L’orizzonte dei vigneti guarda a oriente, talvolta piegando a nord, talvolta a sud. Assieme alle altitudini configura una enclave fresca e appartata, quando è il caso interessata dai venti di tramontana. E se la selettività microclimatica è andata progressivamente stemperandosi nel corso degli anni, a fronte di stagioni sempre più calde, ciò non impedisce a questi luoghi di agevolare vini dal profilo nervoso e contrastato, fatti per durare nel tempo, con la decisa complicità della pietraforte, base costitutiva di suoli altamente calcarei che fanno tanto Panzano.
Il Chianti Classico 2020 ne rappresenta plasticamente la cifra, in un contesto brillantemente governato dall’acidità. E’ vivo, succoso, croccante, impettito, di compassata finezza, segnato da una misura espressiva che è puro fascino.
Il Chianti Classico Gran Selezione Campo ai Peri Aluigi 2019 invece ha assunto l’andatura del maratoneta: vibrante e austero, integro e profondo, la sua bocca è una compressione di sale che chiede solo tempo per illuminarsi di armonie più sottili.
Nell’attesa, puoi rifarti con il Rosato 2022, dove il registro provenzale apre all’incanto di un passo delicato e leggero, di infiltrante salinità.
Ah, dimenticavo di sottolineare che se la destinazione enologica dei vari appezzamenti è ormai ben definita (Campo ai Peri per Aluigi, Sottobosco per Petresco…), nuove appendici vitate si sono recentemente aggiunte alla schiera: una in zona Conca d’Oro, a Panzano, l’altra nei pressi Montefìli. Non c’è che attenderne gli sviluppi.
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