Rosso Conero, vino rosso marino/4. Le verticali: Conero Riserva Dorico, Moroder e Conero Riserva Rosso Agontano, Garofoli

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Da Moroder: verticale di Conero Riserva Dorico 

img_5709Anche i più vissuti frequentatori di cantine e i più incalliti ammiratori di paesaggi idilliaci non possono rimanere indifferenti davanti al panorama spettacolare che pressoché a 360 gradi circonda la cantina di Alessandro Moroder e famiglia. Una vista in cui far perdere lo sguardo per esempio seduti nella terrazza assaggiando i vini prodotti scegliendo da undici etichette, e magari accompagnandoli alla cucina dell’agriturismo aziendale dal nome greco Aiòn. Un agriturismo vero, ossia con almeno l’85% dell’offerta gastronomica prodotta in proprio, grazie all’olio che proviene dalle 1200 piante dell’uliveto, ai due ettari di orto, ai 250 animali da cortile e persino ai tartufi che stanno sotto le 700 querce micorizzate. Ma quella dei Moroder è, soprattutto, una realtà vinosa marchigiana ormai storica, forse in assoluto la prima a credere alla possibilità che dal territorio di questo promontorio proteso sull’Adriatico potesse nascere un rosso importante, possibiità che ha preso forma concreta  proprio con il Dorico.

Una realtà storica sorta grazie ad una immigrazione dal nord: tanto tempo fa la famiglia Moroder scese  da Ortisei, in Val Gardena, e nel diciottesimo secolo si stabilì ad Ancona per costruire chiese prima e per commerciare poi. Oggi un ruolo fondamentale è ancora rivestito da Alessandro che ha fatto raggiungere alla superficie vitata la soglia dei 30 ettari, ed ha realizzato una cantina ipogea di grande fascino. E poi c’è quello sempre crescente di Marco, giovane di simpatia tranquilla, con il quale siamo arrivati all’ottava generazione, completata dal fratello da poco rientrato dall’estero. Con loro, il futuro della cantina è in buone mani.

La verticale

2009

Colore porpora e grande finezza e levità al naso, che arriva ad affascinare con punte floreali e di melograno. L’ingresso in bocca è all’insegna della pungenza con note mentose alle quali fa seguito una bella progressione in un crescendo di energia sostenuto  da freschezza e nerbo più che da strutture ingombranti. Bel finale.

2005

Qui protagonista è il frutto maturo e dolce, con una bella amarena in evidenza, con gli influssi del rovere ancora presenti. Vellutato e di equilibrata dolcezza, mette in mostra un tannino fine ma anche una certa tendenza a “dimagrire” in un finale un tantino asciugante.

2003

Naso in cui prevalgono liquirizia, note terrose e di inchiostro, spunti balsamici, ma dove si affaccia anche il mirtillo. Nonostante l’annata calda da cui proviene, sorprende per dinamica e vibrazioni che sottendono comunque potenza, compattezza e spessore indubbi. Riesce ad essere anche succoso approssimandosi al bel finale.

1997

Dall'”annata del secolo” un colore ancora di una bel rubino porpora vivo, ed un frutto rosso  molto piacevole, insomma “molto 1997”, magari anche con qualche sospetto di canditura. Beva un pochino spigolosa ed astringente all’ingresso, ma poi di bello spessore e saporita alla distanza.

Da Gioacchino Garofoli: verticale di Conero Riserva Grosso Agontano

Anche qui una realtà dalla lunga storia, anche qui il nome di una famiglia, quella del fondatore Gioacchino Garofoli. Alla Camera di Commercio di Ancona la registratazione avvenne nel 1901, ma l’attività vera si può datare all’inizio degli anni 50, con le prime grandi innovazioni nella viticoltura che riguardarono il Verdicchio, pensato forse per la prima volta come vino di qualità e non per la quantità. Ecco quindi il Verdicchio Macrina, in bottiglia bordolese, che fu il frutto di una rivoluzione in vigna dove per esempio si vide passare la densità d’impianto dalle tradizionali 1600 piante per ettaro alle 4-5000 con punte di 6600. Arrivò poi la versione Riserva che si trasformò in seguito nel Podium, celebre e strapremiato, prodotto in 60mila bottiglie che non sono poi pochissime per un bianco italiano di razza. E le pupitre, che in cantina si alternano alle botti e alle barrique, indicano un’altra delle intuizioni dei Garofoli: un metodo classico a base verdicchio nato nel 1974, anticipando la tendenza delle “bollicine autoctone” oggi così in voga.

La trasformazione dell’azienda è riassunta così nelle di Carlo: quarant’anni fa eravamo quaranta in cantina e due in ufficio, oggi in cantina siamo sei  e l’ufficio è pieno di gente. E destano ammirazione queste realtà che restano famigliari mantenendo un volto riconoscibile, epperò sono presenti con un impatto non trascurabile sui mercati (il 55% delle quantità va all’estero), si allargano nel Piceno, puntano anche sulla Vernaccia di Serrapetrona e sulla Lacrima di Morro d’Alba, non disdegnano neppure il Novello (“anche se con il montepulciano è un impazzimento, ma i giapponesi sono fissati”) e “divertendosi” anche a sfornare grappe e brandy. Rimanendo, alla fin fine, caparbiamente marchigiani.

Marchigiani che hanno nel Conero un quarto dei vigneti, una parte dei quali, meravigliosi, all’interno del Parco ed insidiati da branchi di cinghiali indisturbati e sempre più numerosi. Da qui, arriva il rosso di punta dell’azienda, il Conero Riserva Grosso Agontano, che prende il nome da un’antica moneta in corso ad Ancona (Agontano sta proprio per anconetano). Viene prodotto solo nelle annate più favorevoli (niente 2013 e 2014, ci sarà nel 2015), da piccoli appezzamenti scelti e vinificati separatamente. Affina per un anno in barrique nuove e di secondo passaggio.

La verticale

2011

Colore violaceo fitto ed olfatto maturo nell’esposizione del frutto nero, affiancato da accenni di inchiostro cioccolato e rimandi dei rovere.  La beva si assesta bene con una trama piacevolmente vellutata, lasciando poi spazio ad una buona freschezza ma anche a qualche giovanile intemperanza con un tannino che asciuga leggermente nel finale.

2008

Colore violaceo fitto e naso un pochino ombroso, dove si avvertono di nuovo sensazioni della frutta nera matura e di cioccolato. Ingresso in bocca brillante, con la dolcezza del rovere integrata, ed una energia e scorrevolezza che spingono bene una beva di giusta consistenza. Tannino fine.

2006 (magnum)

Colore con qualche trasparenza e con riflessi color rubino. Il naso esprime inizialmente  un quadro “autunnale”, con sfumature vegetali, di sottobosco e di terra bagnata per far emergere in un secondo momento una delicata frutta rossa. La beva esprime una certa pastosità, scorrevolezza e discreta progressione. Finale siglato da una buona finezza tannica.

2003

Naso balsamico, mentolato, segnato da sensazioni di erbe aromatiche. La trama è vellutata, e l’annata calda si fa sentire con una insistente dolcezza di fondo, ma poi arriva un tannino di bella finezza a spingere un finale che tarda a smorzarsi.

1997 (magnum)

Si avverte al naso un bel frutto rosso delicato e rotondo espresso in un naso ampio e piacevolissimo. Trama leggera che invade la bocca, per smorzarsi lentamente.

1993 (doppia magnum)

Il colore ha sfumature granata. Il naso è ampio e fine, con una nota pungente che accompagna un frutto rosso leggero e delicato. Bocca snella, discretamente saporita, pimpante, che prelude ad un finale espressivo anche se un tantino asciugante.

altre immagini (foto dell’autore)

 

 

Riccardo Farchioni

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