La riviera romagnola rappresenta, nel profondo dei miei ricordi, la più classica delle mete turistiche; veniva il giorno in cui si caricava di bagagli l’auto e si partiva per la tradizionale villeggiatura fra i bagni di Rimini e Riccione, Cattolica o Cesenatico.
In Romagna è molto facile sviluppare e conservare amicizie, perché la gente è cordiale ed ospitale, abituata da sempre a trattare con turisti e viandanti. Oggi mi onoro di avere degli amici che, seppure conosciuti in tutt’altro luogo e da pochi anni, sono persone amabili che rappresentano al meglio lo spirito dei romagnoli, il loro sorriso e la loro simpatia.
Questa piccola introduzione era un doveroso omaggio a chi, ospitandomi per una piccola vacanza vicino Cesena, ha avuto anche il grande merito di regalarmi una serata in un luogo davvero speciale, fatto di storia e tradizione, di botti e cantine, di pavoni e auto d’epoca, di passione e competenza.
Un cammino in cui ogni passo viene fatto con attenzione e cura dei particolari, come l’impegno rivolto all’eco-compatibilità e al rispetto dell’ambiente, o il riguardo posto a dettagli come le etichette, di cui si scelgono accuratamente i materiali di stampa e per le quali vengono coinvolti artisti di prestigio e verve creativa come Dario Fo, Tonino Guerra o lo stesso Jacopo Pezzi.
Insomma una costante ricerca della qualità in ogni aspetto dell’intero progetto.
La villa appartenne in seguito ai Conti Lovatelli, da cui il bisnonno Costantino Pezzi ne acquisì la proprietà; l’attività vitivinicola fu poi avviata da Mario nel 1950.
Ma è tra le vetrine dell’enoteca privata, un vero e proprio del Museo del Vino, che Gabriella, magnifica “affabulatrice”, mi ha raccontato la storia del Barbarossa, il vitigno che papà Mario scoprì quasi per caso nel 1955 in una vecchia vigna di Sangiovese, praticamente in disuso. Questo vitigno cresce solo nella Fattoria Paradiso, non si trova in nessuna altra parte del mondo e porta il nome dell’imperatore Federico, che soggiornò a lungo nella storica rocca di Bertinoro.
Si tratta di un prodotto molto interessante, che non rappresenta il vertice della produzione aziendale, ma che ritengo di particolare pregio, sia per la coerenza gusto-olfattiva del suo complesso aromatico, tutt’altro che banale, sia per l’equilibrio e l’armonia di tutte le componenti, che si susseguono nelle percezioni lasciando una sensazione di avvolgenza e personalità eccellenti. Di pari valore è il peculiare inquadramento sensoriale, trasversale, fra il vino di grande struttura e tannicità e quello più fresco e dinamico; da non sottovalutare, infine, anche il rapporto qualità/prezzo. Eccone le note di degustazione.
Fattoria Paradiso – Barbarossa Il Dosso IGT 2004
L’approccio olfattivo colpisce per eleganza e complessità, lasciando percepire solo in un secondo momento una spinta dinamica, figlia di un apprezzabile sostegno acido, che regala freschezza a supporto di fragranze intense. La frutta a bacca rossa si percepisce subito: amarena, ribes, lamponi e ciliegia; ossigenando si libera un bouquet floreale gradevole e pulito, di rosa, iris e viola. Infine, lenta, progressiva e lunga, ecco la speziatura, cannella e pepe, vaniglia e cacao, in una trama fine e composita.
Il vino entra in bocca con decisione, ma non aggredisce il palato, rivelando in avvio una rassicurante e promettente fedeltà alle impressioni aromatiche; l’attacco è tannico e vigoroso, ma non prepotente, grazie al nerbo acido ed al calore alcolico. Nella struttura di fondo, virile e fruttata, compaiono la prugna, più buccia che polpa, e la marasca, mentre un’avvolgente morbidezza lega tutte le componenti in un abbraccio al palato. La deglutizione restituisce la tessitura speziata, dove si distinguono liquirizia, tabacco dolce, un alveo di cuoio e cioccolato; ampio il respiro che riporta ogni essenza per via retronasale, allungando la persistenza in modo considerevole.
Un vino appagante, in cui si apprezza l’affinamento in barrique ben gestito, dove si distinguono le fragranze donate dalle piccole botti di Allier, ma non si sente il legno; si avvertono solidità e struttura, ma nessuna violenza viene perpetrata a naso o palato. Davvero buono.
E´bello sapere che come me, qualcuno cerca ancora vitigni autoctoni, il Barbarossa poi e´uno dei piu´interessanti in assoluto nel territorio italiano. Il Dosso e´stato il primo Barbarossa che ho assaggiato ed e´proprio il suo rapporto qualita´-prezzo, la sua piacevolezza che lo rende unico.
Comunque, quello che mi manca sulle pagine online e´qualcosa che parli di Lino Maga e del suo Barbacarlo, visto che si parla di autoctono. Chiunque assaggi i vini di Lino Maga (ne produce solo 2) rimane impressionato dall´espressione territoriale che questi trasmettono.
I suoi vini non accettano compromessi: o li ami o li odi, proprio come il Pinot Nero!
Del Barbacarlo si parlerà tra non molto… già ci sono due bottiglie in attesa.
Che meraviglia! Ne ho una scorta notevole in cantina, non riesco a farne a meno. E´per me il vino “ideale”, il vino che ti comunica qualcosa, il vino che non ha simili!
Buongiorno sono Ferrari mi è stato regalato da un notaio di Milano un libro del 1912 nel quale si parla di un vitigno autoctono Toscano il Barbarossa qualcuno mi può aiutare .Saluti e Salute da Giorgio Ferrari.