo e suadente, ed una bocca di bella succosità.

Toscana/Solo vitigni autoctoni (coltivati in biologico) nei vigneti della maremmana I Botri di Ghiaccioforte. In particolare, il Vigna I Botri (vino che si fregia della veronelliana Denominazione Comunale) è composto per un 85% da sangiovese, poi prugnolo gentile, alicante, ciliegiolo. Intensa al naso l’annata 2007, con una grande sfoggio di frutta rossa matura e spezie confermate in bocca dove si avverte qualche sbavatura da eccessiva dolcezza. Il 2006 ha colore rubino non esasperato nella fittezza ed è elegante e fresco, e di beva succosa: un vino che si fa ricordare. Infine il 2005, nel quale l’annata climaticamente problematica si riflette attraverso un ridotto apporto fruttato e sensazioni mentolate, di erbe aromatiche ed acidità prorompente.

Abruzzo/L’Azienda Agricola Cirelli da Atri (Teramo), oltre a produrre magnifici insaccati da carni di oche allevate in casa, coltiva due ettari di montepulciano d’Abruzzo e mezzo di trebbiano. Si segnala per un Trebbiano d’Abruzzo 2010 (versione in acciaio) dal naso diretto, ficcante e beva spessa (la versione 2011, versione vinificata in anfora, è polposa e già pulita), un Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo 2010 dal ritorno gustativo nel finale che ne fa ricordare il carattere (la versione in anfora appare forse anche più ficcante), e per un Montepulciano d’Abruzzo 2009 pulito, elegante, che si ricorda più per una certa leggerezza di passo che per impatto. La versione 2010, ancora piuttosto introversa, fa presagire progressioni e profondità più importanti.

Umbria/La Cantina Marcomerli (dal nome di colui che la anima) sta in località Casa del Diavolo, nel perugino; cinque ettari di proprietà di vigna, tre in affitto, poi un paio ad uliveto. Si parte con un uvaggio tipico per la zona, l’unione di grechetto, malvasia e trebbiano che va a comporre il Brucisco Bianco 2010, di olfatto molto intenso ed aromatico, marcato da profumi che ricordano la frutta bianca matura, ed una suadente dolcezza a connotare una beva di bella presenza. Lo Janus 2009 (da un clone di sangiovese presente in una decina di filari, cemento e poco rovere) ha colore scuro e fitto e naso ombroso; più estroverso, progressivo e di bella dinamica in una beva dal frutto nitido e di piacevole acidità, e che termina ricca di vibrazioni. Il Colli Altotiberini Brucisco Rosso 2007 (sangiovese, cabernet sauvignon in rovere e merlot) è profondo nel suo corredo di frutto nero. Spesso ma non pesante, regala belle sensazioni di mora matura e positive risonanze finali.

Sardegna/Buon assaggio quello da Altea Illotto, azienda che prende il nome dai suoi fondatori, Maurizio Altea ed Adele Illotto; cinque ettari e mezzo di vigneti, lieviti naturali, basse quantità di solforosa. l’Altea Rosso 2009 (cannonau 60%, carignano, otto giorni di macerazione, acciaio) è fine ed allo stesso tempo franco con la sua spigliata espressione di frutto al naso. Bella tensione in un palato di acidità spinta e dal finale assai saporito.

Toscana/Isola del Giglio. Dell’Azienda Agricola Altura della famiglia Carfagna sono buoni sia l’Ansonaco 2010 (uva ansonaca, acciaio, niente filtrazioni, né stabilizazioni, né chiarificazioni) che ha colore giallo carico e regala sensazioni di frutta gialla, agrumi maturi ed una grande pienezza in bocca, sia il Rosso Saverio 2009 (10-15 giorni di macerazione ed acciaio per un gran mescolone di uve rosse e bianche presenti nei quattro ettari di vigna: canaiolo, sangiovese, ciliegiolo, corinto nero, nero calabrese, trebbiano nero, procanico, moscatellini e moscatelloni, empolo grecanico….) con la sua calda espressione di frutta rossa che si espande con grande ampiezza.

Lombardia/A chiusura, la molto interessante sosta da Cà del Vént, una realtà giovane di Franciacorta (anno di nascita 1994, inizio produzione di bollicine 2000, 35mila bottiglie in totale) che rivendica con forza la radicata presenza contadina sulla propria terra al di là dei grandi nomi e dei brand carichi di glamour, e che ha abbracciato con convinzione la filosofia del Pas Operé, ossia della completa abolizione del liqueur d’expedition a favore di colmature con vino prodotto “in casa”: insomma niente alchimie, stretto controllo della qualità, e nulla che sia estraneo al territorio. E poi, solo lavorazione della singola annata e pratiche rigorose in campagna: cloni poco produttivi, una bottiglia di vino per pianta, biologico no perché i terreni non lo permettono. Alla fine, 25 basi differenziate per cloni, suoli ed esposizioni, dosate a realizzare le cuvée in base a profumi, mineralità….

Il Franciacorta Brut (20% in barrique, 24 mesi sui lieviti, sboccatura novembre 2011) è buono e sfoggia un finale ampio marcato da una mandorla viva. Il Franciacorta Satén (metà matura in barrique, 30 mesi sui lieviti, sboccatura maggio 2011) ha colore giallo intenso, colpisce per la sua opulenza e la bella persistenza. Niente affatto male i vini “fermi”: il Cellatica 2008 (barbera, marzemino, schiava gentile ed incrocio Terzi n.1 ossia barbera+cabernet franc, in acciaio), è assai comunicativo, fresco ed ampio. Il Cellatica 2007 esprime profumi di amarena matura persistenti ed una beva saporita e di grande spessore; grande lunghezza nel finale. Il Cellatica Superiore 2000 (barbera, marzemino, schiava gentile, incrocio Terzi n.1, cabernet sauvignon e merlot, dodici mesi in barrique e 24 in bottiglia) si caratterizza per una grande ampiezza olfattiva nella quale si distinguono delicate sensazioni di fiori secchi e per una beva che si distende con grande classe.

Nella seconda immagine, Christine Cogez

Riccardo Farchioni

4 COMMENTS

  1. Il vino biologico come normalità. Vini di Vignaioli a Fornovo…

    È giunta alla sua decima edizione la manifestazione Vini di Vignaioli che si svolge ogni anno a Fornovo di Taro (PR). È un raduno pieno di spontaneità di produttori da tutta Italia e con qualche rappresentanza francese; si può assaggiare e comprare. Qu…

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