FOCUS CÔTE DE NUITS
Misurato, compassato, di sottile eleganza, ha profumi aerei e librati: ne apprezzerai la scia minerale e la gentile florealità. Al gusto è fragrante, delicato, infiltrante, freschissimo, di irresistibile nonchalance. Apparentemente spensierato, dalla beva compulsiva, istintiva sarà l’immedesimazione. Sans souci.
IL FINAGE
A Marsannay molto più dei suoli può il microclima, perché è il più fresco della intera Côte d’Or. I terreni bruno-rossastri, piuttosto argillosi ma con discreta presenza di calcare attivo e detriti alluvionali, delineano tre aree geologicamente distinte che possono incidere sulle caratteristiche dei vini: si passa da espressioni più colorate, ricche e generose, anche dal punto di vista tannico (p.e. La Montagne, climat fra i più prestigiosi della zona, o Grasses Tetes), ad altre di più immediata fragranza e delicata filigrana minerale (p.e. Les Champs Perdrix, nel comune di Couchey). Questo Finage, il più prossimo a Digione, storicamente era coltivato a gamay (pensa te la singolarità!) ed era il prolifico dispensatore di vini paysan per gli innumerevoli bistrot cittadini. Solo a partire dal secondo dopoguerra è stato progressivamente ripiantato a pinot noir. Oggi il 70% della produzione è a base pinot noir, di gran lunga la tipologia più rappresentativa dal punto di vista qualitativo dell’intero distretto. Per queste ragioni Marsannay è la più recente AOC della Côte d’Or (1987) e non vanta (ancora) climats classificati Premier Cru o Grand Cru. Curiosa la produzione in rosé, quasi quasi più interessante di quella in bianco.
IL VIGNERON
Famiglia di viticoltori fra le più antiche di Marsannay, i Guyot conducono un domaine di 15 ettari suddiviso in 55 parcelle. Da quasi trent’anni praticano un’agricoltura pulita dagli impulsi biologici e biodinamici. Il cavallo è ancor oggi una delle garanzie migliori per preservare il patrimonio di vecchi ceppi e non compattare il terreno. Ah, posseggono due mirabili parcelle Grand Cru a Morey (Clos de La Roche e Clos St Denis), tanto per capirci.
Frutto in evidenza, sensazione confit, note di Kirsch e terra lieve; largo, pacioso, avvolgente, con un buona corrente di acidità a reggerne le sorti e gli equilibri. Si perdono i lineamenti freschi e “impettiti”del Marsannay , emerge un’alito caldo e un’indole più accomodante e rilassata, quasi volesse intercettare certe analogie d’ascendente mediterraneo (guarda un po’ dove corre il pensiero!).
IL FINAGE
Fixin è il Finage a più alto tenore d’argilla della Côte. Argille rosse assai profonde quindi, per suoli comunque ricchi di scheletro e di materiale alluvionale, che nella parte alta dell’appellation presentano affioramenti marnosi, lì dove insistono 8 climats a Premier Cru. La fisionomia dei vini assume toni fruttati più evidenti, una buona dote tannica e una colorazione marcata.
Il VIGNERON
Viticoltori artigiani di 5° generazione, i Molin posseggono 6,5 ettari di vigneto suddiviso in 40 parcelle. Le nuove generazioni di famiglia hanno indirizzato l’azienda verso l’agricoltura biologica a partire dal 2010, ferme restando le prerogative assunte da una enologia à l’ancienne, da sempre praticata e dalla quale discendono vini senza compromessi, vitali ed espressivi, perfettamente in bilico fra veracità e sensualità. Nota a margine, ma manco tanto: Molin possiede una piccola parcella di Mazy-Chambertin Grand Cru nell’appellation Gevrey.
Incisivo, intenso, fresco, austero, dal profondo timbro balsamico, è vino di tempra, dai tannini fusi e sodi, dal frutto “scuro” e croccante, dalla tensione affermata, dai risvolti agrumati. Futuribile, come Gevrey insegna.
IL FINAGE
Eccoci arrivati ai siti viticoli più antichi della Côte. Ci troviamo nell’anticrinale di Gevrey, dove la Combe de St Jacques spariglia suoli e microclimi regalando complessità anche ai versanti meno elevati per far sì che eccezionalmente si allarghi la fascia dei climats censiti a Villages anche al di sotto della mitica Route Nationale, circostanza rarissima che la dice lunga sulle potenzialità di questo Finage. I vigneti, esclusivamente coltivati a pinot noir, sono piantati sui due versanti della Combe de Lavaux e si sviluppano in tre entità distinte: a nord la Côte St Jacques, al centro i vigneti piantati nel cono di deiezione della Combe, a sud la Côte des Grands Crus, che alligna il maggior numero di Grands Crus per una singola appellation: ben nove. Altimetrie significative e substrati marnoso-calcarei, risalenti al periodo Baiociano dell’era giurassica, contribuiscono a connotare i vini provenienti dal versante nord nel senso della finezza. Dalla Combe centrale provengono rossi colorati, polposi, austeri. Dalla Côte des Grand Crus, beh, la meraviglia. Da lì provengono infatti le etichette più prestigiose e caratterizzate: un microcosmo tutto da esplorare. E se è arduo lanciarsi in generalizzazioni, sicuramente possiamo ben dire che Gevrey è la culla dei vini “autunnali” per antonomasia, come amano chiamarli da queste parti.
IL VIGNERON
Da oltre duecento anni i Tortochot condividono fama, storia e blasone del mitico terroir di Gevrey. Gevrey è la loro vita. Chantal Tortochot, carismatica donna del vino, guida con piglio sicuro il domaine. Dispone di un’ampia gamma di climats fra i più prestigiosi, gestiti in biologico, fra i quali diversi Grands Crus. E si ostina a vinificare per parcella anche i Villages, tanto per andare al cuore del discorso.
Riconoscimenti floreali e terrosi punteggiano l’evidente sottotraccia minerale, contribuendo all’ariosità dei profumi, quanto mai seducenti e puliti. La dolcezza del frutto non è fine a se stessa, apprezzabile il grip e bella la scodata sapida. I riflessi agrumati ne confermano reattività e freschezza: ottimo vino.
IL FINAGE
Fra i più piccoli Finages della Côte ma fra i più dotati per l’indiscussa qualità dei climats, Morey-Saint-Denis deve il suo prestigio ai 20 Premiers Crus e ai 4 Grands Crus di cui dispone (anzi 5, se consideriamo un pezzetto di Bonnes Mares, in gran parte ricadente sotto l’appellation Chambolle), appezzamenti che occupano la metà della superficie destinata a vigneto. E se da un lato è basilare il contributo alla causa apportato dai quattro Grands Crus che di nome fanno nientepopodimenoche Clos de La Roche, Clos St Denis, Clos des Lambrays e Clos de Tart (gli ultimi due gestiti en monopòle), la matrice calcareo-marnosa della roccia madre, formatasi nell’era giurassica, ispira da sempre nei vini di Morey un pregevole mélange di forza e raffinatezza che è un po’ la loro cifra e li rende distintivi, tanto da far pensare che dimorino qui i Borgogna maggiormente sintonizzati sulle frequenze dell’equilibrio. Insomma, come sostiene fin troppo insistentemente la storiografia ufficiale: vini a metà strada fra l’austera aristocrazia di Gevrey e la femminile eleganza di Chambolle. Anche se, a forza di dirlo, si rischia di far passare in sottotraccia l’unicità di Morey, di così affermata dignità territoriale da non meritare più i soliti accostamenti riverenziali con gli “ingombranti” Finage limitrofi.
IL VIGNERON
Viticoltori da sempre a Morey-Saint-Denis, i Magnien imbottigliano in proprio da quattro generazioni nel loro domaine di 4,5 ettari che si avvale di una età media dei ceppi di 50 anni. L’agricoltura in piena armonia con l’ambiente, l’uso del cavallo in vigna e una enologia “dai tempi lunghi” propiziano vini di seducente naturalezza espressiva, portati per le sfumature e il dettaglio sottile. Stephane possiede anche un micro appezzamento di Grand Cru Clos St Denis e una micro-parcella di Grand Cru Charmes-Chambertin. Così, per gradire.
Bella idea di freschezza fruttata qui, e deciso timbro minerale d’ascendente quasi vulcanico. Uno Chambolle che all’innato garbo non abbina cadenze morbide e sdolcinate come siamo soliti rintracciare in diversi esemplari della specie fin troppo indulgenti sul tema. Qui c’è un bel contrasto a dettare le rotte, e a rendere vitale e dinamico un quadro d’insieme decisamente raffinato.
IL FINAGE
Quell’anno, dopo l’incontro con Chambolle ed i suoi vini, intitolai così il mio pezzo: “ Seppellite il mio cuore a Chambolle-Musigny”. E’ passato anche del tempo, ma intensa fu l’immedesimazione e profondo il rimbombo emotivo provocatomi dalla struggente raffinatezza di quei vini. La ragione di un privilegio dimora nell’incanto di un terroir a forte dominante calcarea, contraddistinto da suoli poco profondi e da rocce affioranti, fortunatamente provviste di tante fessurazioni da consentire alle radici di esplorare in profondità il sottosuolo, nutrendosi di preziosi microelementi in altri luoghi inaccessibili. E’ la zona della Côte de Nuits in cui si vendemmia prima. Il carattere dei vini più ispirati si esprime secondo trame sottili, fragranti, deliziosamente fruttate e minerali; rifugge la potenza a favore di una grazia espressiva al tempo stesso tenera e contrastata. Illuminato dall’accecante qualità dei Grand Cru Musigny e Bonnes Mares, e arricchito da ben 24 Premiers Cru, alcuni dei quali di chiara fama (p.e. Les Amoureuses), il Finage di Chambolle traduce il lato più femmineo e sensuale del Pinot Noir.
IL VIGNERON
Stile super tradizionale a casa Bertheau, quinta generazione di famiglia all’opera. Sei ettari o poco più tutti interamente ospitati nel comune di Chambolle, con una età media dei ceppi superiore ai 55 anni. Oltre ai Villages i possedimenti includono parcelle prestigiose a Les Charmes e Les Amoureuses. E, per non farsi mancare niente, a Bonnes Mares.
Naso di pietra spaccata e spezie orientali, terriccio e rosa canina; bocca fitta e contrastata, calibratamente maschia, elegantemente verace. Buona la struttura tannica, bilanciata la densità. Cicciotto e vibrante, sa il fatto suo. Le uve provengono quasi esclusivamente da Les Champs Perdrix, reputato lieu-dit disposto sopra Aux Reignot, caratterizzato da suoli poco profondi ad alta capacità drenante, propiziatori di trame eleganti.
IL FINAGE
L’immensa notorietà acquisita da Vosne-Romanée e dai suoi aristocratici Pinot Noir rischia di assumere toni iperbolici assai prossimi alla leggenda. Ma, a ben vedere, dalle parti della leggenda si muovono le “gesta” dei suoi 8 Grands Crus e di molti dei suoi 14 Premiers Crus. La storia e il pregresso ci dicono questo. Prendiamone atto. E se un’analisi più dettagliata riconducibile ai soli Grands Crus già ci evidenzia la molteplicità delle situazioni pedologiche e microclimatiche in essere, possiamo ingenerosamente sintetizzare che, rispetto a Chambolle, i suoli qui sono mediamente più argillosi e i pH più alti. Ricchi in calcare attivo, molto drenanti, poggiano su substrati rocciosi ben fessurizzati risalenti al Giurassico. Da lì se ne escono vini certamente più densi e strutturati degli Chambolle, dal nobile e compassato portamento, dal telaio tannico importante, capaci di una ampia parabola vitale a tutto vantaggio delle sfumature di sapore e di una tattilità che sa tramutarsi in seta. Fra i marker che possono concorrere ad individuare l’impronta del Finage, una profonda coloritura speziata.
IL VIGNERON
Fra le famiglie più radicate e conosciute di Vosne, i Noëllat hanno recentemente vissuto il passaggio di consegne fra la generazione vecchia e quella nuova, quest’ultima incarnata dal giovane Maxime Cherluin, nipote di Marie Therese Noëllat, carismatica vigneronne. Il domaine vanta una invidiabile compagine di climats, sia fra i Premiers Crus che fra i Grands Cru. Di fronte a tali referenze la curiosità e il privilegio di poterne apprezzare un solo sorso non ha limiti.
Raffinato fraseggio aromatico, giocato sulla levità e i toni sussurrati. Sono terra, spezie fini e rosellina selvatica. Teso, stilizzato, profilatissimo, è un sincero portavoce del versante nord di Nuits, la cui proverbiale finezza sembra risentire dell’influenza della vicina Vosne.
IL FINAGE
IL VIGNERON
Il primigenio domaine Chévillon vanta oltre un secolo di storia. L’attuale nasce dalla unione fra due storiche famiglie del paese. Incentrato su appezzamenti tutti situati all’interno del Finage, può contare su 8,5 ettari di vigneto suddiviso in 55 parcelle, con età media dei ceppi di oltre 35 anni. Stile tradizionale, concretezza, meticolosa attenzione colturale (soprattutto in fase vendemmiale) sono a fondamento di un gesto agricolo consapevole e poco interventista.
Ringraziamo Filippo Volpi (foto sopra) per le parole di un giorno, da cui traspaiono nette la competenza e la forte passione per la Borgogna più autentica e vera. Ringraziamo Massimo Maccianti, direttore commerciale di Vino & Design, per aver voluto farci partecipi di un progetto ad alta dignità territoriale e culturale.