Quest’anno ho definitivamente cambiato il corso dei miei Vinitaly. Dopo averne trascorsi numerosi salutando amici produttori, assaggiando vini teoricamente irrinunciabili, facendo da guida a conoscenti e miei allievi dei corsi sommelier, ci ho dato un deciso taglio, e mi sono scientemente dedicato ad assaggiare qualcosa al di fuori della gittata dei miei radar.
Mi sono giovato dei suggerimenti delle agenzie di PR che mi giungono copiosi, tentando di compulsare più incontri possibile. E così mi sono piacevolmente ritrovato a conoscere vini che altrimenti non mi sarebbero balzati all’attenzione, perché, con tutto il rispetto, assaggiare Spergola non era la prima cosa che mi sarebbe venuta in mente. L’occasione mi è stata fornita dalla visita allo stand della Casali Viticoltori.
E’ un’azienda, anzi forse più propriamente L’Azienda (con la A maiuscola) storica del Reggiano, in attività sin dal 1900, quando Giuseppe Casali precorse i tempi trasformando la produzione di vino per uso familiare in una vera e propria impresa. Chi può dire quante gloriose storie come questa esistono in Italia? Cento anni di successi commerciali dopo, è avvenuto gioco forza il trasferimento dalla cantina storica adiacente alla Rocca di Scandiano alla attuale sede, più moderna, di là del torrente Tresinaro, senza che il cambio abbia comportato la rinuncia alla valorizzazione dei vitigni autoctoni. Risale al 2014 la recente incorporazione nel Gruppo Emilia Wine, importante realtà corporativa con 700 soci che coltivano ca. 1870 ettari tra il Po, la via Emilia e l’Appennino Reggiano (non il West). Non è eccessivo dire che il centinaio abbondante di ettari vitati di Casali Viticoltori ne costituiscono il gioiello della corona.
In un comprensorio caratterizzato dalla produzione di Lambrusco (Reggiano DOC, e dell’Emilia IGT), nonché dalle uve alloctone per la produzione di vini fermi, la specialità locale rimane comunque la (lo?) Spergola, la cui DOC di riferimento è Colli di Scandiano e di Canossa: essa è peraltro riconosciuta per innumerevoli versioni di diverso colore, uvaggio, ecc. che nel loro complesso contano più di 40.000 quintali di uva prodotta per circa 3.750.000 bottiglie (dati Federdoc 2021). L’importanza della Spergola è stata adeguatamente riconosciuta nelle più recenti variazioni del disciplinare: la tipologia varietale ne prescrive l’uso in purezza, mentre il Bianco ne richiede almeno l’85% in uvaggio. Attualmente, nella provincia di Reggio Emilia, se ne coltivano circa 200 ettari.
Il vitigno vanta una storia pluricentenaria: la stessa Matilde di Canossa, che pare ne fosse ghiottissima, ne fece dono al Papa per ingraziarselo (non è che si sia sciupata: secondo le cronache una bottiglia soltanto…). Curiosamente è stato continuamente confuso con il Sauvignon Blanc, cui lo accomuna l’espressione tramite profumi floreali ed erbacei (ma della mitica pipì di gatto qui non c’è traccia), ma da cui peraltro è quanto mai diverso dal punto di vista ampelografico. Finalmente nel 2004 studi dell’Università di Bologna hanno dimostrato una volta per tutte la diversità delle due varietà. Altrettanto stranamente, l’ovvio etimo è smentito dalla struttura del grappolo, abbastanza compatto in entrambi i biotipi censiti.
Mi viene proposta anche l’annata 2017 con la stessa sboccatura: l’esito olfattivo è più reticente, ma più fragrante per quanto si riesce a percepire: probabile segno che trattasi di vino importante, cui la permanenza in vetro post-degorgément consente di esprimersi meglio; la bocca peraltro è più polposa, matura e saporita, e la Spergola esce a pieni voti dal test di un millesimo torrido. Per 19 € a bottiglia, un Metodo Classico che ha passato oltre un lustro sur lie assolutamente gradevole, non un prodigio di profondità e articolazione ma ben cesellato, succoso, né troppo sottile né troppo “carico”, e di persistenza superiore alla media.
A parte la contabilità spicciola dei singoli assaggi di vini ben fatti, e proposti a prezzi commoventi, se devo ricavare un’impressione generale su Casali Viticoltori, devo dire che è stata un’esperienza che sono felice di aver compiuto. Sono contento di aver approfondito la conoscenza di un vitigno che non conoscevo a sufficienza, e che può essere la fonte di calici di somma piacevolezza (e ci vogliamo dimenticare del Malbo Gentile? E dei Lambruschi?!).
E inoltre, ho avuto occasione di ricordare, e di ricordarmi, che per alimentare la nostra passione enoica ci sarà sempre da scoprire molto più di nuovo di quanto arriveremo mai a conoscere veramente. Che non dobbiamo crogiolarci nell’errata convinzione di essere dei cosiddetti esperti, ma mantenere mente aperta a nuove tentazioni. Questo pensavo, mentre osservavo le iridescenze delle bollicine nel mio calice di Spergola. A questo, e a tutte le scoperte che mi hanno reso quello che sono, e a quelle di là da venire.
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