Il repertorio che segue raccoglie e racconta 50 Supertuscan di storico blasone (od emergenti) provenienti dal Chianti Classico, còlti nella loro ultima annata, quella attualmente in commercio. Sono disposti in stretto ordine alfabetico, con le predilezioni e i bemolle da cogliersi a seconda delle parole, ma anche dei silenzi. Ah, fra parentesi ho indicato i vitigni e il comune (o la sottozona) di provenienza: la presenza eventuale di un punto e virgola sottolinea la netta preminenza di un vitigno rispetto agli altri.
Per l’introduzione e i primi 25 vini commentati LEGGI QUI
___§___
Lo spirito bordolese si esprime attraverso un sorso sanguigno segnato dai toni erbacei, dal peperone e dalle pirazine. Convince per freschezza, quello sì, un po’ meno per le asprezze, e per quella sensazione vegetale un po’ cruda.
Teso, fresco, piccante e molto speziato, la seriosità del passo trasmette un’idea di futuro, mentre la manifattura moderna concede qualche spazio di troppo a un tannino primattore. Sopportabili le screziature vegetali lungo il percorso, di indiscutibile valore la materia prima, non così lampante la riconoscibilità varietale.
Quando un’impronta stilistica moderna sposa il sapore, e con il sapore la misura e l’integrità. E’ un tipo contrastato, diffusivo, ampio, ti immagini per lui un bel futuro, e poi ha tanto sale in corpo.
Il tono acido concorre alla levità e alla disinvoltura. E’ sinuoso, naturale nello sviluppo, con sentori di giaggiolo e fragoline selvatiche. Nel conforto di un bel timbro chiantigiano, l’armoniosità apparentemente spensierata te lo fa amare.
Un’elegante speziatura e una perfetta liaison con il rovere, dagli intriganti risvolti fumé, annunciano un profilo fine e slanciato, con un frutto integro e maturo al punto giusto e una adeguata progressione gustativa. Un bellissimo Syrah che sa di Toscana.
Frutto vivo in un sorso ampio, con la ricchezza ben bilanciata dall’acidità, a rendergli il passo impettito, distintivo e profondo. Vino di prospettiva, ed è prospettiva buona.
Teoricamente un Supertuscan, anche se prezzo (amorevole) e intendimenti lo proietterebbero semmai su lidi meno ambiziosi, con tanto di governo all’uso toscano e di uve rosse mischiate a quelle bianche. Ma la luce che irradia è talmente intensa che non puoi tacerne il passaggio. Di stoffa serica e sentimento d’altura, ha un garbo infinito e una mineralità struggente.
A un naso introspettivo dalle leggere cadenze ossidative associa invero una materia flessuosa e un disegno aggraziato, adornato da suggestioni di pepe bianco e scortato da una appendice salina. Molto interessante per garbo e proporzioni.
Profondo e disinvolto al tempo stesso, unisce istinto a complessità e tu non sai che scegliere. E’ sinuoso, sfumato, composto, il gran tannino prefigura un futuro all’altezza e lui sa concedersi ai massimi livelli di espressività.
Quando si dice portamento. Pergole ’18 HA il portamento. E la droiture, la freschezza, la stoffa. E la solida concretezza dei migliori fenomeni fisici in cui la materia si manifesti allo stato liquido.
Ha una veste incorrotta, verginale, o comunque rende l’idea di quella roba lì. Un piccolo incantesimo di equilibrio, fatto di aria, contrappunti, freschezza, agrumi e fiori. E’ puro slancio, e non lo dimentichi.
Una profonda mineralità sottocutanea e un tatto setoso aprono alla compostezza e alla naturalezza espressiva, garantendo da un lato una bevibilità straordinaria, dall’altro un portamento signorile. E’ bello non riuscire a scegliere cosa preferire di lui.
Ancora giovane e aitante, a un naso in attesa di distensione e dettaglio ci unisce una bocca carnosa, dove a vibrare sono la materia e il tannino, e dove la prestanza fisica che percepisci trasmette un’idea di sensualità.
Contrastato e profondo, rifugge i tipici cliché del celebre vino-vitigno estraendo dal cilindro una qualità tannica e una sapidità che ne fanno intuire il sotteso, ben aldilà della presenza scenica o della didattica varietale.
Molto toscano nell’impianto dei sapori, presenta un frutto integro, desinenze floreali, umori di sottobosco, uno sbuffo etereo e un sostanziale garbo, ciò che si concretizza in un finale arioso, di bella dolcezza tannica.
Speziato, orientaleggiante, compatto, profilatissimo sia pur sostanzioso, sciorina fragranza viva, un bel sotteso di mineralità e una tattilità sopraffina, lasciando lampeggiare di già il suo enorme potenziale.
Materia, eleganza, saldezza, profondità. Crea rimbombo.
Ricchezza, avvolgenza e calore in un disegno per niente banale, tanto da “piegare” la viscosità della materia in un abbraccio voluttuoso, chiosato da una dolce dote tannica e da un fresco contrappunto speziato. Comunica integrità, ecco, e nell’integrità trova la sua espressione.
Dietro l’irruenza aromatica della prim’ora, scandita dai toni erbacei e cuoiosi, si cela un bel frutto rosso e un bell’alito balsamico, ad addolcirne la trama. In bocca è melodioso, ampio, lungo e futuribile. Chiarissimo l’imprinting bordolese, e chiarissimi pure gli attributi.
Istintivo e complesso al tempo stesso, senti l’uva e senti la spontaneità. E una florealità gentile, e un fruttato fresco, per un vino senza strascichi tannici che danza sulle punte con innata naturalezza.
Buona profondità aromatica, dove a prevalere è l’ascendente bordolese/cabernettoso: terriccio, erbe, peperone, cuoio….. Bocca robusta, caratteriale, un po’ calda ma di potenza controllata, instradata dalla freschezza acida e chiosata da un tannino ben estratto, senza strafare.
In qualità di virtuosa esplicitazione di un’annata difficile, ne schiva gli eccessi e lo fa con disinvoltura, ammansendo la ricchezza strutturale grazie a uno straordinario senso dell’equilibrio. Ordine, piacevolezza, profilatura, e un buon succo pepato che profuma di erbe, incenso e menta.
Molto speziato, gustoso, dinamico, proporzionato, senza sciabordio di materia, chiude dolce nel tannino, e in quel modo acquisisce eleganza. Da un millesimo insidioso, una inattesa misura.
___§___