Azienda Matteo Correggia: il futuro è già qui

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La frase ricorrente che sento  in giro e che continua a tormentarmi spesso e volentieri è sempre la stessa: “non ci sarà più il vino di Matteo“. E devo trattenermi a stento. No, lo so benissimo, non ci sarà più quel vino. Ma dopo otto anni dalla sua drammatica fine non sarebbe stato comunque lo stesso. Lui era uno sperimentatore, con lo sguardo sempre teso in avanti, a “cavallo” (gli piacevano tanto!!) tra il suo territorio, il Roero, ed il resto del mondo.

Quel tragico epilogo è stato l’inizio o, se volete, una continuazione dinamica e moderna dei suoi sogni e dei suoi ideali. La moglie Ornella, distrutta nell’animo, ma solo sfiorata dal disorientamento, ha preso in mano le redini della famosa azienda, intorno a cui neri avvoltoi si compiacevano di volteggiare, si è circondata di un “team” di primissimo ordine ed ha condotto con determinazione e volontà ferrea l’opera di trasformazione. Ha sempre avuto bene in testa il vino che voleva e che era sicura di poter ottenere. Ha saputo trasmettere la sua sensibilità ai collaboratori imprimendogli la stessa passione che la sospingeva. Anche se lei dice che non è ancora quello che vuole, il Roche d’Ampsej 2005 sbalordisce per eleganza, raffinatezza, potenza e delicatezza.

No, non è più il vino di Matteo, ma la sua ovvia evoluzione. Il grande vignaiolo piemontese ne sarebbe fiero. E’ un nuovo vino, che unisce l’eccezionale sapienza contadina di Matteo con la squisita sensibilità di Ornella. Come dice un caro amico giornalista: “un vero roero, insomma!”. Del tutto liberatosi dalle ataviche sudditanze psicologiche e gustative dei più celebrati vini di Langa ne esce solido, sicuro e meraviglioso. “Ed è solo l’inizio”, dice Ornella, “tra poco arriverà Giovanni, nostro figlio, che sta preparandosi a condividere con me e con la sorella Brigitta il testimone lasciato dal suo grande papà”.

Voi sapete che io sono un astrofisico ed ho quindi dei fili diretti e speciali con lo Spazio. Ho il piacere perciò di pubblicare in anteprima una lettera che mi è giunta da qualche centinaio di milioni di chilometri di distanza. Mi è stato espressamente richiesto di consegnarla agli amanti del grande vino. Ed io lo faccio volentieri, non avendo bisogno di dire altro. I vini e le emozioni parlano da soli!

Lettera aperta a tutti gli amanti del grande vino

Cari amici,

scusate se non mi faccio sentire più frequentemente, ma sono un piccolo asteroide e da una distanza di centinaia di milioni di chilometri non si ha una visione molto chiara di quello che capita in quel bellissimo pianeta azzurro laggiù vicino al Sole. Sono otto anni che l’ho lasciato e solo nei momenti di massimo avvicinamento riesco a saperne un po’ di più. Vedo comunque con piacere che il consumo del vino continua ad andare a gonfie vele, tra alti e bassi, e che sempre più persone giovani si accostano al meraviglioso nettare di Bacco. Molto bene. Come sapete, fare il vino era il mio lavoro e devo dire, in tutta sincerità, che ero riuscito ad ottenere un gran bel risultato. Forse perché non lo facevo solo per me, ma anche e soprattutto per il territorio che avevo calpestato fin da bambino e, scusate se lo dico, anche per dimostrare a quei  cari e famosi fratelli di Langa che anche il Roero poteva arrivare all’altezza dei loro vini. Fui considerato una specie di pioniere e di trascinatore, un punto di riferimento. Questo ovviamente aveva sollevato un po’ d’invidia, di gelosia, qualche sguardo “storto”. Pochi capivano che io ero invece ancora pieno di dubbi e di paure e che cercavo di nascondere questa insicurezza, insieme alla mia timidezza, dietro un carattere apparentemente scorbutico e sicuro di sé. Quando ho dovuto andarmene in quell’assurdo modo ero diventato famoso, lo ammetto, ed i consumatori facevano a gara per accaparrarsi la Barbera Marun, il Nebbiolo Val dei Preti ed il mio gioiello più caro, ma ancora in piena fase di studio: il Roero Ròche d’Ampsej. Tutti lo osannavano, ma forse chi non ne era ancora convinto ero proprio io. Dovevo migliorarlo, farne un vino diverso dai fratelli di Langa, un vino tutto mio, nostro, del Roero. Ho lasciato il lavoro a metà, senza sapere come sarebbe andata a finire, ma con una speranza nel cuore.

Per un po’ la traiettoria che percorro intorno al Sole non mi ha concesso di vedere cosa succedeva in quella lontana terra violentata dal Tanaro parecchie decine di migliaia di anni fa. Ogni tanto mi incontravo con il mio vicino di casa, il numero 8075 che aveva ricevuto proprio il nome di Roero, e ne discutevamo a lungo. Poco alla volta cominciammo a farci un’idea chiara di cosa avremmo voluto e dovuto fare, ma erano solo teorie non realizzabili nel vuoto dello spazio. Poi, avvicinandomi, cominciai a veder cosa stava capitando. Quante frasi fatte, quante ripetitive litanie, quante monotone filastrocche: “era il più grande.” “Non ci sarà più il vino di Matteo.” “Manca il personaggio di carisma.” “Basta! Smettiamo di parlarne e voltiamo pagina.”

Ma cosa dicevano, accidenti! Sapete sono stato sempre un po’ nervoso e facevo fatica a trattenermi. Ma ero soprattutto arrabbiato, insieme a 8075, con coloro che mi consideravano un mito, un uomo arrivato ed il mio vino una specie di icona da adorare e ricordare con triste rassegnazione. Avrei quasi voluto far cadere uno sciame di meteoriti sul quell’ipocrisia, ma il grande Giove mi trattenne con uno sguardo molto severo. Poi però capii che qualcosa si stava muovendo in mezzo a quella vischiosa banalità e non ne fui per niente meravigliato. Ornella, la mia Ornella, dopo un breve periodo di ovvio sbandamento, si era tirata su le maniche, e con che grinta! Pensare che una volta non assaggiava un vino nemmeno quando la spronavo in tutti i modi. No, no, adesso degustava, confrontava, criticava, ammirava, pensava e decideva. Aveva sistemato l’azienda nel modo migliore. Sicuramente non poteva più permettersi un “fenomeno” come me (permettetemi almeno da quassù di essere un po’ superbo ed orgoglioso …).

Eh si! Il mio “naso” era veramente un dono di natura. E mia moglie aveva fatto la cosa più ovvia e geniale: aveva creato un “team” di primordine, che seguiva la vigna, la cantina, la vendita, la promozione con attenzione, passione e dedizione. Aveva capito perfettamente cosa rappresentava la “mia” collina. Arrossisco un po’, tanto quassù nessuno mi vede, ma forse stava facendo le cose molto meglio di me … Mentre quasi tutti continuavano a rimpiangere il vino che non c’era più, lei lo portava avanti, lo trasformava, lo accarezzava, lo ingentiliva, lo avvicinava a quel sogno che in fondo era stato il mio. Ma si, cari amici, chi vi dice che il mio “Roero” non sarebbe diventato proprio così dopo otto anni? Chi meglio di mia moglie poteva capire le mie aspirazioni, i miei dubbi e le mie speranze?

“Non c’è più il vino di Matteo!” sentivo dire. Ma è ovvio, nemmeno io l’avrei più fatto uguale a quel grande, ultimo 2000. Lo avrei sicuramente migliorato, cambiato, portato verso un’identità spiccata, personale, completamente nuova. Avrei analizzato ancora più a fondo quel terreno vicino alle magiche “Rocche”, dove le radici della vigna stavano scoprendo la loro futura casa con timore e perseveranza. E, tornando per un attimo ad essere umile come sono sempre stato nella mia esperienza terrena, forse non sarei mai arrivato a questi livelli. Facevo troppe cose da solo e non avevo nemmeno tempo per soffermarmi su certe sfumature da correggere, su quell’eleganza che una donna sa probabilmente “sentire” meglio di un uomo. Mamma mia, che vino sta uscendo oggi dalla mia, anzi dalla nostra azienda! Sicuramente sempre più vicino ai quello che avrei voluto realizzare. E’ questo il vero vino di Matteo, anzi di Ornella e Matteo, il vino che desideravo e che adesso vedo formarsi anno dopo anno.

Ornella dice che non è ancora perfetto. Se lo dice lei, ci credo (a me però piace già così…) e sono convinto che riuscirà ad ottenere ciò che vuole in fretta, molto in fretta (ah … queste acque chete!). E poi non è sola, ha un gruppo affiatato che lavora con passione, che non si siede sugli allori. Ma non basta. Vedo anche l’asso di cuori, la carta vincente che sta ancora nascosta in attesa di essere calata al momento giusto: Giovanni. Accidenti, com’è cambiato! E pensare che io avevo paura fosse troppo introverso, timoroso, timido. Che stupido! Non capivo che mi assomigliava come una goccia d’acqua, che covava dentro di sé la stessa volontà e determinazione. Ed eccolo lì adesso che parla e decide con idee sempre più chiare e precise. Ha fatto le sue scelte senza titubanze e sa perfettamente ciò che vuole. Non ho il minimo dubbio che quando entrerà alla grande in quest’azienda che già adesso mi sorprende, aggiungerà qualcosa di veramente speciale.

Forse solo allora Ornella compirà il suo capolavoro ed insieme presenteranno il grande “Roero”, quello del futuro. E sono sicuro che anche Brigitta darà il suo contributo, diverso, ma ugualmente fondamentale. Sapeste come sono orgoglioso quando i miei compagni di viaggio la guardano e l’ammirano, confrontandola con le stelle, che tutti noi, vi assicuro, conosciamo molto bene. Vi devo lasciare, ho solo il tempo di fare ancora poche chiacchiere con il mio amico 8075 che è finalmente contento, pieno di speranze e con molte certezze in più. Finalmente è convinto che si ricorderanno di lui. “Vedrai che anche gli altri capiranno e seguiranno Ornella. Glielo farà vedere lei e Giovanni a quelli che dubitavano e dubitano ancora oggi di me” Mi dice a voce alta. Io sorrido, mi schernisco come una volta, e mi faccio scappare una lacrima che, trasformandosi in un piccolo acquazzone, va a cadere proprio sopra le Roche d’Ampsej. Qualcuno, pochi, volgeranno gli occhi verso di me anche senza potermi vedere. Capiranno, solleveranno un bicchiere e faranno un brindisi. Accidenti, devo proprio andare, la legge di gravitazione universale di Newton mi costringe ad allontanarmi. E con quella non si scherza! Ci sentiremo tra qualche anno, quando il “nostro” vino sarà diventato ancora più buono: adesso ne sono convinto anch’io.

Il Vostro
13917 Matteo Correggia

Azienda Agricola Matteo Correggia di Ornella Costa
Case Sparse Garbinetto, 123
Canale d’Alba (CN)
Tel. 0173.978009, Fax. 0173.959849
cantina@matteocorreggia.com
www.matteocorreggia.com

Le immagini, tranne l’ultima, sono tratte dal sito aziendale

Vincenzo Zappalà

10 COMMENTS

  1. Complimenti Enzo!
    Ancora una volta hai colto nel segno…sentimento, ricordi, nostalgia ma soprattutto un chiaro messaggio bene augurante per il futuro!

    Luciano

  2. qualunque cosa che posso dire e’ comunque forse mai detta bene per esprimere l’emozione di questo racconto. bravo Enzo e bravissima Ornella

  3. Caro 2813, complimenti per il racconto e per l’atmosfera che con esso hai saputo suscitare: mi ha fatto tornare in mente il giorno che andammo insieme a visitare l’azienda in quell’estate del 1999 (o era il 2000?), la prima volta forse che mi è stato offerto del vino in un bicchiere da degustazione …. Ciao, spero a presto, Silvano.

  4. Mi unisco al coro dei complimenti ” strameritati “, un bel racconto, una bella poesia…!
    Matteo ( che non ho mai conosciuto di persona , ma la cui vicenda ho seguito da vicino ) ha gettato le basi dell’opera, e la moglie Ornella insieme ai suoi figli la completeranno come si deve…ne sono certo.
    In memoria di Matteo, questo è ciò che Lui avrebbe voluto.
    Ciao Roberto Gatti

  5. Ciao Vincenzo,

    leggere la tua bella lettera mi ha commosso ed emozionato. Non ho avuto modo di conoscere Matteo di persona, ma avendo a Maggio 2001 appena cominciato a lavorare per il suo distributore estero, ho vissuto in prima persona quel giorno drammatico.
    Ornella ha dimostrato tutto il suo coraggio nell’affrontare un dolore immenso in modo ammirevole, pensando soprattutto a Brigitta e Giovanni, e a portare avanti un sogno di Matteo che ora è una solida realtà.
    Un grande e affettuoso abbraccio a tutto lo staff che aiuta Ornella a gestire l’azienda, da Sara a Luca a tutti quei ragazzi dei quali sono sicuro Matteo sarebbe orgoglioso.

  6. sono certa che questa sarebbe la “poesia” più bella che Matteo avrebbe cantato alla sua famiglia e al suo vino!!! Grazie

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