I tartufi di Savini, grazie al fiuto di Giotto e di nonno Zelindo

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la Vespa di nonno ZelindoL’avventura nel mondo dei funghi ipogei (quelli che crescono sotto terra) a casa Savini inizia con nonno Zelindo, guardiacaccia nella tenuta Villa Saletta. A dire il vero Zelindo faceva il contadino, però un contadino anomalo. Negli anni Sessanta infatti scappa dal campo per diventare guardiacaccia. Preso il porto d’armi gira in lungo e largo la tenuta esplorando quel territorio che per la famiglia diventerà pane quotidiano. È infatti dalle province di Pisa, Siena, Firenze che giungono i tartufi lavorati e commercializzati nell’azienda di Forcoli. Zelindo viaggia sulla Vespa che oggi i nipoti custodiscono gelosamente allo spaccio di piazza D’Ascanio, di fronte ai barattolini stipati nelle vetrine e a quel tavolo conviviale dove all’occorrenza si degustano le specialità di casa. Ovviamente a base di tartufo. Così facendo quel nonno moderno si imbatte nei cacciatori di funghi sotterranei, quei cercatori che si aggirano nei boschi armati di vanghetto al posto del fucile, in compagnia del cane fedele, il solo capace di avvertire il profumo del tesoro, scavando nel terreno finché non l’ha portato alla luce.

La storia va avanti, fatta di battute di caccia con signorotti e personaggi del tempo, un modo per fare lobby, stringere affari. Erano anni in cui i tartufi sotto i 50 grammi venivano dati in pasto ai maiali, anch’essi grandi nasi ma purtroppo eccessivamente ghiotti per lasciare al padrone il bottino. Ecco perché il suino, sebbene munito di un fiuto senza pari, non è affatto adatto alla cerca. Zelindo inizia a viaggiare alla volta di Milano e del Piemonte con in mano i primi tuberi, finché il loro commercio diventa un vero e proprio lavoro. Superato il traguardo della metà anni Settanta, nonno Savini manda in pensione la Vespa e prende una moto Bsa 1000, giunta dalla Germania solo per lui. Non lo avesse mai fatto: richiamato all’ordine a Villa Saletta perché con quel bolide disturbava il sonno a troppi, rassegna le dimissioni e acquista un bar con bottega. Ecco il primo germoglio. Aggiunge il pallaio, inizia a preparare la colazione ai cacciatori, manda il figlio Luciano nel bosco con il cane. Il resto è sotto gli occhi di tutti: le ricette sigillate nei barattoli (dai condimenti, alle peschiole, alle carnose alici di Trapani, dissalate e aggiunte di scaglie di tartufo da abbinare a un crostino con burro della Normandia), i viaggi all’estero dei fratelli Carlo e Cristiano che insieme a Romina rappresentano la quarta generazione di tartufai, con clienti in quaranta diversi Paesi al mondo. Dall’America all’Australia, passando per Giappone, Cina, Olanda, Danimarca, Belgio, oggi i Savini esportano ovunque tutto l’anno.

Adesso è il momento del Bianchetto (altresì noto come Marzuolo) che a breve lascerà il terreno al Nero Liscio e allo Scorzone. Perché ogni stagione ha il suo prodotto. Per andare alla ricerca basta avere un tesserino il cui costo si aggira intorno ai 100 euro, un cane (ideale a zampa corta), un paletto (o vanghetto) e una zona vocata. “Un buon cane costa da 5 a 10mila euro, ma la cosa migliore è allenarlo personalmente. Meglio sceglierlo a zampa corta, grossa muscolatura, naso pronunciato – spiega Cristiano Savini – Tutti i cani possono imparare, basta abbiano agilità, forza, naso”. La star dell’azienda di Forcoli si chiama Giotto, è un meticcio nato da Grinta (anch’essa un incrocio) e un Lagotto Emiliano (razza vocata a questo tipo di hobby che per molti rappresenta un redditizio secondo lavoro). “Il bianchetto sta quasi in superficie, scendendo a non più di 10 cm sotto terra. Necessita di un bosco umido – proseguono dalla Savini Tartufi – Verso l’Appennino si trova l’estivo, mentre nelle zone marine un Bianchetto dalle incredibili punte d’aglio”.

Anche noi  abbiamo partecipato ad una battuta guidati da Giotto. La caccia inizia a Boscone, a Forcoli, tratto di territorio percorso da un rivolo d’acqua che arriva dalla sorgente del Crocione. Alla fine da quella che si dimostra una bella passeggiata nella natura, porteremo a casa cinque pepite che farebbero una gran figura affettate finemente su un tagliolino oppure su un uovo al tegamino. Ma in fatto di abbinamenti, una volta tornati alla base è meglio lasciarsi consigliare dai fratelli Savini e da Luca, il braccio destro della famiglia che si divide fra la bottega e le battute con i clienti che prenotano un’uscita con Giotto (la truffle experience costa da 70 euro a persona, ma per il gruppo si scende a 40, fino a 150 euro comprensivo di scuola di cucina).

Savini Tartufi
piazza D’Ascanio, Loc. Montanelli – Forcoli (Pi),
tel 0587 628037, www.savinitartufi.it

 

Irene Arquint

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