Non sono forse i vitigni più capricciosi a regalare, spesso, alcune tra le più grandi soddisfazioni in campo enoico? La lista è ben nutrita, tuttavia i primi nomi ad apparire nella mia mente sono rossese, pinot nero e grignolino. Allo stesso tempo è altrettanto vero, a titolo d’esempio, che varietà quali barbera, nebbiolo o cabernet sauvignon danno vita ad altrettanti capolavori dell’enologia italiana generando molti meno problemi in campo agronomico; dunque perché ostinarsi ad allevare le varietà sopracitate?
La risposta è molto semplice: il vino è una materia concreta e allo stesso tempo poetica, il successo di un viticoltore risiede nel saper trovare l’equilibrio fra questi due aspetti. La nobile bevanda cara a Bacco non può riprodursi in serie come le note bevande gassate ricche di zuccheri, qualunque piccola sfumatura potrà realmente fare la differenza. I vitigni sopracitati, tranne il cabernet sauvignon, che a prescindere trova ancor oggi il massimo splendore in terra natia bordolese, scelgono il proprio luogo d’elezione e senza alcun compromesso di sorta, s’intende.
Prende il nome da “grignòle”, in dialetto vinaccioli, di cui è pieno l’acino. Questo aspetto rende il vino piuttosto tannico e difficile da addomesticare, se non da mani esperte che lo allevano e lo vinificano con cura e con tecniche appropriate. Le origini risalgono a molti secoli fa, in epoche in cui veniva chiamato anche barbesino o barbexino; la prima testimonianza scritta è del 1246. Successivamente si diffuse nelle case borghesi e nobiliari del Piemonte. Quotato quanto il Barolo e il Barbaresco, fu apprezzato anche da Umberto I di Savoia. Mettiamo subito le cose in chiaro, perché molte persone a mio avviso hanno le idee confuse: il vero Grignolino (non quello tagliato con il freisa e affinato “secoli” in barriques di primo passaggio), appartiene a quella stupenda categoria di vini che già alla vista rallegrano il cuore: trasparenza invidiabile, tonalità chiare e vivaci, le stesse che al classico rubino alternano sfumature color fucsia/ciclamino. Medesime nuances cromatiche che è possibile trovare in alcuni Chiavennasca, ovvero Nebbioli valtellinesi, e di nuovo nel Rossese di Dolceacqua o nel Ciliegiolo in Toscana.
A grandi linee chi lavora bene, e desidera soprattutto restituire al consumatore un prodotto fedele al DNA del vitigno e alla tradizione, produce vini con caratteristiche simili alla mia descrizione. Andrea Buzio, enologo e titolare, assieme al fratello Marco, della cantina Oreste Buzio di Vignale Monferrato, produce uno tra i Grignolino del Monferrato Casalese più autentici che io conosca. Frequento quest’azienda ormai da oltre 6 anni e acquisto regolarmente i loro vini, gli stessi che custodisco gelosamente all’interno della mia cantina. La mia affermazione è dunque frutto di un’analisi ponderata, circa la gamma di etichette che ogni anno Andrea propone, comparata per ragioni professionali a quella di tante altre cantine del territorio.
La ragione di tale successo deriva principalmente dalla passione del nostro protagonista verso l’uva grignolino; una totale dedizione fatta di studio, ricerca dei migliori appezzamenti e tecniche agronomiche, e di cantina, atte a preservare l’essenza del vitigno allevato nella sua culla d’elezione. L’azienda ha origini lontane, dal 1860 la proprietà è nelle mani della famiglia Buzio. Il pioniere fu nonno Oreste, che pensò soprattutto al fabbisogno familiare, vinificando il grignolino per ragioni di autoconsumo. Non dimentichiamoci che a quei tempi il vino era un bene di prima necessità alla stregua del pane o degli ortaggi, fonte di calorie necessaria ad affrontare il duro lavoro nei campi, e spesso in condizioni meteo poco favorevoli.
Parcheggiando l’auto nella piazza centrale di Vignale è possibile scendere, anche a piedi, per la vecchia provinciale che porta a Camagna Monferrato, dove Andrea possiede uno dei due appezzamenti principali. La restante parte, il corpo vitato più grande, si trova attorno alla sede della cantina, una affascinante dimora del Settecento scavata nel tufo e situata in pieno centro di Vignale Monferrato. Ad accoglierci, oltre ai fratelli Buzio, trovo sempre mamma Daniela, che si occupa dell’accoglienza e del racconto di aneddoti squisiti, tanto quanto i salumi del territorio offerti in accompagnamento ai vini.
Cinque ettari vitati in totale: grignolino, barbera, albarossa, freisa, chardonnay e sauvignon crescono rigogliose su terreni prevalentemente calcarei e limosi. I vigneti vantano un’ottima esposizione, condizione indispensabile per la produzione di vini di qualità. Ormai quasi da un trentennio la Oreste Buzio adotta una filosofia che antepone ad ogni obiettivo la salvaguardia della salute dei consumatori, tanto in vigna che in cantina.
Dal 2001 è passata al biologico certificato andando ben oltre i dettami classici imposti dal disciplinare. La concimazione di sostentamento è realizzata con gli stessi prodotti della terra. Le lavorazioni sono volte a tutelare la struttura del terreno ed inoltre l’asso nella manica è rappresentato dalla favorevole posizione dei vigneti accorpati in una grande ed unico fazzoletto di terra monferrina, un ambiente che si autoregola e in cui le piante vengono allevate in condizione ottimali.
Andrea ha realizzato il proverbiale sogno nel cassetto: riprendere l’attività del nonno e diventare un enologo competente. Dal 2009, oltre a diverse consulenze per svariate cantine piemontesi, si occupa di portare avanti l’azienda di famiglia. Marco gestisce invece la parte commerciale, attività importante quanto quella agronomica, soprattutto ai giorni nostri. La produzione attuale conta circa 15.000 bottiglie divise in sei etichette, sono stati impiantate di recente altre vigne che entreranno in funzione non prima di 4 anni.
Tutte le etichette vengono vinificate in acciaio, per un periodo che va dai 4 agli 8 mesi, ad esclusione del Barbera del Monferrato Superiore Riccardo ll. Quest’ultimo riposa un anno e mezzo nel medesimo contenitore, più 8 mesi in barrique di rovere e altri due anni in bottiglia prima della vendita. Ho imparato ad apprezzare tutte le sfumature dei vini di Oreste Buzio e proprio per questo, dopo aver degustato i vini in cantina, li riassaggio ad un anno esatto dalla visita. Di seguito le mie impressioni.
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Monferrato Bianco 2021
Monferrato Freisa 2021
Grignolino del Monferrato Casalese 2021
Barbera del Monferrato 2020
Barbera del Monferrato Superiore Riccardo ll 2019
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Crediti fotografici di Danila Atzeni