Più considero come è fatto, più me ne convinco: l’Alto Piemonte è la Disneyland dei geologi e il paradiso degli enofili. Mai visto un concentrato così fitto di particolarità geologiche in un fazzoletto di terra tutto sommato assai delimitato: stiamo parlando della stretta valle alpina dell’Ossola, della grande morena glaciale tra il Ticino e il Sesia, dei porfidi vulcanici di Gattinara e Boca, delle sabbie marine gialle di Lessona…
Un territorio dove regna sua maestà il nebbiolo (chiamato spanna nel biellese o prunent nell’ossolano), vestito delle trasparenze montane e spogliato della potenza langarola, tutto finezza e richiami profondi. E poi i vitigni che lo affiancano storicamente: dalla croatina rustica e sanguigna, alla favolosa vespolina, varietà inimitabile al di fuori di qui, perché prende a piene mani dalla mineralità di questi suoli e la moltiplica con note speziate e allegre, fino alla semplice uva rara e all’innominabile Erbaluce, vino-vitigno di sostanza e di finezza al contempo.
Terra di lentezza, passata immune alle mode. Ma che dovrà fare i conti a breve con due fenomeni: il primo come approcciare i cambiamenti climatici, il secondo come gestire il proprio successo. In molti, soprattutto all’estero, hanno capito che qui ci sono potenzialità di crescita enormi; stanno salendo i prezzi dei terreni, stanno arrivando capitali stranieri… Come si regoleranno i produttori locali? Via, siamo al ponte levatoio del castello di Novara. Si ricomincia da qui!
Gilberto Boniperti – Boniperti Vignaioli, Barengo (NO) [morena gliaciale, lato sud-est]
Mi piace di Gilberto la pacifica serenità, come ti guarda e non ti guarda, come ascolta i tuoi gesti. Poche parole, e poi la Vespolina, il Favolalunga 2016. Ecco, se c’è un vino dell’amicizia, per me quello è la Vespolina. Siamo subito amici, con un rubino sfolgorante e un naso ampio, di spezie scure vive e cristalline e una beva irresistibile. Il Nebbiolo 2016 profuma di viola, entra “di punta”, conquistando di freschezza e sapidità la parte anteriore della lingua: è un vino dinamico, giovane, sorridente.
Gilberto possiede vigne a Barengo, che dell’immensa lingua morenica che scende dal Sesia occupa la parte più a sud. «Che impatto hanno avuto i cambiamenti climatici qua da voi?» gli chiedo. «Per certi aspetti ci hanno facilitato, la nostra è una zona fresca, alcuni vigneti storicamente facevano un po’ fatica a raggiungere la maturazione, l’innalzamento medio delle temperature in questo senso ci aiuta, mentre la presenza del massiccio del Monte Rosa garantisce una buona ventilazione e correnti fresche durante la notte».
La denominazione-guida in quella zona è il Fara (la più a sud della storica triade Fara-Sizzano-Ghemme), e assaggio il Fara Berton 2014. Taglio di nebbiolo al 70% con saldo di vespolina e uva rara, ha un colore trasparentissimo, ma rispetto al semplice Nebbiolo 2016 la musica cambia radicalmente, il naso è più aristocratico, discreto e attendista, e in bocca ha il respiro lento dei grandi Nebbiolo.
Ecco anche un Fara Berton 2015, imbottigliato da appena un mese, ma signori, ecco un puledro su cui puntare: ha naso di cipria che fa innamorare, una sapidità e uno slancio che incantano, finezza, pienezza, allungo… che volete di più? Gilberto sorride sornione. Sa che con questo 2015 l’ha fatta grossa.
Francesco Brigatti – Suno (NO) [morena glaciale, lato est]
Inizio dal suo bianco, Mottobello 2017, da uve erbaluce. È vero, è imbottigliato da poco, ma ecco, io a una materia così darei una briglia più sciolta, “darei agio”, come si dice dalle mie parti, lasciando l’uva parlare di più; sembra infatti un po’ irrigidito, tenue nel colore e un po’ trattenuto al gusto. Niente di tutto questo invece nella Barbera 2016: un rosso di un porpora tanto vivo “che fa luce”, un naso esplosivo di ciliegia con una improvvisa rasoiata rossa sottilissima che parte dal sorso e arriva dritto al cuore. Una Barbera assolutamente figlia del suo territorio, con la profondità più che la larghezza a farla da padrone, un quadro di Fontana, una tela rossa con un taglio netto verticale, un’esplosione di gusto senza tentennamenti, un vino quotidiano da urlo.
Mot Ziflon 2015 (85% nebbiolo 10% vespolina 5% uva rara), “solo” un Colline Novaresi in quanto il territorio non rientra nel perimetro delle denominazioni di vertice come Ghemme o Sizzano. Che vino di finezza! Possiede la sapidità classica di queste terre d’argilla acida, ma ammorbidita da un incedere signorile e una lunghezza mentolata. Splendido.
Il Mot Frei (sempre 2015) nasce invece da terreni più sabbiosi, è un 100% nebbiolo, più speziato al naso, in bocca è complesso, ricco, sapido, più moderno dello Ziflon ma senza alcun eccesso: un vino ricco.
Eccolo qua, Oltre il Bosco Ghemme 2013, integralmente da uve nebbiolo, ottenuto da una lunghissima macerazione di 60 giorni in cemento e affinato per 2 anni in botte grande. Ha la trasparenza rubina dei grandi nebbioli del nord, un ingresso in bocca che stupisce per caratura e per potenzialità, splendido, sanguigno, sapido, lunghissimo. Ancora da attendere un paio d’anni per goderlo al suo massimo. Ma se ne trovate una delle rarissime bottiglie in giro (tra i 25 e i 28 euro in enoteca) non esitate un attimo.
Cantine Garrone – Domodossola (VB) [valle glaciale, piccoli appezzamenti sparsi]
Francesca Castaldi – Briona (NO) [morena glaciale, lato sud-ovest]
Il suo Fara 2013, 70% nebbiolo e il resto vespolina, affina 2 anni in botti da 20 ettolitri. Trasparentissimo al colore, è una sintesi perfetta tra eleganza e brio speziato. In bocca si nota da subito la spinta sapida; forse da attendere un paio di anni ma è un grande vino da tenere assolutamente in considerazione.
Massimo Clerico – Lessona (BI) [sabbie marine]
“…quegli occhi allegri da italiano in gita…
Zazzarazzàz Zazarazzaàz, zazzarazzazzazzazzazà”
Se vedi i suoi occhi vivacissimi, i capelli a spazzola e quello sguardo scanzonato non puoi non pensare al Bartali di Paolo Conte: Massimo Clerico è così, un italiano in gita che gesticola e racconta aneddoti a raffica, e poi ti versa sornione nel bicchiere i suoi vini e con la coda dell’occhio ti guarda per capire chi sei.
Per iniziare a capire di cosa si tratti questa “marcatura marina!, ecco qua il Ca’ du Leria, Coste della Sesia rosso 2015 da 50% nebbiolo e il resto di croatina, vespolina e uva rara. Ti immergi nel suo rubino classico e trovi un naso pulito, accogliente; entra in bocca lieve, quasi leggero, ma poi ti rendi conto che è ancora lì, lungo, disteso, semplicemente bevibilissimo.
Lo Spanna 2014 (Coste della Sesia Nebbiolo) è un nebbiolo in purezza ricavato da vigne giovani. Ha il colore commovente e trasparentissimo del nebbiolo “alto”. Lieve, lievissimo, leggiadro. Un’annata difficilissima gestita molto bene. Gli dico: «Beh, altro che annataccia, ne berrei a secchi!» E lui: «Sai, per questo vino mi ha detto le stesse identiche parole il mio omonimo famoso, Domenico (Domenico Clerico, produttore di Barolo, ndr)… poco prima che se ne andasse». Me li immagino, i due Clerico, insieme, a contarsela su, a scambiarsi sorrisi e strette di manone forzute.
Lessona Riserva 2012 (13,5 %) composto da 97% nebbiolo e un saldo di vespolina, affina per 42 mesi in legno di cui 12 in barrique. Ha colore maturo, trasparente e scarico; e un naso signorile, speziato, lieve. In bocca sorprende per la sua classicità, è fitto, in fase di massima espressività, caldo e avvolgente.
Lessona Riserva 2103 (campione non ancora in commercio): se da un’annata calda come la 2012 Massimo ha tirato fuori un bellissimo vino dal respiro classico, con la ‘13 mi trovo davanti ad un vino destinato a diventare un fuoriclasse. Al naso ha ancora bisogno di bottiglia, ma in bocca è già a livelli altissimi, con un’acidità più spiccata rispetto al 2012, più “puntuto” e fine, dinamico, irrequieto, carismatico. Ancora un paio d’anni e sarà una favola.